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Riforma Patto di Stabilità: per l’Italia correzione da 8-15 miliardi l’anno, ma sarebbero di più con le attuali regole. Ecco perché

Secondo una proiezione Ue, le nuove regole del Patto di Stabilità implicheranno per l’Italia un aggiustamento di 15 miliardi l’anno in 4 anni a o di 8 miliardi in 7 anni. Cominciano i negoziati tra i Paesi, ma il braccio di ferro sul Mes non aiuta l’Italia

Riforma Patto di Stabilità: per l’Italia correzione da 8-15 miliardi l’anno, ma sarebbero di più con le attuali regole. Ecco perché

A 24 ore di distanza dalla presentazione della riforma del Patto di Stabilità proposta dalla Commissione europea si cominciano a fare i primi calcoli e a sondare il terreno in vista della riunione dei ministri delle Finanze in programma per venerdì e sabato a Stoccolma. Sarà quella la prima occasione utile in cui i rappresentanti dei diversi Stati Membri potranno confrontarsi sulla proposta che, nelle intenzioni di Bruxelles, dovrebbe essere approvata entro fine anno. L’applicazione del vecchio Patto è sospesa, causa emergenza Covid, dal marzo 2020 e sarà riattivata il 1° gennaio 2024. L’obiettivo della Commissione è dunque quello di ripartire con nuove regole, considerate realisticamente applicabili, per promuovere una crescita sostenibile, consentendo ai Paesi di ridurre il debito senza pregiudicare gli investimenti. La strada però pare al momento in salita, con l’Italia che lamenta la mancata esclusione delle spese per Pnrr e Green Deal nel calcolo delle spese obiettivo e la Germania che invece considera troppo blandi e deboli i paletti imposti da Bruxelles. In mezzo il braccio di ferro sul Mes, con l’Italia che proprio a Stoccolma potrebbe ritrovarsi al centro di un fuoco incrociato da parte degli altri Paesi dell’Unione che chiedono l’immediata ratifica del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) sostenendo che il nostro Paese stia “raggelando” la discussione”.

Col nuovo Patto di Stabilità per l’Italia correzione da 8-15 miliardi l’anno

Secondo le nuove regole proposte da Bruxelles, i Paesi che presentano un deficit superiore al 3% o/e un debito superiore al 60% del Pil dovranno presentare dei piani di aggiustamento di bilancio di quattro anni (estendibili a sette) per ridurre il debito e saranno obbligati ad effettuare un aggiustamento di bilancio dello 0,5% annuo, pena una procedura d’infrazione automatica.

Calcolatrice alla mano, secondo la proiezione elaborata dai tecnici della Commissione europea, per l’Italia questi parametri implicheranno una manovra correttiva da 8 o 15 miliardi l’anno, pari in percentuale allo 0,45% o allo 0,85% annuo del Pil, a seconda che il nostro Paese decida di aderire a un piano di aggiustamento distribuito su quattro o su sette anni. Per il momento, sottolineano fonti Ue, si tratta di semplici simulazioni e i numeri veri si vedranno in seguito sulla base dei singoli piani. Ma le indicazioni sembrano chiare: l’Italia è un Paese con un debito elevatissimo (2.772 miliardi di euro secondo Bankitalia) e un deficit che secondo il Def a fine anno arriverà al 4,5%. In quanto Paese fortemente indebitato dovrà dunque presentare un piano di aggiustamento di bilancio, che con ogni probabilità sarà spalmato su sette anni, che segua una “traiettoria tecnica” (questa la definizione indicata da Bruxelles) che garantisca che il debito abbia un calo plausibile o resti prudente e che il deficit scenda o resti al di sotto del 3% nel medio termine. Un piano settennale implica dunque un aggiustamento dello 0,45% pari a 8 miliardi l’anno. Se invece l’Italia scegliesse di optare per un piano quadriennale, la correzione salirebbe allo 0,85%, cioè 15 miliardi l’anno.

Correzione più alta con le regole attuali

A primo acchito le cifre potrebbero sembrare proibitive, ma con le regole attuali – che torneranno in vigore il 1° gennaio 2024, lo ricordiamo – lo sarebbero ancora di più. L’applicazione del Patto di Stabilità attualmente in vigore richiederebbe all’Italia un aggiustamento annuale pari allo 0,6%, 11,5 miliardi di euro. Non solo, la correzione dovrebbe essere applicata per un periodo di tempo più lungo, vale a dire finché il nostro Paese non raggiungerà l’obiettivo di medio termine. Per non parlare della regola “del ventesimo” che attualmente chiede il rientro del debito del 5% del Pil per quanti fossero oltre la soglia del 60%, in un intervento estremamente prociclico e infatti mai applicato. La nuova proposta la cancella, ma se restasse in vigore implicherebbe uno sforzo del 4,5% all’anno per essere soddisfatta. Infine, se si tiene conto anche delle cifre contenute nel Def, l’obiettivo del governo di aggiustamento per quest’anno è del 3,6% e dello 0,9% nel 2024. Parlando in parole povere, le nuove regole stabiliscono correzioni annuali inferiori a quelle attualmente previste e anche a quelle indicate dal governo nel Def. 

Giorgetti: “Occorreva escludere le spese Pnrr”. La Germania: “Parametri deboli”

Secondo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, la proposta di riforma del Patto di Stabilità presentata il 26 aprile dalla Commissione Ue “è certamente un passo avanti ma noi avevamo chiesto con forza l’esclusione delle spese d’investimento, ivi incluse quelle tipiche del Pnrr digitale e green deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri. Prendiamo atto che così non è”.

“Ogni spesa di investimento – ha continuato Giorgetti – poiché è rilevante e produce debito per il nuovo patto deve essere valutata attentamente. Quindi occorre privilegiare solo la spesa che effettivamente produce un significativo impatto positivo sul Pil”.

Va in senso totalmente opposto il commento del ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner:  “Le proposte della Commissione europea non soddisfano ancora le richieste del governo federale”, ha detto il ministro, aggiungendo che la Germania “non accetterà proposte di riforma che indeboliscano il patto di Stabilità e crescita dell’Ue”. Lindner ha sottolineato che la proposta della Commissione sarà comunque “la base per ulteriori negoziati”, in cui la Germania sarà “costruttiva”. Occorre infatti ricordare che Germania e Olanda chiedevano un coefficiente numerico fisso per tutti di riduzione del debito che per i Paesi ad alto debito, come l’Italia, avrebbe dovuto a loro parere essere pari all’1%. Bruxelles invece ha optato per lo 0,5%. 

Più positiva rispetto a quella tedesca la reazione dei Paesi Bassi, dove però il governo fa sapere di volere che “le nuove regole portino a una riduzione ambiziosa del debito e a una maggiore sostenibilità del debito per i Paesi altamente indebitati”. Per la Francia, invece, la proposta “va nella direzione giusta”, nonostante Parigi non guardi con favore a regole automatiche di riduzione di deficit e debito.

Italia stretta tra Patto di Stabilità, Mes e Pnrr

Le diverse posizioni degli Stati Membri emergeranno già venerdì a Stoccolma dove i ministri delle Finanze dell’Eurogruppo si riuniranno e dove l’Italia sarà nel mirino di tutti. Il motivo? Il Mes.

L’Europa non intende più aspettare e la mancata ratifica da parte dell’Italia è diventata un problema: “La mancata ratifica – ha sottolineato il funzionario Ue – sta in qualche modo bloccando” anche ulteriori riforme. Per la fonte “è impossibile discutere di altre misure che potrebbero essere utili se non abbiamo messo in atto un accordo precedente. Sta avendo un effetto raggelante sulle discussioni“. L’Italia, da parte sua, tiene il punto: il Mes “va aggiornato e trasformato in veicolo per la crescita”, sottolineano fonti di governo. 

Nei prossimi mesi, dunque, il via vai tra Roma e Bruxelles sarà intensissimo. Perché alla partita del Patto e quella sul Mes si aggiungeranno anche i negoziati sulle modifiche al Pnrr. Si tratta di tre punti solo apparentemente separati, che però l’Italia considera legatissimi. E non è un caso che Giorgetti abbia rimarcato l’inclusione delle spese d’investimento nel calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri del Patto di Stabilità. Perché, e sarà probabilmente su questo che spingerà l’Italia, se il nuovo Patto di Stabilità non prevede alcuna “golden rule” (ovvero la regola che calcola con una diversa contabilità determinate categorie di investimenti) i Paesi membri ad elevato debito saranno chiamati a concentrarsi solo su quegli investimenti che portano ad un calo del deficit e del debito rispetto al Pil. Con il rischio, quindi, di deviare dalle priorità che, attraverso il Next Generation, l’Ue ha impresso nei Pnrr dei Paesi membri.

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