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Terza età attiva: valorizziamo gli over 65

Bisogna favorire il trasferimento di competenze dagli anziani ai giovani e introdurre agevolazioni per l’impiego degli ultra 65enni nel volontariato e nelle attività produttive – Gli obiettivi sono due: valorizzare queste persone nella società e aumentare la produttività del Paese

Terza età attiva: valorizziamo gli over 65

La speranza di vita è aumentata molto nell’ultimo mezzo secolo in tutto il mondo, e questo è un dato positivo. L’ Italia è uno dei paesi dove si sono fatti i maggiori progressi. Questi si sono accompagnati con una notevole riduzione del tasso di natalità così che oggi in Italia circa il 20 % della popolazione ha un’età superiore ai 65 anni.

E si prevede che questa percentuale possa salire a circa il 30% entro i prossimi 10-15 anni. L’aumento dell’aspettativa di vita è un grande pregresso delle moderne società industriali, ma questo comporta ora dei problemi sanitari ed economici che occorre affrontare con idee chiare ed innovative per fare in modo che l’allungamento della vita sia anche un incremento di ” vita in buona salute”.

Sono anni che a livello internazionale ci si occupa del tema e molti paesi hanno sviluppato politiche atte a raggiungere questo obiettivo. L’Organizzazione mondiale della sanità ha tracciato una strategia dell’invecchiamento, indicata con il nome “active ageing” per valorizzare il ruolo degli anziani all’interno della società.

Tutte le ricerche effettuate anche in Italia, ad esempio quella della Cgil, evidenziano che uno dei problemi principali degli anziani è la perdita di ruolo nella società, la solitudine, il non sentirsi utili ed inseriti nel tessuto dei rapporti sociali. Questo, come  spiega il professor Vergani illustre gerontologo ed autore con il giornalista Giangiacomo Schiavi di un bel libro intervista intitolato “Ancora giovani per essere vecchi”, aggrava i problemi, e quindi i costi, sanitari delle persone anziane.

Per contro la valorizzazione del ruolo dell’anziano come valore e risorsa della società, favorisce anche il mantenimento in buona salute delle persone oltre ad essere un vantaggio importante per l’innalzamento della produttività dell’intero sistema economico, che deve poter valorizzare tutti i sui componenti senza lasciare ai margini una percentuale di persone che come si è detto presto potrebbe rappresentare circa il 30% dell’intera popolazione.

Con questa iniziativa, che peraltro si inserisce in un filone da tempo all’attenzione di tutte le forze politiche (l’on Binetti ha presentato una proposta di legge già esaminata in commissione, ma il tema è stato studiato sia dal prof. Treu che dall’on Tinagli per citare solo alcuni esperti della materia) si vuole stimolare il governo ad inserire, da subito, magari nella stessa legge finanziaria, alcune nuove norme per favorire l’utilizzo degli anziani sia nelle attività di volontariato, sia nei settori produttivi. Il tutto senza costi per il bilancio pubblico, o con costi ridottissimi, che peraltro potrebbero essere più che compensati dai risparmi nel settore sanitario ed, in generale, dall’aumento della produttività del sistema.

Non entriamo qui nel campo della previdenza cioè non parliamo né della riduzione nè dell’innalzamento dell’età pensionabile dato che noi ci poniamo il problema di cosa far fare al pensionato una volta che si è ritirato dal lavoro anche se l’età del ritiro si sta spostando più avanti negli anni che però, grazie al cielo, ci si arriva ( tranne categorie più logorate da lavori pesanti) in genere in buona salute e con possibilità di essere ancora utili alla società.

Né crediamo vera la contrapposizione giovani- anziani nei luoghi di lavoro nel senso che le affermazioni, che pure si sentono spesso anche da parte di autorevoli personalità, secondo le quali la permanenza degli anziani al lavoro toglierebbe posti ai giovani, non sono assolutamente confermate da studi approfonditi economici e sociali. Il problema dei giovani dipende dalla scarsa produttività del sistema che non riesce a valorizzare le persone, tanto che gli esperimenti di “staffetta generazionale” che pure si sono tentati in Italia, non hanno dato risultati interessanti.

Per cercare di avviare un positivo cambio di passo sulla possibilità di utilizzo delle esperienze degli anziani abbiamo proposto ad esempio la possibilità di favorire con apposite normative l’attività di trasferimento dei saperi alle giovani generazioni soprattutto nell’ambito delle attività artigianali, ma anche in quelle dell’industria e del terziario. Si chiedono inoltre agevolazioni per le imprese del terzo settore al fine di poter utilizzare gli anziani attraverso il volontariato. Nel complesso non si pensa ad assunzioni di queste persone ma semplicemente alla possibilità di corrispondere un modesto rimborso spese per attività che comunque dovrebbero essere part time, ovviamente esenti da tasse e contributi sociali.

Infine ci sembra importante che il Governo riveda il divieto per i pensionati di prestare consulenze al settore pubblico sotto qualsiasi forma. Sarebbe opportuno poter utilizzare l’esperienza di questi soggetti, magari non nell’amministrazione di provenienza per evitare abusi, in ruoli non operativi e con un tetto retributivo anche piuttosto basso in modo da evitare gli spiacevoli favoritismi del passato.

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