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Piketty: disuguaglianze in aumento ma Usa peggio dell’Europa

Secondo il rapporto presentato dall’economista francese Thomas Piketty e da Lucas Cancel della Paris School of Economics, basato su 175 milioni di dati fiscali e statistici elaborati dal progetto wid.world, le disuguaglianze stanno crescendo ovunque, anche se a ritmi diversi – La più colpita è la classe media mondiale.

Piketty: disuguaglianze in aumento ma Usa peggio dell’Europa

Le disuguaglianze continuano ad aumentare ovunque nel mondo, soprattutto nei Paesi emergenti come valori assoluti, ma più sensibilmente nel mondo occidentale se si guarda al trend di crescita negli ultimi decenni, dal 1980 al 2016. A rivelarlo è il rapporto presentato dall’economista francese Thomas Piketty e da Lucas Cancel della Paris School of Economics, basato su 175 milioni di dati fiscali e statistici elaborati dal progetto wid.world (wealth and income database).

I dati mostrano che al 2016 i tre luoghi dove la ricchezza è più sbilanciata sono il Brasile, dove l’1% più benestante della popolazione detiene il 55% della ricchezza, l’India, con la stessa percentuale, e come area il Medio Oriente, dove l’1% più ricco arriva addirittura a detenere il 61% del patrimonio totale. Ma soprattutto, ad impressionare è il ritmo di crescita dei Paesi più industrializzati: dal 1980 al 2016 la percentuale di reddito nazionale in mano al 10% più ricco è passata negli Stati Uniti (e in Canada) dal 34 al 47%, in Russia dal 21 al 46%, in Cina dal 27 al 41%. Meno marcato il divario in Europa, dove si partiva dal 33% per fermarsi però al 37% l’anno scorso.

E’ proprio sul diverso trend tra Europa occidentale e Usa, che nel 1980 partivano da un dato analogo, che si incentra lo studio, realizzato col contributo di 70 studiosi di tutto il mondo: nel 1980, la fetta di Pil in mano alla parte più povera della popolazione era del 24% in Europa occidentale e del 21% oltreoceano; oggi è quasi stabile al 22% nel vecchio continente, mentre è precipitata al 13% negli Stati Uniti.

“In molti casi le disuguaglianze sono assolutamente sottovalutate – commenta Piketty, autore del bestseller “Il Capitale nel XXI secolo” – e si spiegano con l’affossamento dei redditi più bassi ma anche da una disparità considerevole in ambito educativo e una fiscalità sempre meno progressiva. E’ la dimostrazione che le politiche pubbliche hanno un forte impatto sulle disuguaglianze”.

Principale vittima di questo inarrestabile processo è, come più volte emerso, la classe media mondiale. Mentre infatti, nel periodo preso in esame, l’1% più ricco della popolazione globale si è accaparrato il 27% della ricchezza totale, ai più poveri è rimasto solo il 12%, ma la loro ricchezza è comunque cresciuta dal 1980 al 2016. Chi invece è rimasto al palo è la fascia di mezzo, che quasi non ha registrato aumenti di reddito. E secondo le previsioni dello studio coordinato da Piketty, da qui al 2050 la classe media mondiale vedrà ulteriormente ridursi la sua parte di torta, dal 29% al 27%. “Ma questo processo non è inarrestabile – avverte Piketty -: dipende dalle scelte che saranno fatte”.

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