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Renzi e il referendum: “Avanti tutta, in gioco è la credibilità della politica”

Il premier alla Direzione Pd, la prima dopo le elezioni. E alla sinistra dem dice: “Mi volete fuori? Allora fate un congresso e vincetelo. Finché ci sarò io le correnti non governeranno questo partito”. L’annuncio sul G7: sarà a Taormina. “Sulle banche, non abbiamo difeso i banchieri ma i correntisti”.

Renzi e il referendum: “Avanti tutta, in gioco è la credibilità della politica”

È arrivato il giorno tanto atteso non solo dagli esponenti del PD, ma dall’Italia intera: quello della prima direzione del Partito Democratico dopo i risultati delle elezioni amministrative di giugno, nell’ambito delle quali il Pd ha perso due città chiave come Torino e Roma, passate nelle mani del Movimento 5 Stelle.

“Siamo alla prima direzione Pd – ha spiegato il Presidente del Consiglio – dopo le amministrative che non sono andate bene, ma anche la prima dopo Brexit, dopo la più grande strage di civili italiani all’estero, dopo un G7 chiave per la crescita, e dopo la mobilitazione del nostro gruppo dirigente su tasse e jobs act. Il tutto durante una raccolta firme per un referendum cruciale non per i destini di qualcuno ma per la credibilità di una classe dirigente».

Ma è anche il momento in cui Matteo Renzi, Premier e segretario Dem, si confronta con la minoranza del partito su alcuni temi che potrebbero determinare il futuro del Paese. All’ordine del giorno ci sono, oltre ai risultati delle comunali, anche le conseguenze della Brexit, il referendum costituzionale, le modifiche all’Italicum, l’emergenza terrorismo e ovviamente anche il modo in cui il Partito Democratico dovrà cambiare allo scopo di recuperare i consensi persi e riportarsi ai livelli delle Elezioni Europee 2014, quando gli avversari furono sbaragliati con un 42% che stupì lo stesso Presidente del Consiglio. Al centro del dibattito c’è  anche lui, Matteo Renzi e il doppio ruolo che ricopre nel Governo e nel Partito.

Aprendo il suo intervento, il premier si è detto “”Pronto ad ascoltare le vostre considerazioni”, ma anche intenzionato ad offrire le sue: “Questa è una comunità che discute. E litiga. Litigano tutti nei partiti, ma altri nel chiuso delle stanze. Loro fingono di essere una falange e appaiono come tali. Noi valorizziamo solo ciò che ci divide”.

Non poteva mancare un riferimento al terribile attentato di Dacca nell’ambito del quale hanno perso la vita nove italiani. Il terrorismo va combattuto «con le armi dell’intelligence» ma anche con «la difesa dei nostri valori» a partire dall’educazione. Non c’è tregua, piangiamo le vittime di Dacca. Ma non c’è solo Dacca nella settimana. E non ci sono solo i numeri. La realtà ci parla di storie, persone. Sono volti e non è possibile non accogliere su di noi le lacrime delle loro famiglie. Dobbiamo avere la forza di non abituarci all’orrore. E deve esserci il desiderio di mantenere in vita i valori che difendiamo”.

AL G7 di Taormina – ha continuato il Premier – porteremo l’idea che quanto accade va combattuto militarmente, ma c’è una questione culturale: giovani che scelgono il terrorismo mentre il Daesh è in difficoltà. Abbiamo una grande emergenza educativa. Non solo in Bangladesh. I nostri valori vanno spiegati alle nuove generazioni”.

L’Italia è intenzionata a fare la sua parte nell’ambito di un programma che si aprirà con il G7, andrà avanti il prossimo anno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e portando l’Unione Europa a Roma (nel marzo del 2017) dove verranno stretti una serie di accordi per il rilancio dei trattati.

Sul tema cardine dell’ultimo periodo, vale a dire la fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea, Renzi ha voluto ricordare il “sacrificio” di Jo Cox, politica britannica uccisa lo scorso 16 giugno da  Thomas Mair, nazionalista affiliato al movimento neonazista.

Ma la Brexit può diventare anche un’opportunità: “Ciò che è accaduto su Brexit farà più male ai britannici che a noi, in fin dei conti. E’ un clamoroso errore del Regno Unito, l’Ue può scrivere una pagina nuova, perché così com’è non va. Chiedevamo e abbiamo ottenuto una flessibilità rispetto al Fiscal Compact a cui l’Ue si era legata. Ma da sola la flessibilità non basta, bisogna indicare un progetto chiaro. La visione europeista che noi difendiamo – ha proseguito il segretario del Pd – non è contro l’interesse nazionale, sono disposto a litigare con tutti in Europa. Non si tratta di riaprire pagine del passato. Il punto è che l’Italia deve fornire un’agenda di sviluppo europeo che non può essere ignorata. Non siamo più quelli da giudicare, come Spagna e Portogallo. Sarebbe un errore che la Ue rispondesse a Londra sanzionando quei Paesi, ma è fondamentale che l’Italia faccia sentire la sua voce sulla crescita e contro l’austerity”.

Poi un riferimento alle banche: “Molti dei sondaggi contro il partito nascono da lì. Trovo le polemiche, figlie di una narrazione M5s, ingiustificate. Noi non abbiamo salvato i banchieri, ma i correntisti. E se la misura delle Popolari fosse stata presa dal governo di centrosinistra del 1998 che non ne ebbe la forza, la questione oggi non si riproporrebbe. Noi abbiamo fatto ciò che serviva perché le istituzioni facessero il loro dovere. Salvare i correntisti significa fare l’interesse dei cittadini e delle piccole e medie imprese”.

Passando al Referendum costituzionale, Renzi ribadisce l’intenzione di metterci la faccia, difendendo la bontà della riforma chiave del suo Governo: “Perchè l’Italia sia forte e credibile serve stabilità istituzionale. Che non è immobilismo, ma riforme con l’anima. E conosco le vostre critiche sulla personalizzazione del referendum”.

“Io non credo alla personalizzazione, è un refrain. C’è qualcuno tra di voi che pensa che nel caso in cui il referendum si concludesse con un ‘no’ il presidente del Consiglio non ne prenderebbe atto? – chiede provocatoriamente il Premier – Se c’è gli faccio i complimenti, ma il problema è cosa accade al Paese e alla classe politica, non a me. Se il referendum passa la classe politica dà un segnale, la più bella pagina di autoriforma in Occidente. Se vincerà il “sì”, la classe politica “sarà più in grado di guidare e cambiare il Paese. Si chiude la stagione delle riforme e si apre la stagione del futuro”. Renzi respinge l’accusa di personalizzazione e chiude accusando piuttosto chi del referendum “ha fatto una sorta di derby personale. E la data del referendum non è nelle nostre disponibilità. Chi ha paura di confrontarsi con i cittadini faccia altro”.

Dopo aver parlato della ripresa economica del Paese Renzi analizza il risultato delle Amministrative:  “Un dato difficile giudicare in modo organico, difficile da capire. Che varia da chilometri e chilometri, 20 punti tra Bologna e Rimini. In alcune realtà il nostro partito sorprende in positivo, in altre no.”

Poi un accenno al risultato più importante: “A Milano, non sarebbe stata possibile la vittoria di Beppe Sala senza la straordinaria mobilitazione del Pd di quella città. In Lombardia abbiamo tutte le città nelle nostre mani, non in Piemonte. Varese e Novara, settanta chilometri. Mi apro alla discussione. Tocco magico finito? Non c’era nemmeno nel 2014, quando dopo la vittoria alle europee abbiamo perso al ballottaggio città fondamentali: Livorno, Potenza, Padova, Perugia. Succede così, si vince e si perde. Abbiamo perso Fano, Matera, Venezia. Sulla base di candidati scelti nelle primarie e il segretario dà una mano a tutti. Ma le alleanze si scelgono a livello locale, lo ricordo. Le alleanze le scelgono i territori. Ecco perché ci vuole fantasia per leggere il dato nazionale”.

Poi un messaggio chiaro al partito: “Finché ci sarò io le correnti non governeranno questo partito. Parlo anche ai renziani del primo e dell’ultimo minuto, a chi sale e a chi scende dal carro. Non c’è garanzia per nessuno in questo partito, a cominciare da me. Girate, fate iniziative, visitate le aziende, fateli i tavolini. State in mezzo alla gente o io e voi non abbiamo futuro. Guardate le vostre bacheche facebook: quanti di voi hanno valorizzato le nostre cose. Se volete cambiare la linea fate un Congresso e vincetelo. Se volete la separazione tra le cariche di premier e e segretario non avete che da proporre una modifica statutaria. In ogni caso sosterrò il vincitore. Se volete che si cambi il modello organizzativo fate proposte. Ma prima decidiamo dove vogliamo andare. Ma la strategia ‘conte ugolino’ non si va da nessuna parte. Se c’è una strategia alternativa, ben venga”.

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