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Smart working: che ne sarà dopo il Covid?

Secondo un’indagine condotta dall’Associazione dei direttori del personale (Aidp), il 68% delle imprese continuerà a utilizzare il lavoro agile anche dopo la fine della pandemia

Smart working: che ne sarà dopo il Covid?

All’inizio era un’imposizione legata alla pandemia, ma ora più di due aziende su tre vedono lo smart working come un’opportunità. Secondo un’indagine condotta dall’Aidp, l’associazione dei direttori del personale, il 68% delle imprese continuerà a utilizzare il lavoro da casa anche dopo la fine dell’emergenza Covid-19. Nel dettaglio, il 58% delle aziende continuerà con lo smart working anche nel 2021, mentre solo il 26% ha in programma d’interrompere questa esperienza fra novembre e dicembre di quest’anno.  Insomma, il giudizio è largamente positivo: quasi tre aziende su quattro (il 74%) ritengono che i vantaggi dello smart working siano superiori alle criticità e il 30% farà nuovi interventi organizzativi ispirarti ai principi del lavoro agile.

Sì, ma per quanto tempo si sta a casa, normalmente, con questa modalità di organizzazione del lavoro? È bene chiarire che telelavoro e smart working non sono sinonimi: il primo consiste nel lavorare sempre e comunque da remoto, mentre il secondo identifica una modalità di organizzazione del lavoro che prevede un’alternanza più o meno frequente fra l’attività da casa e quella in sede. Nei prossimi mesi, infatti, oltre il 70% delle aziende riserverà due o tre giorni a settimana alle attività di lavoro agile.

L’Aidp fa anche una classifica di quelli che le aziende considerano i maggiori vantaggi connessi allo smart working:

  • risparmio di tempo e costi di spostamento per i lavoratori (69%);
  • maggiore soddisfazione dei dipendenti e miglioramento della vita in termini di work-life balance (64%);
  • aumento della responsabilità individuale (46%).

Sull’altro piatto della bilancia, gli svantaggi rilavati più di frequente sono

  • la perdita delle relazioni sociali (62%);
  • la mancanza di separazione tra ambiente domestico e ambiente lavorativo (32%);
  • il rischio di un sovraccarico di lavoro (21%).

“L’emergenza epidemica ha creato le condizioni, temporanee e forzate, per una sorta di sperimentazione di massa del lavoro da casa, che è cosa diversa dal concetto di smart working, come tutti sappiamo – spiega Isabella Covili Faggioli, Presidente Aidp – La nostra indagine tra i direttori del personale ha evidenziato due trend fondamentali: il post-Covid vedrà una crescita sostenuta dello smart working come strumento strutturale dell’organizzazione del lavoro con percentuali superiori rispetto a prima; nella valutazione tra rischi e opportunità quest’ultime hanno una percezione molto elevata rispetto alle criticità che pur ci sono. Si apre, così, una nuova fase di ripensamento del futuro del lavoro in cui bisognerà ben bilanciare le opportunità con gli svantaggi e soprattutto sarà necessario uno spirito collaborativo tra le parti che eviti la polarizzazione del confronto”.

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