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Turismo e Covid: così cambiano i viaggi del futuro

Secondo una riflessione di Deloitte, per rilanciare il turismo non basta “virtualizzarlo” come è stato necessario fare in questi mesi. Il rilancio verrà da itinerari iper-personalizzati e mete meno conosciute come i piccoli borghi

Turismo e Covid: così cambiano i viaggi del futuro

Ripensare il turismo ma non solo “virtualizzandolo”. E’ questa la proposta comparsa sul blog di Deloitte Italia presentando i dati rielaborati dal network e resi noti dalle associazioni di categoria, che nei giorni scorsi avevano scritto una lettera attraverso Federturismo al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedere misure a sostegno di un comparto che rappresenta la prima industria italiana e che nel 2020 ha visto dimezzarsi i visitatori rispetto al 2019, per un totale di 53 milioni di viaggiatori in meno sul nostro territorio. Come farlo ripartire dunque? Attraverso la coesistenza digitale-fisico, l’iper-personalizzazione e lo slow tourism.

Secondo un sondaggio condotto da Deloitte infatti solo il 13% degli intervistati dichiara di preferire la fruizione di servizi in modalità totalmente digitale per musei, cinema, spettacoli teatrali, mentre il 44% del campione è favorevole a un modello ibrido. C’è dunque voglia, e bisogno, di tornare alla normalità, per quanto possibile e districandosi tra restrizioni e divieti che ancora condizioneranno per mesi le nostre vite. “Le tecnologie – ha spiegato Andrea Poggi, Innovation Leader di Deloitte North South Europe – dovranno rispondere alle esigenze dell’uomo, ponendolo al centro di nuove proposte di valore. Passato questo momento di trasformazione, quando si potrà tornare al turismo come lo conoscevamo, l’aspetto tecnologico non dovrà prevaricare e sostituire quello umano, ma anzi ne sarà un necessario completamento, arricchimento e supporto, semplificando l’accesso e la fruizione di certi servizi o attrazioni turistiche”.

Ma non c’è solo la tecnologia. Un’altra strada da percorrere secondo Deloitte è quella del “turismo iper-personalizzato”. Secondo un report di Selligent infatti l’83% dei millennials è disposto a condividere i propri dati per avere un’esperienza di viaggio migliore e più personalizzata, mentre l’85% dei viaggiatori (senza distinzioni di età) ritiene che gli itinerari personalizzati siano molto più allettanti delle soluzioni standardizzate. L’aumento della richiesta per un turismo più personalizzato e meno massificato è anche una conseguenza di una consapevolezza sempre più grande, da parte dei viaggiatori, degli impatti che il turismo ha sul territorio e sulla natura. I nuovi paradigmi dettati dalla pandemia possono dunque suggerire una transizione verso un settore più verde, e quindi più sostenibile.

Alcuni esempi virtuosi, in questo senso, già ci sono. Per esempio Skyscanner, la piattaforma di prenotazione voli, ha implementato in 30 mercati le “Greener Choice Labels”, etichette che in fase di prenotazione segnalano ai viaggiatori quali sono i voli che emettono meno CO2 rispetto alla media della tratta selezionata. Inoltre, costruire una mobilità più sostenibile, anche dove esiste già un sistema rodato, è possibile, come dimostra il caso dell’isola greca di Astypalea. In un interessante esempio di partnership tra pubblico e privato, è stato creato insieme un progetto con l’obiettivo di rendere i trasporti sull’isola completamente elettrici.

“Bisognerà riattivare – prosegue Poggi – i flussi turistici, non solo quelli internazionali, le cui presenze nel 2019 avevano raggiunto quasi i 218 milioni, ma anche dei turisti italiani – 215 milioni di presenze nel 2019 – proponendo un’offerta nazionale sempre più personalizzabile ed innovativa, ma soprattutto sostenibile e accessibile. Se dunque in una prima fase ci si è occupati di rispondere a una esigenza immediata e recuperare quanto perso a causa delle chiusure, mantenendo una connessione con i turisti e i visitatori, ora è tempo di ripensare il turismo italiano in chiave di innovazione e sostenibilità agendo con un piano strutturato che faccia leva sul Next Gen EU”.

L’intervento di Deloitte si conclude con 3 proposte:

1. Primo tra tutti, bisogna puntare sul rafforzamento dei rapporti tra pubblico e privato. Tramite il potenziamento degli uffici di rappresentanza all’estero potrebbe essere ad esempio possibile promuovere con maggiore forza direttamente sul suolo estero il Made in Italy e raccontare l’Italia come meta turistica ricca di tesori da scoprire, usando anche soluzioni digitali e innovative.

2. Il Governo potrebbe inoltre supportare l’imprenditorialità innovativa privata tramite il rafforzamento del patrimonio culturale e territoriale, fatto non solo di opere ma anche di esperienze, usando innovazione e tecnologie come leve essenziali per renderlo più accessibile (es. rinnovamento delle strutture artistiche e culturali, utilizzo di VR per rendere l’arte immersiva) e conosciuto (es. piani di marketing territoriali con strategie innovative, come l’influencer marketing o il gaming-marketing).

3. Sarà infine fondamentale portare avanti un piano di sostenibilità e di valorizzazione di luoghi meno conosciuti, perfetti sostituti delle mete di massa, per sostenere lo Slow Tourism, le comunità e le culture locali, rendendole una leva di sviluppo per conservarle e valorizzarle. È proprio qui che entrano in gioco innovazione, sostenibilità e green per diffondere la conoscenza e per incentivare la rinascita dei borghi e dei centri storici di cui l’Italia è ricca, promuovendo ad esempio il turismo in bici che, nel solo 2019 ha generato 55 milioni di pernottamenti, il 6% della domanda turistica italiana.

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