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Ue vent’anni dopo: ci vorrebbe Maastricht 2

Vent’anni fa, l’1 novembre del 1993, veniva firmato il Trattato di Maastricht, il patto centrale per la nascita dell’Unione europea – Un Trattato contro l’inflazione che non prevedeva nulla contro la deflazione né tanto meno la crisi finanziaria – L’Europa, vent’anni dopo, cerca una nuova idea idea per risalire.

Ue vent’anni dopo: ci vorrebbe Maastricht 2

Vent’anni dopo, scritto da Alexandre Dumas, è il romanzo centrale del Ciclo dei moschettieri. Ed esattamente venti anni sono passati dal Trattato di Maastricht, il trattato “centrale” che ha portato l’euro ma senza prevedere le reti di sicurezza. 

Oggi, venti anni dopo, l’obiettivo di un Unione europea sempre più stretta, il terzo passaggio dopo il mercato unico e la moneta comune, sembra lasciare indifferenti, se non palesemente ostili, la maggioranza dei cittadini europei, stanchi dalla crisi del debito e del pesante seguito di politiche di austerità e attratti dalle sirene populiste.


Maastricht è entrato in vigore il 1° novembre 1993, impegnando gli stati membri ad un ambizioso programma di cooperazione politica ed economica, il tutto coordinato a Bruxelles, una decisione che in ultima analisi ha portato alla moneta unica, lanciata nel 1999.


Questo “grande balzo in avanti” – per dirla con Mao – per l’unione monetaria era un passo di un portata completamente diversa da qualsiasi altro piano deciso precedentemente, ma gli analisti ricordano che era incompleto, senza quegli elementi necessari per garantire che le regole fossero davvero seguite da tutti. 


Maastricht in particolare impostò limiti per il deficit di bilancio – il disavanzo tra la spesa pubblica e le entrate – al tre per cento del prodotto interno lordo, e al 60 per cento per il debito totale.


Ma sfortunatamente, le regole sul Patto di stabilità vennero forzate proprio dalla Francia di Jacques Chirac (centrodestra) e la Germania di Gerhard Schroeder (centrosinistra) quando entrambi i paesi ebbero bisogno di violarle. Un brutto segnale che diede coraggio a fare altrettanto, fra l’altro, anche alla Grecia, con le conseguenze che abbiamo visto fino alla possibile disentegrazione dell’euro. 


Così, poiché la rete di protezione (già insufficiente) era stata violata senza conseguenze di subire le sanzioni dai paesi maggiori, quando la crisi finanziaria globale scoppiò alla fine del 2007, molti Stati membri avevano messo a segno debiti enormi, come l’Italia che viaggiava al 120% del Pil, e pochi anni dopo, con un debito salito a causa dei costi dei salvataggio, non meno di 25 dei 27 membri dell’Unione europea aveva trasgredito alle regole di Maastricht. Insomma un fallimento.


I leader europei ora stanno cercando di riparare i danni, con i 17 – che presto saranno 18 – paesi della zona euro che mirano a mettere in atto un quadro di sanzioni e premi con il Fiscal Pact voluto dal cancelliere Angela Merkel per assicurare che le regole questa volta siano veramente rispettate.


Guardando indietro ai negoziati di Maastricht, va ricordato che non c’era la volontà sufficiente dei governi di fare le scelte difficili che pure erano necessarie.


LA LOTTA ALL’INFLAZIONE – A Maastricht si era più interessati a combattere l’inflazione (e nessuno pensava alla deflazione che invece oggi sta entrando in campo) che ad anticipare i problemi sistemici con le banche e la finanza deregolamentata che poi sarebbe stata la miccia della crisi.


Il Trattato di Maastricht non ha preparato l’Europa per le grandi sfide per la stabilità finanziaria oggi al centro della crisi. 


I COSTI DI SALVATAGGIO BANCARIO DELLA GERMANIA- La Germania ad esempio secondo il rapporto Fmi di agosto sul paese ha speso 203 miliardi di euro per salvare le sue banche di cui 29 in capitali e 174 in garanzie, circa 12 miliardi di capitali sono stati restituiti. Ma nel 2012 si è effettuato “un nuovo trasferimento addizionale di 100 miliardi di euro alle Landesbanken (le banche pubbliche regionali) per la loro ristrutturazione”. La Germania ha saputo reggere il peso delle ristrutturazioni da sola ma altri paesi più piccoli sono crollati e hanno dovuto chiedere aiuto.


LE CRITICHE AMERICANE – Molti osservatori, soprattutto americani, avevano avvertito subito che era una follia programmare una moneta unica senza una completa unione economica, politica e bancaria. Sarebbe stato 

L’assenza di questo sostegno, essenziale per ogni moneta, portò al fatto che quando le banche in alcuni paesi dell’eurozona sono crollate, hanno minacciato di far crollare prima i debiti sovrani dei paesi collegati e poi l’intero sistema, guidando la zona euro in una profonda recessione e costringendo i governi dei paesi sotto tiro ad adottare programmi di dura austerità.

In risposta, i leader europei hanno cercato di combattere la crisi improvvisando riforme in corso d’opera (ESM, ESFS) insieme all’ FMI (oggi sempre più stanco di questa partenership europe) per mettere l’Europa di nuovo in piedi.

Insomma un Trattato dimezzato, per dirla come Calvino. Nonostante le carenze, tuttavia, Maastricht è stata ancora l’ultima volta che l’UE si è posta un obiettivo importante, di alto livello. Da allora, non vi è stato più nulla di altrettanto strutturato e ambizioso. Forse, è ora, di tornare a una Maastricht 2 per completare l’opera di unione bancaria, fiscale (eurobond) e politica.

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