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Salvatore Rossi (Bankitalia): “L’Italia sta facendo i compiti a casa”

L’INTERVENTO DI SALVATORE ROSSI – Secondo il vicedirettore della Banca centrale, Monti sta riportando il Paese sulla via della crescita e la comunità internazionale apprezza l’opera del Governo – Lo spread non è tutto – Il sistema produttivo e i distretti sentono il peso della crisi e l’effetto della globalizzazione: una nuova ricerca di Bankitalia.

Salvatore Rossi (Bankitalia): “L’Italia sta facendo i compiti a casa”

“L’Italia deve fare i compiti a casa, non solo dal punto di vista finanziario, ma anche sul versante del sistema produttivo. Bisogna favorire l’efficienza, cioè la concorrenza e si stanno facendo dei passi in questa direzione. Lo sforzo in atto va compreso, soprattutto dai cittadini-consumatori, più propensi a vedere i potenziali danni di questi interventi che a coglierne i reali benefici”. Così Salvatore Rossi, vice direttore della Banca d’Italia, oggi a Bologna, per il convegno “Le trasformazioni dei sistemi produttivi locali”, promosso da via Nazionale in collaborazione con l’Alma Mater Studiorum.

Due giorni, ieri e oggi, densi di interventi e relazioni scientifiche volte a indagare soprattutto il fenomeno dei distretti, il loro presente e futuro. A Rossi il compito di tracciare un quadro più generale e le strada indicata è chiara: “Lo sforzo che il paese sta compiendo – dice – deve trovarci concordi, per riportare l’Italia sul sentiero della crescita. Molti ritengono che l’Italia sia al centro del ciclone critico che ha investito l’Europa. Questo è un male ma anche un bene, perché ci offre l’opportunità di contribuire da protagonisti alla soluzione del problema. Molta pubblicistica mette positivamente sulle spalle del presidente Monti questa responsabilità. E l’Italia sta rispondendo con misure importanti, con una manovra che è stata recepita abbastanza bene dalla comunità internazionale. Non facciamoci ingannare dai momenti in cui lo spread si alza. Questi riflettono il dubbio dei mercati sulla volontà reale dell’Europa di mantenere salde le ragioni della propria comunità”.

In questo quadro vive ed opera il sistema produttivo nazionale, fatto principalmente di imprese piccole e medie, per questo meno attrezzato a sopportare la crisi. Il modello dei distretti in questi ultimi anni sembra perdere colpi, mentre appaiono più solide le imprese che gravitano sulle grandi città, probabilmente favorite dalla vicinanza ai servizi, oggi componente indispensabile di ogni azienda. Ma c’è un altro elemento che lo stesso Rossi, con Antonio Accetturro e Anna Giunta, prende in esame nelle vesti di ricercatore ed è la “nuova globalizzazione”, cioè la frammentazione dei processi produttivi in sequenze o catene in gran parte localizzabili all’estero. Come stanno reagendo a questa trasformazione le imprese della subfornitura, tanto diffusa in Italia, o le aziende intermedie, come vengono oggi chiamate? E come stanno affrontando le fasi critiche? Una prima risposta è “peggio” delle aziende finali, con meno dipendenti, meno colletti bianchi, meno produttività ed export. Ma all’interno del variegato mondo delle intermedie ci sono luci ed ombre, chi è riuscito ad affrontare il cambiamento infatti ha saputo anche evolversi e crescere.

“In una catena globale del valore – si legge nel paper dedicato a questo tema – ci si può stare da locomotore (impresa finale, o intermedia evoluta) o da vagone di coda (impresa intermedia marginale). Le sorti del nostro sistema produttivo dipenderanno anche dalla capacità delle imprese intermedie di affrancarsi dal monopsonio di un grande committente e proporre i propri prodotti sul mercato globale dei beni intermedi; simmetricamente dall’abilità delle nostre imprese committenti di allargare alla scala globale la platea dei potenziali fornitori alla ricerca della combinazione organizzativa ottima”. L’esito non è scontato a causa “di caratteristiche strutturali del sistema italiano delle imprese: diffusa resistenza alla crescita dimensionale; governance rigida; condizionamento dei vincoli familiari sull’audacia imprenditoriale. Tuttavia ostacoli provengono anche dalle inadeguatezze delle politiche pubbliche: sistema giuridico opaco, incerto, ostile all’efficienza; relazioni industriali mal regolate e politiche di welfare distorte a favore delle generazioni anziane; tutela solo parziale della concorrenza; pubblica amministrazione pletorica, inefficiente, oppressiva, pressione fiscale troppo alta”. Sul fronte pubblico si sta lavorando per migliorare tutto questo, anche il sistema produttivo dovrà fare la sua parte.

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