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Porti, la transizione energetica passa dal Sud: c’è spazio per 7 rigassificatori ma anche per biocarburanti e idrogeno

I dati dell’ultimo Rapporto Srm-Intesa Sanpaolo sull’economia del mare certificano la leadership italiana nel trasporto marittimo nel Mediterraneo con una quota del 40% sui volumi trasportati. Focus su energia e Mezzogiorno

Porti, la transizione energetica passa dal Sud: c’è spazio per 7 rigassificatori ma anche per biocarburanti e idrogeno

Tutte le volte che la premier Giorgia Meloni parla del Mediterraneo, trova il modo di citare il progetto di Italia hub energetico. Allargando il concetto, alla luce dell’ultimo Rapporto Srm-Intesa Sanpaolo 2023, l’Italia può ambire a un ruolo di hub per la transizione energetica. Attraverso la realizzazione di nuovi rigassificatori Gnl ma anche di snodi per il trasporto di idrogeno e biocarburanti.

Al di là degli annunci politici e dello (sperato) successo, sono  due le componenti essenziali che darebbero sostanza all’iniziativa: l’energia e il mare. La prima, dopo la guerra russo-ucraina, ha assunto un valore strategico straordinario per la riduzione delle importazioni di gas russo. La seconda ha un valore commerciale di molti milioni di euro, dato che i porti italiani saranno il checkpoint per l’Europa. Per avere un idea di quanto sia importante il traffico navale nel Mediterraneo, vale la pena guardare al Canale di Suez dove nel 2022 sono transitate 23.400 navi che hanno fatto incassare all’Egitto oltre 8 miliardi di dollari. Il concetto di hub energetico si adatta già oggi a buona parte dei porti italiani. Nelle loro vicinanze in passato sono state costruite raffinerie, snodi di oleodotti, gasdotti, serbatoi di stoccaggio, destinati ormai a trasformarsi per trattare carburanti verdi. È chiaro che non gestiranno solo GNL, biocarburanti o idrogeno, bensì anche quote di energie fossili di cui avremo bisogno ancora a lungo. Però preparasi è d’obbligo.

Porti, rigassificatori, Sud: il Rapporto sul mare di Srm

ll Rapporto “Italian Maritime Economy” elaborato dal Centro studi Srm del Gruppo Intesa SanPaolo, ha studiato il mercato navale che corre e fa brillare gli occhi agli armatori. Le turbolenze sono alle spalle e l’Italia è il Paese privilegiato del Mediterraneo. Un Paese con squilibri storici ma con il Sud chiamato a cogliere le migliori opportunità in investimenti, sostenibilità e lavoro. Quanto dei 377 miliardi di euro dell’import-export navale può andare a Sicilia, Puglia, Calabria, Campania? Lo studio ritiene vi sia spazio per 7 nuovi rigassificatori vicino ai porti e 5 gasdotti per trasportare 140 miliardi di metri cubi di GNL. Un quantitativo enorme che richiede investimenti per l’adeguamento di porti come Cagliari, Augusta, Taranto, Brindisi, Salerno, Catania.

“Le tematiche presentate nel Rapporto Italian Maritime Economy, rivestono un ruolo fondamentale per il futuro del nostro Paese e dell’Europa, così come per i nuovi assetti di una manifattura alle prese con forme di riorganizzazione logistica delle catene del valore”, dice Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo. Il giro d’affari italiano ha “nel  Sud un’espressione di eccellenza nei settori portuale e armatoriale” aggiunge Massimo Deandreis ,direttore generale SRM. La Banca non è affatto fuori dal sistema che ha bisogno di crediti e di appoggi. 

Le navi e la CO2

I traffici si misurano sulla capacità degli armatori e dell’indotto di economizzare i costi e di mettere a profitto le commesse. Selezionando le cifre del business si scopre che in tutto il Mediterraneo, la leadership italiana è la più spinta coprendo il 40% del totale del commercio con 252 milioni di tonnellate di merci trasportate. Quanto é compatibile tutto ciò con la transizione energetica e gli impatti sull’ambiente? Il 47,7% di tutti gli ordini (in termini di stazza GT) a luglio 2023 – certifica il Rapporto Sam – è relativo a navi che utilizzano combustibili alternativi mentre nel 2017 questa quota era solo del 10,7%. E le città del Sud quali aspettative possono nutrire, visto che vedranno arrivare mercantili carichi di combustibili? I porti del Mediterraneo stanno migliorando, rispondono le organizzazioni marittime e la Marina militare. Oggi il trasporto marittimo produce complessivamente il 2,19% di CO2, e tutto sommato è sopportabile. Le navi dovranno essere più resilienti e digitalizzate, non ci sono dubbi. Qui si annuncia una battaglia durissima con l’Asia, realtà dove la green economy non è esattamente prioritaria. Se la previsione di 5 anni per fare dell’Italia il ponte Mediterraneo del gas (navi e pipeline ) é confermata, al Sud tocca una delle partite decisive. In concreto vuol dire passare da 84,4 miliardi di euro di valore di merci gestite a qualcosa di molto più grande. Arriviamo giocoforza al nodo del Pnrr. Una via da percorrere con 630 milioni di euro di investimenti. I soldi interessano 8 Zone Economiche Speciali (Zes) e in corso ci sono 240 domande con 55 autorizzazioni rilasciate ai Commissari di Governo. Sono numeri del Rapporto Srm. I porti del Sud devono competere con Cina, Corea, Giappone? Il coro degli uomini del mare, dice si. Ma i 5 anni previsti nell’Italian marittime economy finiscono nel 2028 con il PNRR (quasi certamente) fuori tempo massimo.

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