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Tassi: ancora un rialzo e poi basta? Alla Fed si dimette il falco Bullard e la Bce ora ha nuovi elementi per decidere

Il più falco della Fed se ne va, l’inflazione allenta la morsa, ci sono timori per il credito: gli indizi ci sono. Saranno sufficienti alle banche centrali per terminare a luglio la campagna di rialzi? Vediamo quali novità possono giocare a favore

Tassi: ancora un rialzo e poi basta? Alla Fed si dimette il falco Bullard e la Bce ora ha nuovi elementi per decidere

Che sia la volta buona per la fine dei rialzi dei tassi Bce? Una luce in fondo al tunnel si riesce a vedere e ci sono buone speranze che le strette monetarie programmate per la fine di luglio, sia di qua, sia di là dell’Atlantico, possano essere le ultime.

Se ne va dalla Fed il più falco dei falchi

Iniziamo dagli Usa. Ieri la Fed ha annunciato che dal 15 agosto James Bullard, presidente e amministratore delegato della Federal Reserve Bank di St. Louis, dirà addio alla sua carica per spostarsi in ambito universitario. L’annuncio arriva a circa due settimane dalla prossima riunione politica della Fed (26 luglio). Lo stesso Bullard, sebbene membro non votante della banca centrale USA, è noto per le sue posizioni aggressive circa la politica monetaria. Lo scorso maggio era stato uno di coloro che sosteneva la necessità di altri due rialzi dei tassi per il 2023, sia a luglio, sia a settembre. Un segnale potenzialmente in contrasto con quello inviato dal numero uno della Fed, Jerome Powell il quale aveva prospettato un possibile stop dei rialzi. La Fed ha alzato a maggio i tassi fino alla forchetta 5-5,25% ma li ha poi lasciati invariati a giugno.

Dopo l’ultima riunione Fed i dati Usa hanno fornito nuove informazioni

L’inflazione a giugno negli Stati Uniti è scesa al 3% su base annua, oltre le attese degli economisti che si aspettavano un dato al 3,1%, dal 4% di maggio. Il livello dell’indice Cpi (Consumer price index) ha così raggiunto negli Usa il punto più basso da marzo 2021, in forte discesa dal picco del 9,1% toccato a giugno 2022.
I membri della Fed avevano indicato a giugno un’attesa mediana di altri due rialzi di 25 punti base nel 2023, fino al livello 5-5,75%.

Ma molti economisti ritengono che la Fed potrebbe fermarsi dopo la stretta di fine mese.
I dati sull’inflazione “non dovrebbero mettere in discussione il rialzo di 25 punti base a luglio, mentre restano perplessità sulla necessità di un ulteriore rialzo a settembre” secondo Antonio Cesarano di Intermonte, mentre Edoardo Campanella di Unicredit osserva: “A giugno il processo disinflazionistico ha registrato progressi sostanziali. È improbabile che l’attenuazione delle pressioni inflazionistiche a giugno impedisca alla Fed di aumentare i tassi a luglio. La mossa è stata ampiamente indicata nelle ultime settimane. Anche se le prossime letture sull’inflazione potrebbero essere volatili in entrambe le direzioni, il dato di giugno rafforza l’opinione secondo cui è improbabile che la Fed aumenti i tassi dopo l’estate, mentre dovrebbe iniziare a tagliarli all’inizio del 2024”.

E in Europa ? L’inflazione scende anche qui. Il caso-Spagna

La domanda, come negli Stati Uniti, anche in Europa è: dopo il rialzo scontato di fine luglio da parte della Bce, ci potremo risparmiare quello di settembre ?
Anche da questa parte dell’Atlantico la morsa dell’inflazione si sta allentando in alcuni paesi. Il caso più eclatante è quello della Spagna che ha visto il suo indice dei prezzi scendere addirittura al di sotto del target della Bce del 2%, all’1,9% a giugno, dopo il +3,2% di maggio.
Non certo a questi livelli, ma con lo stesso trend si sono mossi i prezzi al consumo in Francia, per esempio, che hanno visto una crescita su anno del 5,3% su base annua, al di sotto del 6% registrato in aprile. In Italia siamo ancora più alti, ma anche in questo caso in discesa: a giugno il tendenziale annuo è stato del 6,4% su base annua da +7,6% del mese precedente.

Dai verbale della Bce spunta finalmente la parola “picco” per i tassi

Nei verbali della riunione del consiglio Bce dello scorso 14 giugno, reso noto ieri, si faceva già cenno alla possibilità che si fosse vicini a un picco per i tassi, per la prima volta dall’inizio delle strette monetarie.
“L’accento è stato posto sul merito di attenersi a un approccio dipendente dai dati, riunione per riunione, in un ambiente incerto, in particolare poiché i tassi si stavano avvicinando a un possibile livello di picco“, viene sottolineato nel verbale. In un altro passaggio, viene evidenziato che nel corso della riunione “è stato osservato che, mentre il Consiglio direttivo potrebbe aver bisogno di continuare con ulteriori misure sui tassi di interesse, dovrebbe anche essere pronto a interrompere l’aumento dei tassi se richiesto dai dati e dal giudizio“. Del resto lo stesso Consiglio fa lì riferimento ai dati di questo mese: “Entro luglio, e ancora di più entro settembre”, saranno disponibili nuove informazioni che consentiranno al Consiglio direttivo di aggiornare la propria valutazione delle prospettive di inflazione, della dinamica dell’inflazione sottostante e della forza della trasmissione monetaria” dice il verbale.

Non solo inflazione, anche credito

Ma c’è un altro tema che potrebbe frenare i falchi della Bce.
Philip Lane, capoeconomista Bce, ha ricordato in questi giorni che l’impatto della politica monetaria attraverso il credito delle banche “probabilmente si rafforzerà ulteriormente nei prossimi mesi” e che l’effetto ritardato della stretta si farà sentire in pieno sull’economia “nei prossimi due anni”. Aumenterà il costo della raccolta per gli istituti, anche a causa della fine delle Tltro, e saliranno ancora i tassi finali ai clienti. Per il credito, osserva ancora Lane, ci sono rischi ulteriori legati al deterioramento economico (che incide su domanda di prestiti e crediti deteriorati) e a un eventuale ritorno dello stress bancario sui mercati. Quindi in vista delle prossime mosse, la Bce osserverà con attenzione il prossimo sondaggio sul credito bancario. La caduta del credito, visibile anche in Italia, potrebbe obbligare anche Francoforte a fermarsi dopo il rialzo dei tassi di 25 punti base in arrivo a fine mese.

A più voci si richiama la fine dei rialzi

Tra le molte voci che in Europa iniziano a parlare dell’avvicinarsi della fine della strangolatura dei tassi, c’è quella di ieri del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che ha detto che il picco sui tassi non è lontano. A fine mese ce ne sarà un altro, mentre a settembre si dovranno valutare le nuove proiezioni macro, che stavolta saranno fatte dallo staff Bce, ha detto.
Sulla stessa linea è anche il presidente della Consob Paolo Savona che in un’intervista a La Stampa stamane ha sottolineato come il deficit del nostro paese stia salendo e come sia importante tagliare il debito senza frenare il Pil. In questo contesto, ha detto Savona, “I rialzi dei tassi della Bce devono avere un limite”.

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