Il blocco per i veicoli diesel Euro 5 nelle regioni della Pianura Padana, che avrebbe dovuto entrare in vigore il prossimo 1° ottobre 2025, è stato rinviato di un anno. La novità arriva con l’approvazione di un emendamento al decreto Infrastrutture, che ha ricevuto il via libera dalle Commissioni Ambiente e Trasporti della Camera.
Il rinvio, fortemente voluto soprattutto dalla Lega, porta anche un cambiamento nella gestione delle politiche ambientali, dando maggiore flessibilità alle amministrazioni regionali per affrontare la questione dell’inquinamento atmosferico.
Rinvio stop diesel Euro 5: cosa cambia?
Il rinvio del blocco alla circolazione dei veicoli diesel Euro 5 sposta la data limite dal 1° ottobre 2025 al 1° ottobre 2026. La limitazione strutturale riguarderà le autovetture e i veicoli commerciali delle categorie N1 (autovetture), N2 (veicoli commerciali leggeri) e N3 (veicoli commerciali pesanti) ad alimentazione diesel di categoria “Euro 5” e darà. Le Regioni ora avranno un anno in più per pianificare strategie alternative di riduzione delle emissioni. Inizialmente, il blocco era previsto per le aree urbane dei comuni con oltre 30.000 abitanti nelle regioni Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, con limitazioni alla circolazione dal lunedì al venerdì, dalle 8:30 alle 18:30. Ora, il nuovo emendamento prevede che la limitazione sarà applicata solo nelle città con una popolazione superiore ai 100.000 abitanti, una modifica che punta a ridurre l’impatto su piccole realtà locali.
Inoltre, la nuova legge introduce maggiore flessibilità, consentendo alle Regioni di evitare il blocco se riusciranno a implementare misure alternative per la riduzione delle emissioni inquinanti. In questo modo, potranno evitare la limitazione alla circolazione dei veicoli Euro 5, purché vengano adottate soluzioni che rispettino gli standard europei.
Lega e Salvini esultano
La Lega, principale promotore di questo emendamento, ha accolto con grande soddisfazione la decisione. Il vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha definito il rinvio una “scelta di buonsenso“, che consente alle Regioni di adottare soluzioni personalizzate per affrontare l’inquinamento senza creare disagi economici e sociali. Secondo il vicepremier, la transizione ecologica deve essere accompagnata da politiche che sostengano davvero le persone, senza imporre divieti che potrebbero risultare insostenibili per famiglie, lavoratori e imprese.
Anche Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera e primo firmatario dell’emendamento, ha espresso soddisfazione, definendo questa decisione come una vittoria contro le politiche europee che, a suo avviso, rischiavano di danneggiare gravemente le famiglie e l’economia delle regioni della Pianura Padana. “Dare un freno alle follie di Bruxelles sull’euro 5 è e sarà sempre un obiettivo della Lega”, ha dichiarato Molinari. Anche Elena Maccanti, deputata della Lega, ha commentato positivamente il rinvio, sottolineando come questo provvedimento abbia evitato una misura che, a suo dire, sarebbe stata “profondamente iniqua” e avrebbe messo in ginocchio famiglie, lavoratori e imprese, specie nelle regioni più industrializzate d’Italia.
Le critiche degli ambientalisti: “Una misura dilatoria populista”
Di tutt’altro tenore le reazioni delle associazioni ambientaliste, che hanno criticato duramente il rinvio del blocco alla circolazione dei veicoli diesel Euro 5. In una nota congiunta, Transport & Environment (T&E), Clean Cities Campaign, Cittadini per l’Aria e il Comitato Torino Respira hanno denunciato la decisione come “l’ennesima misura dilatoria populista“, accusando il governo di mettere in secondo piano la tutela della salute pubblica.
“Non è bastato lo scandalo Dieselgate, probabilmente la più grave truffa industriale mai operata, col fine di occultare le emissioni reali di una tecnologia estremamente inquinante; e non sono bastate tre condanne a carico dell’Italia, da parte della Corte di Giustizia Europea, per il sistematico superamento delle concentrazioni di inquinanti atmosferici, quali il biossido di azoto, che viene in gran parte proprio dai mezzi diesel”, si legge nella nota diffusa. Le associazioni ricordano che in Italia si registrano ogni anno oltre 50.000 morti premature per inquinamento atmosferico, con la Pianura Padana indicata come una delle aree più colpite in Europa da una crisi sanitaria di proporzioni gravi. “Il diritto di guidare mezzi vetusti e inquinanti vale più di quello alla salute?”, si domandano.
Infine, gli ambientalisti evidenziano come i costi legati all’inquinamento atmosferico in Italia, stimati tra il 2024 e il 2030, possano arrivare al 6% del Pil nazionale. “Anche questi impattano sull’economia dei cittadini”, concludono, accusando il governo di nascondere gli effetti sistemici della crisi ambientale dietro la retorica della tutela economica.
Ultimo aggiornamento 9 luglio ore 8,56