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Quote rosa nei Cda, ok definitivo del Parlamento

Svolta epocale per la governance delle società quotate: alle donne almeno il 33% delle poltrone che contano – Sanzioni fino a un milione di euro per chi non si adegua

Quote rosa nei Cda, ok definitivo del Parlamento

Arrivano in Italia le quote rosa. La riforma riguarda gli organi di amministrazione e controllo delle società quotate in Borsa, dunque Cda, collegi sindacali e consigli di sorevglianza. La Camera invia la legge al Quirinale per la firma presidenziale e la pubblicazione in Gazzetta sull’onda di un raro sostegno bipartisan: 438 voti a favore, 27 contrari e 64 astensioni. L’unico gruppo espressamente contrario alle quote sono stati i Radicali.

Le società dovranno riservare almeno un terzo dei loro vertici dirigenziali alle donne. In caso di non ottemperanza la Consob invierà una diffida e, se entro quattro mesi non verrà accolta, scatteranno le sanzioni. Da 100mila fino a un massimo di un milione di euro, secondo criteri e modalità che saranno stabiliti dalla Consob. A quel punto, se la società non implementa le quote entro tre mesi, si applicherà la decadenza dei membri del Consiglio. Gli statuti societari dovranno regolare la formazione delle liste e i casi di sostituzione dei membri in corso di mandato.

La normativa non sarà effettiva da subito. Si applicherà soltanto ai Consigli che saranno rinnovati un anno dopo l’entrata in vigore della legge, e con una quota più bassa, pari al 20%. Si eleverà al 33% a partire dai rinnovi successivi. La riforma coinvolgerà anche le società a controllo pubblico, le quali saranno oggetto di un regolamento ministeriale per definirne l’implementazione delle quote.

La rappresentazione femminile nei board è stata regolata ultimamente in molti Paesi europei, dalla Scandinavia alla Spagna, passando per la Francia, dove la quota di genere sarà del 40% a pieno regime. Insieme al Portogallo, l’Italia è attualmente il fanalino di coda dell’Europa occidentale, per quanto riguarda la presenza femminile nei Cda. Un misero 5% rispetto al 26% di Finlandia e Svezia.

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