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Tabacci: “Italia fuori dall’Europa? Sarebbe una follia”

INTERVISTA A BRUNO TABACCI, leader del Centro Democratico e parlamentare di +Europa – “Come si fa a pensare che l’Italia possa farcela da sola? Gli inglesi, se potessero, tornerebbero indietro su Brexit” – “Il contratto di programma è sbagliato in tanti punti e privo di copertura: il Governo lo sfideremo sui fatti”

Tabacci: “Italia fuori dall’Europa? Sarebbe una follia”

“E’ un bene che si sia preferita una soluzione politica: almeno coloro che hanno vinto le elezioni del 4 marzo saranno in condizione di assumersi delle responsabilità di fronte agli elettori”. Bruno Tabacci, rieletto il 4 marzo alla Camera con +Europa nella coalizione del Pd nel collegio di Milano centro e intervenuto ieri al Festival dell’Economia di Trento, ha commentato con FIRSTonline l’Esecutivo appena entrato in carica: “Andrà valutato per quello che farà. Mi auguro di non vedere più gli scivoloni delle ultime settimane: dalle dichiarazioni su Mps, ai famosi 250 miliardi di debito da farsi abbuonare dalla Bce, fino ad alcuni dossier industriali come quello dell’Ilva. Tutte mosse che hanno innescato una caduta di credibilità”. Ecco la sua intervista.

Le dichiarazioni delle ultime settimane, anche se poi smentite, di esponenti della Lega e dei Cinque Stelle e alcuni dei punti del contratto di governo, hanno preoccupato non poco i mercati. Il nuovo ministro dell’Economia, Tria, ha però escluso che l’Italia possa mai chiedere di uscire dall’euro. I mercati finanziari e l’Unione europea si tranquillizzeranno?

“I mercati ora sono più tranquilli, ma lo saranno solo fino alla verifica dei fatti. Questo Governo prima o poi dovrà prendere decisioni nette, non basterà più fare dichiarazioni e poi, casomai, smentirle o prendere tempo. Ci sono scadenze improrogabili e penso ad esempio alle clausole di salvaguardia dell’Iva, per scongiurarne l’aumento nel 2019. C’è chi pensa che un aumento dell’Iva non sarebbe poi così negativo, ma che posizione definitiva ha il Governo? E’ in grado di dire con certezza che cosa farà?”.

Che cosa pensa del contratto per il cosiddetto “governo del cambiamento”?

“E’ evidentemente un programma privo di coperture e secondo me anche sbagliato su alcuni punti. Penso soprattutto alla legge Fornero: si parla di smantellarla, come se fosse ancora la legge approvata nel 2012, in una situazione di totale emergenza. Da allora è stata rivisitata più volte e ci sono delle salvaguardie per alcune situazioni difficili: attualmente è una legge accettabile, è stata sanata. Del resto l’aspettativa di vita media si è allungata, non possiamo continuare a pensare che questo non comporti conseguenze”.

E su reddito di cittadinanza e flat tax, Lei come si pone? Tra le due norme, che si contraddicono tra di loro e che difficilmente saranno entrambe realizzabili, quale considera più abbordabile?

“Il reddito di cittadinanza, se interpretato come riduzione del gap tra chi ha lavoro e chi non ne ha, con la possibilità di un sostentamento ma soprattutto puntando alla formazione per il reinserimento, può andare bene. La flat tax mi convince molto meno: al momento non farebbe altro che aumentare le disuguaglianze sociali ed economiche, e soprattutto credo che nessuna riforma fiscale, prima ancora di parlare di aliquote, possa prescindere dal tema dell’evasione. In questo Paese c’è troppa propensione, diciamo così, alla non fedeltà fiscale”.

Che considerazioni si sente di fare sulla squadra dei ministri?

“L’intervento di Mattarella è stato importante. La nomina di Moavero Milanesi come ministro degli Esteri è positiva: è già stato ministro con il governo Monti ed è una garanzia. Gli altri andranno valutati sui fatti. Il premier Giuseppe Conte? Tutto da verificare. Sarà importante che si ponga come una figura autonoma e non solo come esecutore di un programma”.

Recentemente l’ex ministro Carlo Calenda ha proposto di creare un fronte repubblicano sotto le cui bandiere raccogliere tutte le forze politiche – di sinistra, di centro e di destra moderata (quindi anche una parte di Forza Italia) – disponibile a condurre una battaglia di opposizione democratica in difesa della Costituzione, dell’indipendenza del Presidente Mattarella e della sicura permanenza dell’Italia nell’Europa e nell’euro: che cosa ne pensa? E’ una prospettiva percorribile?

“Sinceramente, penso che questa idea sarebbe stata utile in caso di ritorno alle urne immediato. Se si fosse andati ad elezioni subito in estate, avrebbe avuto senso compattarsi su alcuni temi, per far fronte al blocco populista. Ora però questa ipotesi è stata scongiurata, per cui credo che le opposizioni abbiano tutto il tempo di riorganizzarsi, facendo riflessioni serie e più ampie”.

+Europa che tipo di opposizione farà?

“Quella che è nel nostro spirito, cioè portando il tema dell’Europa al centro del dibattito, soprattutto in vista delle elezioni europee del 2019, che saranno un appuntamento cruciale”.

Anche se ufficialmente smentita, la tentazione serpeggia sempre nell’aria e non dispiace a parte dell’elettorato: ma davvero si può immaginare un’Italia fuori dall’Europa?

“Non ci sono i numeri per fare un’operazione del genere. Negli anni ’70 la popolazione mondiale era poco più di un terzo di quella attuale. Oggi siamo più di 7 miliardi e l’Italia è un Paese di 60 milioni di abitanti: davvero pensiamo di farcela da soli? Davvero le nostre aziende, soprattutto quelle del Nord, della Lombardia, del Veneto, pensano di chiudersi nel mercato domestico e di rinunciare ai mercati internazionali, che da sempre sono la loro forza attraverso l’export? La stessa Mps, prima banca fondata nel ‘400, è diventata grande proprio smerciando in tutto il continente. Guardate gli inglesi con Brexit: la maggior parte di loro, se potesse, tornerebbe indietro e preferirebbe restare all’interno di un contesto di garanzia più ampio, come quello europeo”.

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