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Risparmio ancora nel cuore degli italiani. Prediletti bond e mattone. L’indagine di Intesa Sanpaolo e Einaudi

Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi hanno presentato la loro indagine sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani nel 2023. Corsa ai bond, la borsa resta ua scelta minoritaria. Il 48% della ricchezza resta comunque liquida

Risparmio ancora nel cuore degli italiani. Prediletti bond e mattone. L’indagine di  Intesa Sanpaolo e Einaudi

Gli italiani hanno confermato anche quest’anno la loro eccezionale propensione al risparmio, anche in un periodo in cui la gran parte di essi si trova a sperimentare per la prima volta il fenomeno dell’inflazione. Il rialzo dei rendimenti sul mercato obbligazionario ha fatto gola ai risparmiatori italiani, che si sono in parte allontanati dal risparmio gestito, mantenendo comuque i nervi saldi anche quuando i mercati hanno mostrato forti ribassi. In tutto ciò il mattone continua ad essere considerato il migliore investimento.

Sono questi alcuni dei risultati dell‘Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2023, presentato oggi da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi. La ricerca ha analizzato l’impatto dell’inflazione subita, i comportamenti dei risparmiatori e i suoi effetti su redditi, consumi, liquidità, obiettivi, scelte concrete di investimento e di indebitamento.Alla presentazione hanno preso parte Gregorio De Felice (Chief Economist della Banca), Beppe Facchetti e Giuseppe Russo (rispettivamente, presidente e direttore del Centro Einaudi) e Umberto Filotto (docente di Economia presso l’Università di Tor Vergata e presidente della FEduF).

De Felice: le banche centrali hanno avuto la meglio sull’inflazione

“Le banche centrali hanno vinto la loro battaglia nella lotta all’inflazione, hanno influenzato la componente domestica dell’inflazione, hanno evitato second round effect sulla diffusione dell’inflazione e il contenimento della domanda ha calmierato i prezzi delle materie prime energetiche” ha detto Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa San paolo nell’introdurre il rapporto. “Nel medio periodo riteniamo che ci saranno spinte dal lato demografico, dalla deglobalizzazione, dalla transizione energetica e dalla riduzione della capacità produttiva cinese che agiranno in senso moderatamente inflazionistico. Ma non ci sono più i rischi deflattivi che emergevano ultimamente”.

Le stime di Intesa per l’area euro indicano un rallentamento dell’inflazione al consumo dal 5,4% di fine 2023 al 2,3% nel dicembre del prossimo anno, seguito da una stabilizzazione intorno alla soglia del 2 per cento dall’inizio del 2025. Per quanto riguarda l’Italia, il dato è visto in calo all’1,8 per cento nel 2024, dal 5,9 per cento dell’anno in corso.


“Le famiglie italiane non hanno venduto precipitosamente le loro attività mobiliari e non si sono fatte prendere dal panico. Questo è un elemento positivo in termini di maturità finanziaria delle famiglie, pur in un quadro di bassa alfabetizzazione finanziaria”

L’incidenza dei giovani che non lavorano né studiano (i cosiddetti Neet) si colloca in Italia poco sotto il 20 per cento, 7 punti in più rispetto alla media europea; siamo ultimi nella classifica europea per tasso di attività femminile. È un peccato, sappiamo che l’Italia può e deve fare molto di più. Allineare alla media europea il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro significherebbe poter disporre di 2,4 milioni di forze di lavoro in più per il Paese; analogamente, un miglioramento nei livelli e nella qualità dell’istruzione produrrebbe effetti positivi in termini di produttività, in grado di limitare le conseguenze negative del calo demografico».

Oltre la metà degli italiani riesce a risparmiare per il 13% del reddito

Nel rapporto emerge che ben il 95 per cento delle famiglie italiane dichiara di essere finanziariamente indipendente e di avere una situazione reddituale stabile nonostante le incertezze legate allo scenario e all’impatto dell’inflazione. Così le famiglie che riescono a risparmiare rappresentano una quota che si mantiene sui valori massimi del pre-pandemia, pari al 54,7 per cento in aumento dal 53,5 per cento nel 2022. In particolare nel 2023 gli intervistati hanno dichiarato di aver risparmiato in media il 12,6 per cento del proprio reddito, anche in questo caso in aumento (dall’11,5 per cento nel 2022).

Tra le motivazioni del risparmio, risaltano la casa (30 per cento) e i figli (16 per cento); solo il 5 per cento dichiara di aver accantonato risorse per far fronte all’aumento dei prezzi. Per un terzo del campione, il risparmio è “precauzionale”, cioè senza un’intenzione precisa. Il lato negativo è invece rappresentato dal numero di famiglie in condizioni di fragilità finanziaria: se insorgesse una spesa imprevista di 5.000 euro, solo il 37 per cento avrebbe una disponibilità immediata per farvi fronte.

Il paradosso della liquidità che sale ancora

La quota di ricchezza detenuta in forma liquida ha toccato nel 2023 il 48 per cento, in aumento dal 44 per cento nel 2022. E il paradosso è che la liquidità viene considerata da molti come un’arma di difesa contro l’inflazione. “L’accentuata preferenza per la liquidità non è un comportamento coerente, in presenza di inflazione” dice lo studio. “La scelta razionale sarebbe affrontare il rischio di investimento e una migliore alfabetizzazione finanziaria formale potrebbe accelerare l’apprendimento delle strategie più idonee”.

L’inflazione questa sconosciuta

Più della metà del campione non ha mai sperimentato l’inflazione che si è invece palesata in questo ultimo periodo. Solo il 38 per cento del campione è in grado di dare una definizione corretta dell’inflazione: oltre un quarto la confonde con il livello dei prezzi, qualcuno con il deprezzamento della valuta. Le famiglie non solo non vedevano un’inflazione vera più o meno dalla fine degli Anni Ottanta, ma nel tempo si sono anche abituate a tassi di interessi reali negativi: una situazione assai peculiare che, dopo lunghi anni, è stata percepita come “normale”. Il ritorno alla vera normalità, ossia a tassi di interesse e di inflazione un poco più sostenuti, è vissuto ora come un cambiamento inatteso.

Investitori prudenti scelgono le obbligazioni

Quegli italiani che hanno deciso di investire lo hanno fatto all’insegna della sicurezza e della liquidità dell’investimento. L’Indagine rileva che sono state le obbligazioni, tornate ad offrire rendimenti interessanti, ad assorbire una parte dei deflussi dal risparmio gestito (-15%) osservati nel 2023: tra coloro che investono in obbligazioni (circa un quarto del campione) la percentuale di ricchezza finanziaria in esse investita è salita al 28 per cento, dal 23 per cento del 2022.

La Borsa rimane per i piccoli risparmiatori italiani un “terreno da dissodare”, ma nel 2023 si è visto un cambiamento: si è percepita una protezione dall’inflazione anche l’investimento azionario e, anche se per il momento gli acquisti netti non si sono ancora mossi, non è escluso che possa accadere in futuro. La Borsa rimane tuttavia una scelta “minoritaria”, attorno al 5%. Nell’ambito degli investimenti alternativi, dominano l’oro (che interessa il 23 per cento degli intervistati) e i fondi etici ESG (13 per cento).

Mattone ancora considerato un bene rifugio

In condizioni di alta inflazione, il mattone continua a essere considerato l’investimento migliore: la ricchezza immobiliare degli italiani è rilevante e l’indagine la stima a ridosso dei 4.000 miliardi di euro solo per la prima casa, oltre il doppio del Pil. Il mercato immobiliare è sempre ambito dagli italiani ma meno accessibile per i giovani. I mutui appaiono però ancora sostenibili: solo per l’8,2 per cento degli intervistati è alla soglia critica di un terzo delle entrate nette annuali della famiglia.

Invece non c’è nel Dna degli italiani un’abitudine ad indebitarsi per i consumi correnti: nel 2023 solo il 9,8 per cento del campione ha dichiarato di aver in corso un prestito rateale, mentre appena il 3,3% sta rimborsando più di una rata.

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