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Riforma pensioni 2022: quota 104 per tornare alla Fornero

Draghi vuole creare uno scivolo temporaneo per tornare alla legge Fornero nel 2024 mentre i partiti fanno melina e i sindacati chiedono una riforma strutturale di stampo completamente diverso

Riforma pensioni 2022: quota 104 per tornare alla Fornero

Sulla riforma delle pensioni 2022 si incrociano affermazioni contraddittorie. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha chiarito che l’obiettivo è trovare una soluzione temporanea per addolcire il ritorno alla normalità, ossia alla legge Fornero dura e pura, senza alternative strutturali. Non si tratta quindi di sostituire Quota 100 con una formula migliore per aumentare la flessibilità in uscita, quanto di allestire uno scivolo che renda meno ripido lo scalone, cioè gli anni di lavoro in più a cui sarà costretto chi progettava di andare in pensione nel 2023 con le regole di Quota 100. Nel peggiore dei casi, questa differenza sarà di cinque anni, perché la misura targata Lega permetteva di uscire dal lavoro con almeno 62 anni di età (più 38 di contributi), mentre l’età pensionabile prevista per il 2023 in base alla legge Fornero è di 67 anni.

Le intenzioni di Draghi sono inequivocabili, ma i partiti fingono di non capirle. Evitano lo scontro perché sanno che ne uscirebbero sconfitti, e così spostano il discorso su un piano diverso, illudendo l’opinione pubblica che lo scopo della trattativa sia facilitare i pensionamenti anticipati. “Stiamo ancora lavorando alla riforma delle pensioni, con buonsenso e determinazione – ha detto lunedì Claudio Durigon, responsabile Lavoro della Lega – L’obiettivo è non tornare alla Fornero”.

In realtà, parlare di “ritorno alla Fornero” è fuorviante, perché suggerisce che negli ultimi anni la riforma della professoressa torinese sia stata in qualche modo sospesa o modificata. Non è così: la legge Fornero è sempre stata in vigore e continua a determinare il pensionamento della grande maggioranza degli italiani. Negli ultimi tre anni la flessibilità in uscita è stata aumentata con Quota 100, una misura che però si è dimostrata fallimentare sotto diversi profili.

IL FALLIMENTO DI QUOTA 100

La prima bocciatura è arrivata dagli italiani: dal 2019 le richieste di uscita con la misura di marca leghista sono state 380mila, cioè meno della metà del milione previsto dal governo Conte 1. Quota 100, infatti, si è rivelata vantaggiosa quasi esclusivamente per una categoria di contribuenti: uomini ben oltre i 62 anni e con redditi medio-alti. Negli altri casi (soprattutto con l’anticipo massimo di cinque anni), il meccanismo comporta un taglio della pensione che molti giudicano insostenibile.  

Il secondo stop è arrivato dalla Commissione europea e dall’Ocse, che a più riprese hanno chiesto all’Italia di abolire Quota 100, considerata iniqua dal punto di vista sociale ed eccessivamente gravosa per il bilancio pubblico.

RIFORMA PENSIONI 2022: L’IPOTESI QUOTA 102 PIÙ QUOTA 104

Fin qui, l’unica certezza è che Draghi intende seguire le indicazioni delle istituzioni internazionali e quindi non rinnoverà Quota 100, in scadenza a fine 2021. Come detto, il Premier non vuole introdurre alternative strutturali alla misura leghista, ma solo un correttivo temporaneo che renda lo scalone più digeribile. La soluzione ipotizzata negli ultimi giorni prevede uno scivolo articolato su due livelli:

  • Quota 102 nel 2022, che permetterebbe di andare in pensione con 64 anni di età e 38 di contributi;
  • Quota 104 nel 2023, con l’età pensionabile che salirebbe a 66 anni (mentre il requisito contributivo rimarrebbe a 38).

Nel Documento programmatico di Bilancio inviato a Bruxelles, che contiene l’ossatura della manovra 2022, i fondi stanziati per la riforma delle pensioni ammontano a 600 milioni il prossimo anno, a 450 nel 2023 e a 510 nel 2024.

LA REAZIONE DEI SINDACATI

Secondo l’Osservatorio Previdenza della Cgil, però, il doppio meccanismo di Quota 102 e 104 sarebbe sostanzialmente “inutile”, perché porterebbe a poco più di 10mila uscite pensionistiche anticipate: per l’esattezza, 10.448. Troppo poche, al punto che il segretario generale, Maurizio Landini, ha liquidato la proposta come “una presa in giro”.

I sindacati chiedono una riforma strutturale delle pensioni in senso progressivo, che consenta di lasciare il lavoro dai 62 anni in poi e tenga conto del fatto che non tutti i lavori sono uguali. Con queste premesse, il vertice di mercoledì fra Draghi e i rappresentanti dei lavoratori si annuncia tutt’altro che semplice.

LE CONTROPROPOSTE DEI PARTITI

Altre ancora sono le controproposte in arrivo dai partiti. Il Tesoro ha già respinto l’idea leghista di mantenere Quota 102 per 2 anni, ma sta verificando la possibilità di concedere uscite a 64 anni per i prossimi tre anni con contributi crescenti (38, 39 e 40 anni). In sostanza, Quota 102, 103 e 104.

Il sistema delle quote è però considerato “un errore” dal segretario del Pd, Enrico Letta, in quanto strumento che “discrimina le donne”. I dem chiedono quindi di aumentare la flessibilità per i lavoratori che svolgono mansioni gravose, di rafforzare l’Ape sociale e di confermare Opzione donna, finora non prevista, che costerebbe 100 milioni di euro nel 2022.

4 thoughts on “Riforma pensioni 2022: quota 104 per tornare alla Fornero

  1. Finitela di regalare pensioni sociali di 500 euro al mese a chi non ne ha diritto e non ha mai versato un contributo in vita sua, e vedrete che tutto diventerà sostenibile….

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  2. La sostenibilità del sistema questa sconosciuta. Poi i sindacati stanno pensando ai vecchi: ma ai giovani che rimarrà di questo sistema “bucato” dove tutti cercano di massimizzare l’attuale dimenticandosi di quello che ci possiamo permettere. La legge Fornero è un buon compromesso. Basta studiare….

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  3. Scusate, ma mi sembra che nell’articolo ci sia una evidente contraddizione.
    Dapprima si sostiene che “Quota 100 sarebbe stata un fallimento perchè l’adesione è stata notevolmente inferiore al previsto” (circa 380000), meno della metà delle previsioni, salvo poi considerarla “troppo gravosa per lo Stato” (ma come? Non si erano spesi molti meno soldi del previsto?)
    Eppoi, qualcuno si è preso la briga di calcolare quanti soldi ha risparmiato lo Stato (e parliamo di pensioni accumulate nei decenni passati, quindi presumibilmente abbastanza cospicue) in seguito alle circa 150000 morti per Covid che si sono registrate in Italia?
    Quota 100 sarebbe “iniqua”, mentre andare in pensione a 71 anni invece è “equo”?

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    1. Non c’è contraddizione, sono vere entrambe le affermazioni:
      1) In tre anni, dati Inps alla mano, le persone andate in pensione anticipata con Quota 100 sono state meno della metà di quelle previste nel 2019. Anzi, per la verità, poco più di un terzo.
      2) Malgrado questo flop, la misura è comunque ritenuta eccessivamente costosa da una prospettiva attuariale. Il mese scorso, l’Ocse ha scritto quanto segue: «Se Quota 100 fosse adottata su base permanente, la spesa pensionistica registrerebbe un aumento cumulativo pari a 11 punti percentuali del Pil tra il 2020 e il 2045. Pertanto, sarebbe opportuno lasciar scadere “Quota 100” nel dicembre 2021».
      Inoltre, Quota 100 avvantaggia gli uomini rispetto alle donne (sono uomini oltre due individui su tre fra quelli andati in pensione anticipata con Quota 100), i dipendenti pubblici rispetto ai lavoratori del settore privato (perché hanno versamenti contributivi più continui) e i ricchi rispetto ai poveri (più alto è l’assegno, meno svantaggioso è il taglio legato all’anticipo). Per queste ragioni scriviamo che Quota 100 è socialmente iniqua.

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