Condividi

Valute, occhi puntati su corona norvegese e peso messicano

La corona norvegese si è deprezzata nelle ultime settimane, come conseguenza del ribasso del prezzo del petrolio: probabile però un’inversione di rotta – Il Peso messicano si è indebolito nei confronti del dollaro, ma è possibile trarre vantaggio dalla sua forza relativa rispetto ad altre valute.

Valute, occhi puntati su corona norvegese e peso messicano

L’investimento in valute offre alcune delle opportunità migliori dei prossimi 12 mesi. Per un investitore long only, crediamo che i mercati del reddito fisso offrano ridotte opportunità di rialzo mentre le valutazioni azionarie non sono più così attraenti come in passato.

Continuiamo ad essere ottimisti rispetto alle prospettive della corona norvegese. Si è deprezzata nelle ultime settimane, come conseguenza del ribasso del prezzo del petrolio, ma ci aspettiamo un’inversione di rotta. Nel frattempo abbiamo approfittato della debolezza attuale per incrementare la nostra posizione. Il Peso messicano si è indebolito nei confronti del dollaro, ma abbiamo strutturato i nostri investimenti in modo tale da trarre vantaggio dalla forza relativa del peso messicano rispetto ad altre valute. Continueremo a scommettere sul peso messicano nei prossimi mesi. Siamo invece attualmente cauti su sterlina, euro, dollaro canadese, won coreano e zloty polacco. 

Ad ogni modo, una delle principali scommesse di quest’anno, che è anche stata una delle più redditizie per noi, è quella sul dollaro Usa. Crediamo che su una base temporale di 12-18 mesi, il dollaro continuerà a rafforzarsi, soprattutto nei confronti dell’euro. Detto ciò, ci sono preoccupazioni rispetto al fatto che molti investitori si stanno posizionando sulla stessa scommessa. Non rimarremmo sorpresi se il dollaro si indebolisse marginalmente nel breve termine. Di conseguenza abbiamo ridotto la nostra esposizione al dollaro US in quanto vorremmo poi incrementarla successivamente alla fase di debolezza.

In una visione di lungo termine, il dollaro Usa ha solo recentemente iniziato ad avvicinarsi al suo fair value e perciò ha ancora molto margine di crescita. Per supportare il concetto prima espresso, possiamo prendere in considerazione l’andamento dell’indice sul dollaro US trade-weighted che è corretto per l’inflazione dei Paesi con i quali gli Stati Uniti commerciano. Sulla base di questo indice, il recente rafforzamento del dollaro è da considerarsi tutto sommato modesto. Sia l’andamento del mercato delle azioni che quello delle obbligazioni offre motivazioni a favore dell’affermazione secondo la quale il dollaro potrebbe essere ancora in una fase iniziale di crescita. 

L’indice Dow Jones ha sovraperformato l’indice EuroStoxx di circa il 60% negli ultimi cinque anni. Nel corso degli ultimi tre anni, i titoli di Stato tedeschi hanno registrato rendimenti di 170 punti base inferiori rispetto obbligazioni di stato statunitensi. Fino a 3-4 mesi fa, il cambio EUR/USD si posizionava attorno alla sua media di cinque anni. Crediamo che, le ragioni per le quali il dollaro statunitense ha tardato ad apprezzarsi, anche rispetto all’andamento dell’azionario e dell’obbligazionario, siano dovute a vari eventi: il quantitative easing degli Stati Uniti, il discorso “whatever it takes” di Mario Draghi (che ha ridotto il premio al rischio degli asset in euro), e la situazione politica ed economica verificatasi all’inizio di quest’anno negli Stati Uniti (che ha portato gli investitori a mettere in discussione la ripresa degli Usa). 

Molti Paesi vedono con favore all’ ulteriore rafforzamento del dollaro Usa in quanto la valuta statunitense sembra contribuire al riequilibrio dell’economia globale. Vale la pena notare che i governi di Nuova Zelanda, Corea, Israele e Repubblica Ceca sono tutti intervenuti per deprezzare le rispettive valute quando il dollaro si era indebolito.

Commenta