Condividi

Siemens e Shell lasciano la Russia, Unicredit pronta a vendere: ecco le aziende che stanno fuggendo da Mosca

Si moltiplicano gli annunci dei gruppi europei che hanno deciso di lasciare o che lasceranno la Russia – Dalla birra allo sport, dalle assicurazioni alle banche, ecco chi batte in ritirata

Siemens e Shell lasciano la Russia, Unicredit pronta a vendere: ecco le aziende che stanno fuggendo da Mosca

Dalla Hi-tech al petrolio, dalle assicurazioni alle banche, prosegue la ritirata dei colossi europei dalla Russia. Di ora in ora si moltiplicano gli annunci dei grandi gruppi che hanno deciso di cedere le loro attività o che fanno sapere di aver intenzione di lasciare Mosca il più presto possibile, nonostante le possibili ripercussioni su bilanci e titoli azionari. 

La prima in ordine di tempo ad aver annunciato la fuga dalla Russia è stata la francese Société Générale, seguita ieri dalla tedesca Siemens e dalla britannica Shell. A ruota potrebbero seguire anche Allianz, Axa, Zurich e Unicredit. Una vera e propria diaspora che il Cremlino sta cercando di arrestare a suon di minacce, promettendo sanzioni e azioni penali contro le aziende straniere che sceglieranno di andarsene.

L’addio di Siemens alla Russia

Giovedì 12 maggio, il colosso tedesco Siemens ha annunciato che abbandonerà il mercato russo a causa della guerra in Ucraina. Una scelta tutt’altro che indolore che peserà per 600 milioni sui conti del secondo trimestre. L’amministratore delegato dell’azienda, Roland Busch, ha parlato della guerra in Ucraina come di un “punto di svolta nella storia” che l’azienda ha subito condannato “chiaramente e con forza”.  “Siamo tutti colpiti dalla guerra come esseri umani. E i dati finanziari devono passare in secondo piano di fronte alla tragedia. Tuttavia, come molte altre aziende, stiamo sentendo l’impatto sul nostro business”, ha detto Busch. 

Per quanto riguarda i costi, come spiega Reuters, nel secondo trimestre Siemens ha dovuto sostenere 600 milioni di euro di svalutazioni e altri oneri, per lo più registrati nel settore della mobilità ferroviaria a seguito delle sanzioni contro la Russia. Il Ceo ha fatto sapere che la società si attende ulteriori impatti, soprattutto a causa di oneri non monetari legati alla liquidazione di soggetti giuridici, alla rivalutazione di attività finanziarie e ai costi di ristrutturazione. “Al momento prevediamo ulteriori rischi potenziali per l’utile netto nell’ordine di centinaia di milioni, anche se non siamo in grado di definire un arco temporale esatto”, ha aggiunto.

Shell vende le attività downstream a Lukoil

All’inizio di marzo, Shell aveva annunciato di volersi ritirare da tutti i progetti relativi agli idrocarburi russi. Sono passati due mesi e l’azienda ha fatto sapere di aver compiuto un primo, importante, passo in questa direzione. La società britannica ha infatti raggiunto un accordo con Lukoil, colosso petrolifero moscovita, per la cessione delle attività di vendita al dettaglio e lubrificanti in Russia, comprese le 411 stazioni retail distribuite tra il centro e il Nord-Ovest della Russia e l’impianto di miscelazione dei lubrificanti di Torzhok, a circa 200 chilometri a nord-ovest di Mosca. I dettagli finanziari dell’operazione non sono stati resi noti, ma Shell ha fatto sapere che l’operazione, previo via libera delle autorità competenti, dovrebbe essere completata entro fine anno. “In base a questo accordo, più di 350 persone attualmente impiegate da Shell Neft verranno trasferite al nuovo proprietario”, ha precisato Huibert Vigeveno, Downstream Director di Shell.

L’accordo tra Société Générale e l’oligarca Potanin

SocGen è stata la prima banca occidentale ad annunciare che avrebbe lasciato la Russia. Il colosso bancario francese ha ceduto le sue attività bancarie e assicurative in Russia a Interros Capital, un fondo di investimento fondato dall’oligarca Vladimir Potanin, uno dei pochi vicini al presidente Putin che non è stato colpito dalle sanzioni occidentali. Nel dettaglio, il gruppo francese ha ceduto l’intera partecipazione in Rosbank e la controllata assicurativa con un impatto negativo sul capitale di 20 punti base e una cancellazione dall’attivo di 2 miliardi.

I colossi assicurativi pronti a lasciare la Russia

Tra le aziende che si sono dovute confrontare con i costi derivanti dalla sospensione delle operazioni in Russia o dal loro ritiro, ci sono molti colossi del vecchio continente, distribuite in diversi settori: dai produttori di birra Anheuser-Busch InBev e Carlsberg, ad Adidas, passando per il colosso automobilistico Renault.

Il 12 maggio, Il ceo di Allianz, Giulio Terzariol, non ha lasciato dubbi su quali siano le intenzioni della compagnia: “La probabilità di una nostra uscita dal mercato russo è molto alta”, ha dichiarato nel corso della presentazione dei conti del primo trimestre. 

Affermazioni simili sono state pronunciate anche da Axa, secondo cui “le perdite nette di sottoscrizione dovute alla crisi” innescata dal conflitto in Ucraina “saranno simili a un evento di catastrofe naturale di medie dimensioni”, e da Zurich. Per quanto riguarda Generali, a inizio marzo la società del Leone ha deciso di chiudere la propria sede di rappresentanza nella capitale russa e di ritirare i propri rappresentanti dal consiglio di amministrazione di Ingosstrakh, una delle maggiori compagnie assicurative del Paese. 

Unicredit verso la vendita della sua controllata

Secondo le indiscrezioni a lasciare presto la Russia sarà Unicredit, che avrebbe intavolato negoziati preliminari per vendere la sua controllata Unicredit Bank, che detiene poco più dell’1% del mercato russo. In base a quanto scrive Bloomberg, l’istituto guidato da Andrea Orcel sarebbe stato contattato da potenziali acquirenti interessati all’operazione. Si parla di istituzioni finanziarie e società interessate a ottenere una licenza bancaria all’interno della Russia. La vendita però potrebbe essere solo una delle opzioni sul tavolo dei vertici di piazza Gae Aulenti che sarebbero intenzionati in ogni caso a valorizzare la partecipazione, forti anche dei conti in deciso rialzo registrati dalla controllata nel primo trimestre del 2022 e considerate le pesanti svalutazioni subite dalla divisione in seguito a quanto accaduto negli ultimi mesi. 

Un riferimento anche a Intesa, che nel primo trimestre ha annunciato un utile netto di 1,02 miliardi di euro (-32,5% ma superiore alle attese degli analisti) che sconta rettifiche di valore per 800 milioni di euro sulle attività in Russia e Ucraina. Nel corso della conference call con gli analisti, il Ceo Carlo Messina ha fatto sapere che “l’esposizione verso la Russia è stata ridotta di circa 200 milioni dall’inizio del conflitto senza nuovi finanziamenti o investimenti”. Messina ha poi spiegato che “l’esposizione verso la Russia è limitata a circa l’1% dei crediti verso la clientela del gruppo”, che i prestiti locali ai clienti russi sono meno dello 0,2% dei prestiti totali alla clientela e la presenza territoriale in Russia è limitata e pari a circa 25 filiali. La banca nel frattempo ha attivato un’unità di emergenza e creato due task force, con potere di indirizzo e monitoraggio, per affrontare le priorità immediate. Lo scorso marzo il manager aveva fatto sapere che “La nostra presenza in Russia è oggetto di valutazioni strategiche”.

Commenta