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Pizzerie italiane nel mondo: nasce il marchio di qualità a difesa del Made in Italy

Un giro d’affari da 15 miliardi in Italia e oltre 60 nel mondo che va tutelato. Il flagello dell’Italian Sounding

Pizzerie italiane nel mondo: nasce il marchio di qualità a difesa del Made in Italy

Arriva il marchio a tutela della qualità delle pizzerie italiane, un’icona della cultura enogastronomica tricolore che ha saputo superare i confini nazionali e conquistare il mondo, ormai sempre più a rischio di plagio. Si tratta del marchio “Ospitalità Italiana” promosso da Unioncamere con il supporto tecnico – scientifico di Isnart (Istituto nazionale di ricerche turistiche), che mira a identificare, qualificare e valorizzare le strutture che fanno della qualità, della italianità e del binomio destinazione – prodotto turistico italiano, gli elementi centrali della propria offerta.

I falsari del Made in Italy: il flagello dell’Italian Sounding

Il Made in Italy è un brand tra i più conosciuti al mondo, sinonimo di bellezza e qualità. Il desiderio di acquistare prodotti italiani è talmente forte e affermato da renderci tra i soggetti più contraffatti al mondo per quanto riguarda marchi e prodotti con imitazioni sempre più difficile da perseguire e contrastare. Si chiama Italian Sounding, quando prodotti richiamano il nostro Paese ma che nella realtà non hanno nulla a che fare con la produzione italiana. Un fenomeno sempre più diffuso e letale non solo per la nostra economia ma proprio per la nostra immagine. Il marchio, dunque, nasce per supportare chi all’estero porta la vera tradizione italiana, e che svolge “un ruolo fondamentale nell’educazione dei clienti al consumo di qualità e nel contrasto al fenomeno”, ha sottolineato Gian Domenico Auricchio, presidente di Assocamerestero.

Motivo per cui è sempre più importante proteggere il Made in Italy. Dopo ristoranti e gelaterie, quindi, anche le pizzerie potranno vantare un riconoscimento distintivo capace di farle emergere dal mercato grazie agli elementi qualità e di italianità, accertati con verifiche oggettive e imparziali. Al fine di promuovere le attività che più rappresentano la gastronomia ma anche la cultura e la storia del nostro Paese per distinguere “l’autenticità italiana”, portando verso l’Italia “un nuovo turismo e a fare da volano per la ripresa turistica, stimolando il recupero della domanda straniera”, ha detto Roberto Di Vincenzo, presidente di Isnart.

Pizzerie italiane nel mondo: arriva il disciplinare

Il disciplinare per le pizzerie italiane nel mondo consente di prendere in considerazione ogni tipicità di pizza caratteristica delle diverse regioni italiane (ad esempio pizza napoletana, pinsa, pizza romana, etc.) e si compone di 10 regole che vanno dalla professionalità dei pizzaioli, al servizio offerto, ai prodotti utilizzati per le ricette e/o offerti nel menu e nella carta delle bevande, alla presenza di alcune tipologie di ricette particolarmente presenti sul territorio italiano, con un’attenzione rivolta all’utilizzo della lingua italiana per alcuni passaggi specifici che interessano la comunicazione.

Proprio su quest’ultimo aspetto è focalizzata l’iniziativa, con strumenti studiati ad hoc per le imprese che superano il percorso Ospitalità Italiana, sia “tangibili” come attestati e targhe che “virtuali” come quelli nel social kit appositamente creato a corredo della promozione digitale delle realtà che vogliono distinguersi come imprese fedeli alla tipicità italiana.

Un giro d’affari da 15 miliardi in Italia o oltre 60 nel mondo

Stiamo parlando di un giro d’affari enorme. Nel periodo pre-Covid il settore contava 150mila addetti in Italia, per un giro d’affari di 15 miliardi di euro in Italia e di almeno oltre 60 nel mondo.

Secondo gli ultimi dati disponibili i ristoranti e le pizzerie gestite da italiani all’estero sono 72mila e incassano oltre 27 miliardi di euro l’anno. 8 milioni le pizze vendute ogni giorno solo in Italia, mentre 5 miliardi quelle in tutto il mondo. Dall’Italia, dove ha avuto origine, la passione per la pizza si è diffusa in ogni angolo del mondo. I maggiori consumatori rimangono gli americani con 13 chili a testa mentre, in Europa, sono gli italiani a guidare la classifica con 7,6 chili all’anno. Al secondo posto gli spagnoli, al terzo, a parimerito, francesi e tedeschi.