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Salari: in Europa crescono più del costo del lavoro, in Italia no

La dinamica è positiva sia nell’Eurozona sia a livello di Unione europea, mentre rimane pesantemente negativa nel nostro Paese

Salari: in Europa crescono più del costo del lavoro, in Italia no

Nell’Eurozona e nell’Unione europea i salari crescono più del costo del lavoro. Le medie generali, tuttavia, nascondono al proprio interno differenze significative fra i singoli Paesi: in Italia, ad esempio, la dinamica è opposta.

Stando alle ultime comunicazioni arrivate da Eurostat, l’ente europeo di statistica, fra gennaio e marzo di quest’anno nei Paesi dell’area dell’euro le retribuzioni sono cresciute del 2,5% su base annua, in accelerazione rispetto al +2,3% registrato nell’ultimo trimestre del 2018.

Allo stesso tempo, il costo del lavoro orario è aumentato del 2,4% nel primo trimestre, dopo il più 2,3 per cento dell’ultimo trimestre del 2018, mentre gli altri costi, che includono tasse e contributi, hanno fatto segnare un +2,2%.

La dinamica è positiva anche se si guarda all’intera Unione europea (28 paesi), dove in media nei primi tre mesi dell’anno il costo del lavoro orario ha segnato un +2,6% e i salari un +2,7%.

Per quanto riguarda l’Italia, invece, fra gennaio e marzo 2019 i salari sono cresciuti soltanto dell’1,9% (dal +1,6% del periodo ottobre-dicembre 2018).

Sempre nel primo trimestre, il costo del lavoro orario ha fatto segnare un incremento del 2,6% (contro il +2,1% del quarto trimestre dell’anno scorso), mentre gli altri costi – compresi tasse e contributi – sono balzati del 4,2%.

Eurostat ha pubblicato anche i dati sul tasso di posti di lavoro vacanti, che per l’insieme dell’Unione valutaria è rimasto stabile al 2,3% nei primi tre mesi dell’anno. Il livello più elevato si registra in Repubblica Ceca (6,4%), seguita da Belgio (3,6%) e Germania (3,3%). Il più basso è quello della Grecia (0,6%).

L’istituto di statistica europea precisa che i dati relativi all’Italia in questo caso non sono paragonabili a quelli di altri Paesi, perché escludono le imprese con meno di 10 dipendenti e quote rilevanti della Pa (sanità, scuola e istruzione), che nel nostro Paese sono particolarmente rilevanti. Ad ogni modo, in Italia il “job vacancy rate” si è attestato all’1,3% nel primo trimestre, dall’1 per cento di fine 2018.

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