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Vini Rosa: l’Italia con Rosautoctono punta a nuove quote di mercato

In Italia i vini in rosa sono ancora poco diffusi, rappresentano solo il 6% del mercato. Ma l’obiettivo è l’estero dove si consumano ogni anno 24 milioni di ettolitri di Rosati e la Francia detta legge.
Intanto quelli italiani iniziamo a chiamarli rosa e non rosé.

Vini Rosa: l’Italia con Rosautoctono punta a nuove quote di mercato

Il vino rosa italiano parte alla riscossa e vuole conquistare la collocazione che gli compete, per storia e qualità, nel panorama enologico italiano senza più soggezioni rispetto ai vini bianchi o rossi che siano. Per questo motivo i sei distretti produttivi più significativi del Nord, Centro e Sud Italia hanno deciso di fare rete per promuovere unitariamente i vini ‘in rosa’ dando vita a Rosautoctono, Istituto del Vino Rosa Autoctono Italiano, una compagine che raccoglie i Consorzi di tutela delle denominazioni di origine più rappresentative del settore (Bardolino Chiaretto, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte Rosato e Bombino Nero, Salice Salentino Rosato e Cirò Rosato). Obiettivo dichiarato quello di dare una spinta decisiva, non solo dal punto di vista promozionale, ma anche economico e culturale, ai più significativi territori vocati alla produzione di questa tipologia di vino.

Le premesse ci sono tutte. In questi ultimi tempi i vini rosa italiani (attenzione da oggi è bandita la denominazione rosé e anche quella più italica di rosato, si chiama vino rosa e basta!) si sono imposti all’attenzione del grande pubblico per la loro qualità conquistando il 6 per cento del mercato italiano. Troppo poco – sottolineano i responsabili di Rosautoctono – perché ci sono spazi per espandersi ulteriormente ma serve una unità di intenti. In Francia, dove di vino se ne intendono, i rosé da tempo mantengono il 30 per cento del mercato. Ma l’obiettivo è anche quello di espandere il consumo di vino made in Italy all’estero che oggi assorbe 24 milioni di ettolitri l’anno.

Si tratta dunque di attestare una cultura del bere in versione rosa, e il primo passo è il riconoscimento istituzionale.  Ne sono ampiamente convinti Franco Cristoforetti (presidente del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino), Alessandro Luzzago (Consorzio Valtènesi), Francesco Liantonio (Consorzio di Tutela Vini DOC Castel del Monte), Valentino Di Campli (Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo), Damiano Reale (Consorzio di Tutela vini DOC Salice Salentino) e Raffaele Librandi (Consorzio Vini Cirò e Melissa) che hanno costituito, davanti ad un notaio, l’Istituto Rosautoctono alla cui testa è statao eletto Cristoforetti.

Parole di elogio per l’iniziativa sono venute da Luciano Nieto, Capo Segreteria Tecnica Ministro (Mipaaft), che ha dichiarato: “fare sistema in Italia è molto difficile e quando si decide di farlo non possiamo che fare i complimenti per lo sforzo. Auguri dunque per un proficuo lavoro al neonato Istituto, che sono certo porterà a importanti risultati”.

 “Abbiamo voluto usare la nuova definizione di vino rosa – spiega il presidente Cristoforetti – perché è quella che riassume le diverse identità dei territori del Chiaretto gardesano, del Cerasuolo abruzzese e del Rosato pugliese e calabrese, tutte fondate su vitigni autoctoni. Come esistono i vini rossi e i vini bianchi, ci teniamo a sottolineare che in Italia esistono i vini rosa, che tra l’altro nulla hanno da invidiare per tradizione e qualità ai rosé francesi, oggi dominanti sui mercati mondiali, dove si bevono 24 milioni di ettolitri di vino rosato, ma dove l’Italia deve e può raggiungere posizionamenti più importanti. Per competere a livello internazionale, tuttavia, abbiamo capito che non bastava essere portatori di una storia bimillenaria e aver raggiunto altissimi livelli qualitativi. C’è bisogno di una strategia comune, trasversale a tutto il Paese, e per questo abbiamo deciso di fondare un Istituto che rappresenta un traguardo storico, perché ha come fine prioritario quello di favorire una promozione unitaria e rafforzata, dentro e fuori dai confini nazionali, offrendo al comparto una spinta decisiva”.  

A supportare questa unione d’intenti saranno diverse azioni mirate, che spaziano dalle iniziative di comunicazione alle campagne di informazione, dalle collaborazioni con testate e guide di settore alla partecipazione a fiere e manifestazioni, dalle attività di ricerca a quella di formazione, fino alla costituzione di un Osservatorio permanente. Un obiettivo quest’ultimo, che fornirà una fotografia completa e puntuale del settore, anche grazie al supporto di Valoritalia, società leader nelle attività di controllo sui vini Docg, Doc e Igt, e Federdoc, la Confederazione Nazionale dei Consorzi volontari per la tutela delle denominazioni dei vini italiani. Il think tank sul vino rosa è dunque partito e il neo Istituto si prepara già a sbarcare a Vinitaly, a Verona, dal 7 al 10 aprile.

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