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Tlc al bivio: ricavi al minimo, investimenti al massimo

I supersconti su Giga e chiamate mettono a rischio la sostenibilità degli importanti piani di investimento nella fibra e nel 5G degli operatori. Secondo il Rapporto Asstel-Politecnico di Milano le Tlc hanno perso 1 miliardo di ricavi, scesi al livello più basso dal 2017. Gundiani: “Serve patto pubblico-privato”

Tlc al bivio: ricavi al minimo, investimenti al massimo

Lavoro, sanità, scuola, grandi opere ma anche telecomunicazioni. I soldi del Recovery Fund saranno utilissimi anche per il settore delle tlc, atteso da un 2021 particolarmente cruciale, con la necessità di grandi investimenti soprattutto per le partite del 5G e della fibra ottica. Questo però, stando a quanto emerso dal Rapporto sulla filiera delle telecomunicazioni presentato a Roma da Asstel ma elaborato dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, avverrà in un contesto in cui i ricavi sono in calo. Secondo il rapporto infatti il giro d’affari dell’intero mercato in Italia si è fermato nel 2019 a 26,8 miliardi, in calo di 1 miliardo rispetto all’anno precedente e segnando il valore più basso degli ultimi 10 anni.

Il motivo? Un contesto ipercompetitivo in cui, a fronte di aumenti dell’ordine del 50% all’anno dei volumi di traffico dati mobili e del 25% del traffico dati fisso, ha comportato la continua riduzione dei prezzi e di conseguenza dei ricavi, che dal 2009 al 2019 sono diminuiti per i player del settore del 20%. In compenso, dal 2013 sono cresciuti ininterrottamente gli investimenti sulle reti: nel 2019 gli investimenti fissi di 7,6 miliardi (oltre 300 milioni di oneri per frequenze) hanno raggiunto l’incidenza record del 25% sul fatturato totale del settore, spinti soprattutto dall’espansione del 4G e dall’avvio del 5G. Come uscire dall’impasse? “E’ necessaria collaborazione pubblico-privato”, ha commentato il presidente di Asstel Pietro Guindani.

Il tema centrale è quello della sostenibilità degli investimenti: gli 11 miliardi di Ebitda complessivo sono i più bassi dal 2007. La differenza tra Ebitda e capex per investimenti era di 9 miliardi tredici anni fa, oggi invece è di soli 3,1 miliardi. Gli stessi sindacati sono in allarme e anche loro chiedono al Governo di usare i fondi europei: “Questi mesi hanno fatto emergere chiaramente come quello della connessione sia oramai un vero e proprio diritto di cittadinanza. Un diritto che per essere esigibile da tutti ha bisogno di investimenti, tecnologici e infrastrutturali e di uno sforzo formativo straordinario che porti le competenze del capitale umano a livelli europei”, ha detto ad esempio Fabrizio Solari, Segretario Generale Slc Cgil.

“La costruzione delle infrastrutture – ha spiegato ancora Asstel – è un pre-requisito della trasformazione digitale del Paese, che deve essere accompagnato dallo sviluppo di servizi digitali “intelligenti” e da sostegno finanziario alla domanda per stimolarne l’adozione e colmare il ritardo rispetto all’Europa. Per esempio, i cittadini italiani che utilizzano servizi di e-Government sono solo il 32%, meno della metà della media europea pari al 67%, mentre le imprese che analizzano Big Data sono solo il 7%, rispetto alla media europea pari al 12%. L’obiettivo da parte nostra è senza dubbio continuare a investire nello sviluppo di educazione e cultura digitale”, ha detto Guindani.

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