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Pnrr: spesi meno della metà dei fondi ricevuti. Infrastrutture a rilento, Sud indietro per l’economia circolare

Il Ministro Fitto ammette i ritardi ma non informa il Parlamento. Non calano le disparità Nord-Sud. Studio del Laboratorio Ref ricerche sui rifiuti

Pnrr: spesi meno della metà dei fondi ricevuti. Infrastrutture a rilento, Sud indietro per l’economia circolare

Il 2023 è stato l’anno in cui Giorgia Meloni dice di aver sviluppato il massimo di impegno per l’attuazione del Pnrr. È stato, invece, l’anno in cui l’Italia ha speso molto di meno rispetto a quanto ricevuto. Su 101,9 miliardi di fondi ne sono stati spesi 45,65: meno della metà. Nonostante questi dati sino stati forniti dal suo Ministro Raffaele Fitto, la premier continua a dichiarasi fiera del lavoro svolto.

Le risorse ricevute per 60 miliardi sono prestiti, 41 sono finanziamenti a fondo perduto e altri 92 miliardi devono ancora arrivare. Una partita a termine che il governo riuscirà a giocare fino in fondo? Il nostro Paese – ha sostenuto Fitto all’ultima riunione della cabina di regia – è quello che ha ottenuto il maggior numero di risultati nell’ambito del Pnrr.

La spesa è bassa? ” Sono convinto che la spesa avrà ulteriori decelerazioni” per la fase di revisione dei progetti e perché la maggior parte dei progetti approvati è in fase di realizzazione. Nessuna spinta all’orizzonte, insomma. E’ un quadro contrastato di cui il Parlamento sa poco nulla. Il Pd ha chiesto l’intervento del presidente Ignazio La Russa per sollecitare Fitto ad aggiornare il Senato sullo stato dell’arte. 

Un decreto fantasma come “toppa” alle critiche

Una toppa a tante criticità sarebbe un decreto legge -più volte annunciato- per semplificare le procedure. Si fatica a stare dietro ai decreti a maggior ragione quando i risultati sono deludenti. Non c’è dubbio che i ritardi avranno riflessi su settori trainanti dell’economia. Se imprese e famiglie non hanno subito una semplice fascinazione dal Pnrr, l’Italia dovrà cambiare pelle. La Missione 2 del Piano “Rivoluzione verde e transizione ecologica” fa un pò da cartina al tornasole per processi di riequilibrio territoriale ed economie di scala.

Le imprese hanno speranza di abbassare i costi per infrastrutture come il trattamento rifiuti puntando sul riciclo. Un Paese povero di materie prime o si incammina per queste strade o prenderà sempre di più materiali dall’estero. “Il PNRR per i rifiuti è nato per chiudere i divari territoriali, ma è mancata sinora una strategia nazionale- afferma il Laboratorio Ref ricerche in una nota. Vengono finanziati impianti in regioni con un surplus di capacità di gestione, mentre nessuna proposta è stata finanziata nelle Regioni in forte deficit. Emerge la necessità di un intervento chiarificatore per quantificare i fabbisogni di trattamento da soddisfare, per i rifiuti con difficoltà di smaltimento e per quelli con possibilità di recupero. “Senza queste risposte, molte iniziative sono destinate a rimanere sulla carta”, dice Donato Berardi, direttore di REF Ricerche.

Il Nord vince sul Sud

Più in generale la concentrazione degli investimenti in poche Regioni, principalmente nel Centro-Nord, mette in discussione la coerenza tra le allocazioni e i reali fabbisogni nella gestione dei rifiuti. I rifiuti sono risorse che in Europa hanno fatto la fortuna di imprese e investitori. Il centrodestra è stato criticato per un eccesso di statalismo e anche per la parte della Rivoluzione verde il Piano è affidato a soggetti pubblici. Non si pensa male, ci sono evidenze con il “ruolo delle iniziative private residuale” sostiene Ref Ricerche.

L’Investimento sui “Progetti faro” di economia circolare è stato a lungo reclamizzato dal Ministro dell’Ambiente. Con il governo Draghi si era vicini a una svolta nell’antica visione meridionalista. Le politiche dell’intervento straordinario per innovazione, utilizzo corretto dei fondi, creazione di ricchezza sono morte e sepolte.

Ma si può gestire metà Italia con la tiritera del Ponte sullo Stretto e la ZES unica come stimolo allo sviluppo? I “Progetti faro” divisi in quattro filiere strategiche accentueranno la dualità Nord – Sud. Di fatto il Sud ha meno fondi del Nord, autonomia differenziata a parte.

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