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Ucraina, gli errori dell’Europa e l’autogol di Putin

Putin assomiglia oggi alla Thatcher della guerra delle Falklands ma, malgrado gli evidenti errori dell’Europa e della Nato, rischia di vincere un set sulla Crimea ma di perdere la partita per ricostruire l’immagine di grande potenza europea della Russia – Pensare di usare il gas e il petrolio come armi di pressione politica finirà solo per danneggiarlo.

Ucraina, gli errori dell’Europa e l’autogol di Putin

Il Vladimir Putin dell’annessione della Crimea sembra un po’ la Margaret Thatcher della guerra delle Falklands: stessa retorica militare, stesso rifiuto di ogni mediazione o compromesso, stesso appello al nazionalismo aspro e revanscista di un impero scomparso, con l’aggravante però che, a differenza della Thatcher, Putin non è l’aggredito, bensì l’aggressore, e questo cambia di molto la prospettiva.

Certo ora Mosca sostiene di essere da anni sotto attacco euro-americano, e afferma che gli eventi dell’euro-Maidan sono stati pilotati dall’estero. Ma la realtà è che Mosca non prova nemmeno a difendere il Presidente deposto, rifiuta il ruolo degli osservatori multilaterali e si limita a rinchiudersi in una sorta di ridotto russofono, da cui escludere ogni altra minoranza, in particolare se mussulmana. Certamente l’Unione Europea, come del resto la Nato, non hanno avuto una politica seria e responsabile verso la Russia: c’erano troppe altre priorità (specie da quando è iniziata la crisi economica) e poi era difficile mettere d’accordo i nuovi membri dell’ex-Europa orientale con i vecchi membri del centro e del sud Europa. Ma questo grave errore politico non equivale ad un attacco o ad una minaccia.

Ora cosa potrà accadere? Putin si è preso la Crimea e non credo che la ridarà mai indietro, neanche a parole. Questo è ovviamente inaccettabile per il resto del mondo, per cui la Russia si troverà domani un po’ più isolata di ieri, il che potrebbe alimentare nuovi paranoici sospetti. Allo stesso tempo, nessuno ha intenzione di fare una guerra per la Crimea, per cui la crisi potrebbe lentamente perdere forza, a condizione che non ci siano nuovi disastri. Due sarebbero particolarmente gravi: il proseguimento dello smembramento dell’Ucraina da parte della Russia, e il tentativo di intimidire Ucraina ed Unione Europea perché rinuncino ad avere rapporti più stretti. In ambedue i casi gli occidentali sarebbero obbligati a reagire e, in pratica, finirebbero per integrare più strettamente l’Ucraina (o quel che ne resterà) in Occidente, assieme alla Georgia e alla Moldova. In sostanza, invece di riportare i territori dell’ex-URSS sotto la diretta influenza di Mosca, Putin di troverebbe a dover assistere ad una nuova frammentazione di quello spazio, con in più la prospettiva, a questo punto non più irrealistica, di una presenza militare euro-americana ad Est di Poltava e di Kiev, cioè ben addentro il cuore della storia e della tradizione russa.

In altri termini, Putin avrà anche vinto un set, guadagnando la Crimea, e con essa una forte popolarità interna, come accadde alla Thatcher, ma rischia di perdere la partita che aveva ingaggiato per ricostruire l’immagine di grande potenza europea della Russia: cosa accade ad una grande potenza europea la cui influenza cede ad Ovest e si difende solo ad Est?  Non fu certo questa la politica dei grandi costruttori dell’impero russo.

Rimangono il gas e il petrolio. Negli anni della Guerra Fredda, l’allora superpotenza sovietica non batteva ciglio e si guardava bene dall’usare quelle esportazioni come arma di pressione politica. Il risultato è stato l’affermarsi progressivo della Russia come maggior fornitore dell’Europa. Il più debole Putin invece minaccia di usare esportazioni come armi di pressione politica ed economica. Potrà fare qualche danno (probabilmente non strategico: di esportatori oggi ce ne sono in abbondanza), specie dal punto di vista del prezzo, ma soprattutto danneggerà se stesso, perché non ha compratori alternativi della stessa importanza e così ben serviti da apposite infrastrutture. La Russia non sarà più un fornitore credibile. E ne soffrirà moltissimo.

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