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Rossi: “Un grande piano di dismissioni. E ci vorrebbe un Governo di emergenza”

INTERVISTA ALL’ESPONENTE DI ITALIA FUTURA – “Il prossimo anno, fra rinnovi di titoli in scadenza e nuove emissioni, avremo bisogno di circa 400 miliardi: per evitare di ricorrere al mercato bisogna varare un grande piano di dismissioni di beni pubblici, sia dello Stato che degli enti locali, sia immobiliari che mobiliari” – Dubbi sulla patrimoniale

L’Italia è sull’orlo del baratro. La cosa peggiore per il nostro Governo sarebbe quella di superare l’inazione con una nuova serie di provvedimenti fumosi e poco credibili. Insomma, dopo i due decreti estivi che non hanno convinto nessuno, un terzo flop sarebbe deleterio per le sorti del paese.

“Da quello che si dice – afferma il prof. Nicola Rossi, eletto nel Pd, ora passato al gruppo misto ed esponente del movimento Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo – il Governo vorrebbe semplicemente anticipare la manovra della delega fiscale ed assistenziale, senza rendersi conto che quelle misure sono già incorporate nella manovra di agosto ed i 20 miliardi che dovrebbe fruttare sono già conteggiati. Per i mercati non sarebbe quindi una novità. Bisogna rendersi conto che in questi giorni il Governo è stato sfiduciato dal paese, non solo dai risparmiatori italiani e stranieri, che hanno venduto a piene mani i titoli del debito italiano, ma anche dalle associazioni imprenditoriali che hanno affermato ancora ieri che occorre una svolta vera nell’azione politica o, in mancanza, è ora che il Governo lasci il campo a chi può imprimere un vero cambio di passo”.

Si parla di tanti provvedimenti, di riforme necessarie a cambiare il volto dell’economia italiana ed a riconquistare la fiducia dei mercati. Lei da dove inizierebbe?

“La vera priorità è quella – risponde Rossi- di abbattere la necessità di ricorso al mercato per l’emissione dei titoli pubblici. Il prossimo anno, tra rinnovi di titoli in scadenza e nuove emissioni, avremo bisogno di circa 400 miliardi di euro. Per evitare di ricorrere al mercato l’unico sistema è quello di varare un grande piano di dismissioni di beni pubblici sia dello Stato che degli enti locali, sia immobiliari che mobiliari. Bisogna mettere sul mercato, con opportuni accorgimenti tecnici, le Poste, qualche rete della Rai, l’autostrada Milano-Genova e così via. Bisogna ricavare subito un paio di centinaia di miliardi che, insieme ad altri drastici risparmi delle spese correnti, potrebbero essere sufficienti ad eleminare per un po’ di tempo la necessità del Tesoro di ricorrere al mercato per piazzare i titoli del debito pubblico”.

Ma ci sono altre misure da prendere per tentare anche un po’ di rilancio dello sviluppo, senza il quale i mercati non si convinceranno comunque della capacità dell’Italia di rimborsare il proprio debito.

“Sì e si tratta di cose già note e discusse da anni. Per le pensioni, bisogna eliminare l’anzianità, allungare l’età pensionabile ed accelerare il passaggio al contributitvo per tutti. Sono cose che si sapevano già 15 anni fa. L’unica differenza è che allora era contrario Cofferati ed oggi è contrario Bossi. Poi bisogna togliere i contributi pubblici alle imprese che tanto è dimostrato che non incentivano affatto gli investimenti. Si tratta di almeno 5 miliardi che però non vanno messi nel calderone delle spese pubbliche, ma vanno usati ad esempio, per ridurre l’Irap togliendo il costo dal lavoro dal calcolo della base imponibile. Le semplificazioni sono corrette ma poi, una volta decise, occorre verificare che siano applicate veramente e che le nuove norme non siano semplicemente vanificate dalle vecchie abitudini della burocrazia”.

Ma forse potrebbe essere utile una patrimoniale o un prestito forzoso per abbattere in via definitiva il debito pubblico e dare così una spinta ai mercati che a quel punto correrebbero a comprare i titoli italiani diventati scarsi.

“Sulla patrimoniale bisogna capirsi. Quella straordinaria, di qualche centinaio di miliardi, la ritengo impossibile ed economicamente sbagliata. In ogni caso credo sia davvero ingiusto chiedere ancora qualche cosa ai cittadini, se prima non si dimostra di aver venduto veramente i beni pubblici e ridotto le spese dello Stato. Il prestito forzoso si può studiare, ma comunque è una misura che viene dopo quelle che riguardano il settore pubblico. Se si parla invece di patrimoniale ordinaria, allora ci troviamo di fronte ad un cambiamento della modalità di prelievo fiscale, cioè ad uno spostamento del peso tributario dal reddito al patrimonio, che sicuramente ha un senso ma che quindi deve andare a compensare il carico fiscale che grava troppo sui lavoratori e non certo ad alimentare ulteriormente la spesa pubblica”.

Siamo in emergenza , ma c’è la possibilità di evitare guai peggiori anche se l’inazione e gli errori del Governo negli ultime mesi hanno di fatto aggravato la crisi e reso più costosa la via di uscita.

“Certo c’è ormai evidentissimo un deficit di credibilità di questo Governo che non ha più la fiducia nè delle Cancellerie europee, nè dei mercati. Ormai in Parlamento esiste una potenziale ampia maggioranza per fare un Governo di emergenza che possa mettere al riparo l’Italia dalla bufera che sta investendo l’Europa a causa della scelta greca di fare un referendum sul piano di salvataggio messo a punto nel vertice della settimana scorsa. Soprattutto ci vuole un Governo che possa dare garanzie sul piano dell’equità nella distribuzione dei sacrifici. Bisogna chiedere qualcosa a tutti, sulla base delle loro capacità di contribuire al risanamento generale”.

Da ultimo c’è il mistero del ministro dell’Economia Tremonti, che sembra non condividere la politica del Governo di cui fa parte, senza peraltro proporre una strada diversa.

“Da quello che posso capire – conclude Nicola Rossi – Tremonti, che negli ultimi mesi ha perso molto smalto e che nel pieno di questa crisi, invece di stare al ministero a studiare i problemi, se ne va alla Festa della Zucca, insiste affinchè Berlusconi decida di uscire di scena. Insomma vuole andarsene,non da solo, ma con tutto il Governo”.

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