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Squinzi a Renzi: “Avanti con determinazione”. Ma sui contratti resta il dissenso con Marchionne

ASSEMBLEA CONFINDUSTRIA – Il presidente Squinzi incoraggia il Premier ad “andare avanti senza smarrire determinazione” e invita i sindacati a riformare la contrattazione ma senza mettere al centro il contratto aziendale come fa Marchionne – Silenzio del leader di Confindustria sulle derive populiste di Lega e Grillo e sugli autogol della Consulta.

Squinzi a Renzi: “Avanti con determinazione”. Ma sui contratti resta il dissenso con Marchionne

Nonostante Renzi continui con la sua politica volta a non dare troppo peso ai corpi intermedi e quindi a non partecipare alle assemblee delle associazioni, Squinzi ha riconosciuto i meriti di questo primo anno del Governo, ed ha invitato il giovane leader ad “andare avanti senza smarrire determinazione”. Nella sua ultima relazione come presidente all’assemblea della Confindustria, il prossimo anno infatti sarà già insediato il suo successore, Giorgio Squinzi ha rivendicato soprattutto il ruolo ed i meriti dell’industria (in particolare quella manifatturiera) quale motore di una reale e sostenibile ripresa della nostra economia. 

E’ stato più un intervento celebrativo in cui si sono ricordati i successi ottenuti sia sul piano fiscale con la riduzione dell’Irap, che su quello normativo dove sono state varate riforme come quella del Jobs act, attese da anni. Poche sono state le richieste dirette alla politica, a parte quella di riformare la Pubblica Amministrazione e creare un ambiente culturale più favorevole allo sviluppo delle imprese, e poche sono state le proposte concrete e le indicazioni degli obiettivi che gli industriali intendono perseguire nei prossimi mesi.

Il più importante riguarda l’invito rivolto i sindacati a riformare insieme le regole della contrattazione per legare più strettamente il salario alla produttività. Cosa che si può fare in azienda e non con il contratto nazionale, che deve mantenere un ruolo di cornice normativa entro la quale le singole imprese possono effettuare innovazioni organizzative e salariali fondamentali per consentire alle nostre produzioni di posizionarsi ai vertici della competitività internazionale. 

Ed è questo del resto il punto centrale che ha determinato l’allontanamento della Fiat dalla Confindustria e che ancora oggi, come ha sottolineato lo stesso Marchionne accompagnando il premier Renzi nella visita allo stabilimento di Melfi, sembra dividere non solo i sindacati, ma lo stesso mondo delle imprese.

Ma Squinzi non ha affrontato con forza, indicando scadenze precise, la questione. Pur affermando che è necessario non sprecare la opportunità della favorevole della congiuntura internazionale (calo dell’Euro e del petrolio, bassi tassi d’interesse) , l’invito ai sindacati è apparso più correlato alla salvaguardia del ruolo e dell’autonomia dei corpi intermedi, che alle impellenti necessità delle imprese italiane.

Non sono mancati gli accenni alla inadeguatezza dell’Europa che non ha saputo affrontare la grande crisi, e sembra priva di “anima e cuore”, cioè incapace di darsi una strategia politica a medio termine che possa ridare fiducia ai cittadini sul loro futuro all’interno della Comunità europea. 

Per l’Italia si è evitato di fare il solito elenco dei ritardi e delle inefficienze, del resto ben conosciuto da tutti, limitandosi a porre il grande tema del rinnovamento del welfare (pensioni e sanità) indicando come strada possibile quello di basarlo su un nuovo rapporto tra pubblico e privato in modo da sviluppare l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni.

Nel complesso Squinzi ha evitato di affrontare i temi più spinosi del momento. Nulla è stato detto sul ruolo della Corte Costituzionale che sembra non tener conto della condizioni di equilibrio generale del sistema, né sulla questione della riforma della scuola e sulla esigenza di inserire anche in questo campo criteri rigorosamente meritocratici. 

Trascurate sono state anche le questioni riguardanti le necessarie riforme istituzionali che sono ostacolate da forti tendenze conservatrici. Anche le giuste critiche all’Europa non sono state bilanciate da opportune prese di distanza dalle formazioni euroscettiche come la Lega o i 5 Stelle, che prospettano solo una chiusura autarchica del nostro sistema. Il presidente di Confindustria si è giustamente lamentato delle diffuse tendenze anti industriali ancora esistenti nel nostro paese. 

Ma come contrastarle, se non si combatte a viso aperto la demagogia di tanti politici e di tanti sindacalisti ? L’imminenza delle elezioni regionali ha forse consigliato prudenza. Ma come si fa ad ignorare che molti puntano ad una sconfitta del Governo proprio per impedire a Renzi di procedere con determinazione sulla strada delle riforme ed imbrigliarlo in una estenuante pratica di mediazione in Parlamento e con i rappresentanti di interessi ?

E del resto tra le cose che Squinzi ha rimproverato a Renzi spiccano norme tenacemente volute dalla sinistra e dai populisti grillini : la vaga definizione del falso in bilancio, le norme riguardanti i reati ambientali, gli scarsi progressi nella cessione al mercato delle partecipazioni pubbliche, soprattutto a livello locale. Se si vogliono veramente fare coraggiosi passi avanti nel cambiamento del nostro sistema forse anche Confindustria dovrebbe essere più chiara nell’indicare dove sono e chi sono i frenatori.

Squinzi è rimasto fedele al basso profilo caratteristico della sua presidenza che comunque qualche risultato ha ottenuto per aiutare la ripresa dell’industria. Ed alla fine gli imprenditori gli hanno tributato un lungo applauso sia per ringraziarlo dell’impegno profuso in questi anni, sia per complimentarsi per averlo visto in ottima forma dopo le tante voci che erano circolate negli ultimi mesi sul suo stato di salute.

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