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Trump spaventa i mercati: crollano le Borse, vola l’oro

Tempesta su tutti i mercati dopo la vittoria di Trump – La Borsa di Tokyo perde il 6% – I futures segnalano ribassi in vista del 5% e oltre per Piazza Affari e per le altre Borse europee – Crolla il dollaro, sale l’euro – Precipita il peso messicano (-13%) – Corsa all’oro – Scende il petrolio

Trump spaventa i mercati: crollano le Borse, vola l’oro

Il mondo è davvero cambiato. Alle 7.40 è arrivata la conferma ufficiale: gli Americani hanno deciso con una robusta maggioranza che sarà Donald Trump il nuovo presidente degli Stati Uniti, smentendo in maniera clamorosa i sondaggi, proprio come successe con la Brexit. Tra i grandi sconfitti figura l’establishment tradizionale: i grandi giornali, la Cnn, la stragrande maggioranza degli esperti, che si sono rivelati espressione delle élites e non della pancia dell’elettorato.

Immediata la reazione dei mercati a tutte le latitudini.

Crollano le Borse asiatiche. Tokyo è scivolata, ora dopo ora, sempre più in basso, passando dal rialzo iniziale (motivato dai primi risultati favorevoli a Hillary Clinton) al baratro finale. L’indice Nikkei ha chiuso con un ribasso superiore al 6%, trascinata in ribasso dalle aziende che in questi anni hanno investito massicciamente in Messico, tipo Nissan, Mazda e Honda.

I futures sui mercati europei e su Wall Street segnalano tempesta. I ribassi oscillano ovunque attorno al 5%. A Piazza Affari si profila un ribasso iniziale del 5,50%, davanti a Francoforte (-4,7%) e Parigi (-4,60%).

– Lo spread Btp-Bund schizza in apertura a 167 punti base.

– Immediata la frana del dollaro: l’euro è schizzato attorno a quota 1,13 (da 1,10), lo yen si avvicina a quota 101.

– Ancor più violenta la reazione sui buoni del Tesoro Usa, tradizionale porto sicuro nelle fasi di turbolenza: i prezzi sono scesi di 14 punti (-5,95%), provocando una forte crescita dei rendimenti attorno all’1,71%.

– Sale l’oro, in ascesa del 4,6% a 1334 dollari.

– Precipita invece il peso messicano, che lascia sul terreno il 13% circa. Il governo ha convocato una riunione d’emergenza con il governatore della Banca centrale Agustìn Carstens.

– In forte calo anche il petrolio: il Brent tratta a 44,40 dollari, il Wti poco sopra i 43 dollari.

Al di là delle reazioni a caldo, che seguono il copione che si era previsto in caso di imprevisto successo di Trump, l’attenzione degli operatori è già rivolta alle reazioni delle banche centrali, senz’altro tra i grandi sconfitti della stagione elettorale.

Il ribaltone elettorale investirà senz’altro la Federal Reserve. Trump non ha fatto mistero di voler sostituire Janet Yellen alla guida della Banca. La stessa Yellen, secondo indiscrezioni, si sarebbe già detta propensa a lasciare il vertice a vantaggio di Stanley Fischer, il numero due dell’istituto.

È molto difficile, a questo punto, che la Federal Reserve possa procedere a dicembre ad un rialzo dei tassi di un quarto di punto, come già scontato. Le previsioni per un rialzo sono scese sotto il 50%. La novità cambia le prospettive anche per la Bce, alle prese con un improvviso e non gradito rialzo dell’euro, che minaccia la fragile ripresa del Vecchio Continente.

Il dato politico più importante non potrà non riflettersi sui comportamenti del business Usa. Ha vinto l’ex classe media, impoverita dalla globalizzazione e spiazzata dall’irruzione dell’economia digitale, che ha tagliato posti di lavoro e allargato la forbice tra i lavoratori più specializzati e i “blue collar”. Tra i segnali più negativi prende forza la spinta al protezionismo di cui il Messico sarà la prima ma non l’unica vittima.

Dopo la rivoluzione del voto, i dati finanziari di ieri hanno il sapore della preistoria. Wall Street aveva chiuso i battenti ieri con un discreto rialzo: Dow Jones +0,4%, Nasdaq +0,53%. 

Non meno sorprese le Borse europee. Ieri, dopo un avvio incerto, i listini avevano preso la via del rialzo, quando nel tardo pomeriggio avevano cominciato a uscire le proiezioni sugli Stati più incerti basate sugli “early voters” (negli Usa si può votare in anticipo), confermando il vantaggio della Clinton: un clamoroso errore di giudizio che oggi sarà corretto al ribasso.

Milano ha chiuso a 16.817 punti, in rialzo dello 0,48%. Segno più anche per Parigi (+0,31%), Francoforte (+0,16%), Londra (+0,54%) e Madrid (+0,18%).

Intanto, la Corte suprema britannica ha annunciato che esaminerà tra il 5 e l’8 dicembre prossimi l’appello del governo contro la decisione della settimana scorsa, presa dall’Alta Corte di Londra, di richiedere il voto del Parlamento prima di uscire dall’Unione europea. La Scozia interverrà nel ricorso legale presentato dal governo britannico.

È salito ancora di mezzo punto il debito Target 2 dell’Italia dai 353,940 miliardi di settembre ai 355,459 di ottobre. Un aumento di appena un miliardo e mezzo, quanto basta però per registrare un nuovo massimo storico delle passività del Paese sul sistema di pagamento dell’Eurosistema. Alla base del trend si collocano sia fattori di sistema – come l’avanzamento del Qe o la discesa dei rendimenti che spinge gli investitori fuori dagli asset italiani – sia specifici, legati alle difficoltà del settore bancario ed all’aumento dell’incertezza politica per il referendum costituzionale.

Le nuove stime della Commissione europea sull’Italia, che saranno pubblicate stamane, non mostreranno “scostamenti significativi” rispetto alle previsioni del governo italiano. Lo ha detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan incontrando i cronisti al termine dell’Ecofin a Bruxelles.

Si è indebolito il mercato del debito nel finale della seduta: il Btp 10 è stato scambiato a 1,647%, spread a 150 punti base.

All’asta di venerdì 11 novembre il ministero dell’Economia metterà a disposizione degli investitori un totale tra 5,25 e 7,25 miliardi in titoli a medio-lungo. Saranno offerti tra 2,25 e 2,75 miliardi del Btp a tre anni, tra 1,75 e 2,25 miliardi di sette anni e tra 750 milioni e 1,5 miliardi del Btp 1 marzo 2047. In offerta anche la ventesima tranche del titolo 1 settembre 2040, durata residua 24 anni, per 500/750 milioni.

Fra i titoli di Piazza Affari ieri si è messa di nuovo in evidenza Monte Paschi (+3,8%): prende corpo la notizia per cui il Qatar Investment Authority sarebbe intenzionata a investire fra 1 e 1,5 miliardi di euro nella banca senese, diventando l’anchor investor. QIA potrebbe fare il suo ingresso nel libro soci con un aumento di capitale riservato da almeno un miliardo di euro, ma potrebbe arrivare fino a 1,5 miliardi. L’arrivo di un nuovo investitore di peso potrebbe spianare la strada all’aumento di capitale da cinque miliardi di euro che vedrà impegnata la banca a cavallo della fine d’anno.

Fra le banche, Unicredit è scesa dello 0,6%, Intesa +0,7%. Netto ribasso di Banco Popolare (-2,6%), che ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con una perdita netta di 712 milioni di euro rispetto a un utile di 349,8 milioni lo scorso anno. Il risultato risente di rettifiche di valore nette sui crediti per 1,7 miliardi (erano 575 milioni lo scorso anno). Si tratta di una decisione coerente con la politica di aumentare il livello medio di copertura dei crediti deteriorati e che ha portato all’aumento di capitale da 1 miliardo che la Bce aveva chiesto per dare il via libera alla fusione con Bpm.

Positive le assicurazioni e in particolare Generali (+1,5%). Banca Generali +3,5%. Nel risparmio gestito è stata la giornata di Azimut (+7,3%): la società ha ricevuto da Banca d’Italia la cancellazione dall’albo delle sim e di conseguenza distribuirà 1 euro per azione di dividendo residuo con stacco cedola il 21 novembre e pagamento il 23. 

Fra le blue chip milanesi spicca il rialzo di Brembo (+2,8%), dopo i dati di forte crescita della redditività annunciati lunedì. 

Ferrari è balzato in avanti di circa un punto facendo segnare a 49,99 euro il nuovo record storico. Banca Akros e Banca IMI hanno premiato i risultati alzando la raccomandazione a Buy, il target price è per entrambe a 60 euro. Fiat Chrysler chiude in calo dello 0,6%, Cnh Industrial +0,3%. 

Chiusura invariata per StM, Leonardo ha guadagnato l’1,2%. Positiva Telecom Italia (+1,2%). Bofa-Merrill Lynch ha inserito il titolo nella lista dei preferiti in Europa insieme a Galp (energia). Il target è confermato a 1,60 euro. Tra le motivazioni: recupero della redditività, sottovalutazione del 20% circa rispetto ai concorrenti. Goldman Sachs ha invece ribadito il Buy, ritoccando il target a 0,99 euro da 0,95 euro. La società presenterà il prossimo febbraio il nuovo piano industriale per il periodo 2017-2019.

Mondadori +5,9% dopo i buoni risultati. I ricavi netti sono cresciuti del 14,3% a 935,3 milioni. Escluse le neo-acquisite Rizzoli Libri e Banzai Media, hanno registrato una sostanziale stabilità rispetto agli 818,3 milioni dei 9 mesi del 2015 “dopo quasi quattro esercizi” di contrazione, sottolinea una nota. Dopo investimenti netti per acquisizioni pari a 135,7 milioni l’indebitamento finanziario netto al 30 settembre si è attestato a 329 milioni da -243,6 milioni a settembre 2015. 

Italgas ha ceduto il 3,4%. Lunedì al suo esordio a Piazza Affari il titolo della società nata dallo spin-off di Snam ha chiuso a 3,97 euro, in calo dello 0,70% rispetto al riferimento di 3,998 fissato da Borsa Italiana. Snam ritraccia dello 0,4% dopo il +4,2% della vigilia.

Technogym, che ha diffuso i ricavi dei nove mesi ieri dopo la chiusura della Borsa, è arretrata del 3,2%.

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