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Petrolio e rame mettono sotto pressione i mercati

Il crollo dei prezzi del greggio e del rame alimenta la sindrome da deflazione e turba i mercati finanziari – In ginocchio a Londra i big delle commodities – Euro sotto i livelli del debutto del ’99 – Draghi più forte e Qe più vicino – I casi di Telecom Italia, Eni ed Enel – Oggi Mps a Francoforte – La pubblicità dà ossigeno all’editoria

La confusione regna sovrana, specie sul fronte delle commodities. La revisione al ribasso delle stime sulla crescita da parte della Banca Mondiale ha innescato nuove vendite dal petrolio al rame, scivolato ai minimi da cinque anni. Ma, dopo una giornata di massicce vendite c’è stato un rimbalzo altrettanto violento: il greggio risale del 4,5% a 48,50 dollari in Usa per poi riprendere stamane in Asia la sua discesa (-1,1%). Ancor più contrastata la parabola del rame: oggi nuova caduta dei prezzi in Cina (-4,5%), nella serata di ieri recuperi alla City. 

In sintesi, una situazione fragile, aggravata dai segnali negativi in arrivo dagli Usa: “Il calo delle commodities aumenta il potere d’acquisto dei consumatori – è il commento di un operatore asiatico a Reuters – eppure le vendite al dettaglio sono ai minimi da 11 mesi: sono chiari sintomi di deflazione”. 

In questa cornice si inserisce la decisione, a sorpresa, del governatore della Bank of India, Raghuram Rajan (ex chief economist del Fondo Monetario), di tagliare i tassi di un quarto di punto per scongiurare in tempo il rischio di una caduta dell’inflazione. L’indice Sensex di Mumbai sale dell’1,8%. 

Tokyo sale dell’1,1%. Avanzano anche Hong Kong +0,2% e Shanghai +0,7%. Wall Street ha dimezzato le perdite nel finale dopo una seduta all’insegna dei ribassi. L’indice Dow Jones scende comunque dell’1,06%, S&P 500 -0,5%, Nasdaq dello 0,48%. A condizionare la seduta la trimestrale di JP Morgan (-3,5%), condizionata dall’impatto sui conti delle multe inflitte da tribunali ed autorità federali. Poche novità, in serata, dal Beige Book: la crescita Usa prosegue in tutti i dodici distretti, da modesta a moderata. Segnali di frenata dal Texas, colpito dalla crisi del petrolio. Da segnalare ancora l’interesse di Samsung per Blackberry.

IN GINOCCHIO A LONDRA I BIG DELLE COMMODITIES

Seduta negativa anche per le Borse europee, aggravata dai dati negativi sulla produzione industriale del Vecchio Continente. A Milano l’indice FtseMib ha perso l’1,5%. La Borsa di Parigi è scesa dell’1,5%, Francoforte -1,2%, Madrid -1,3%. Pesano su Londra le rilevanti perdite dei colossi delle materie prime: Glencore -9%, Bhp Billiton -5,6%, Rio Tinto -3,8%.

LA CORTE DI GIUSTIZIA PROMUOVE DRAGHI. L’ITALIA VARA UN BTP 30

Mario Draghi ha incassato ieri un significativo successo contro i”falchi”: l’avvocatura generale della Corte di Giustizia europea ha dato il suo assenso al programma Omt della Bce per l’acquisto di titoli di Stato dei Paesi membri, definendolo in linea con la legge “nella misura in cui certe condizioni sono soddisfatte”. L’approvazione spiana la strada dal punto di vista politico al varo il prossimo 22 gennaio il Quantitative easing in salsa europea, ovvero l’acquisto di vari tipi di strumenti finanziari, compresi titoli di Stato, pagati stampando nuova moneta.

Sul mercato dei titoli di Stato il rendimento del Btp a 10 anni ha segnato il nuovo minimo storico a 1,72%, lo spread è sceso a 130 punti. Nel frattempo il Tesoro ha comunicato di aver affidato ad alcune banche il mandato per il collocamento sindacato di un nuovo Btp benchmark a 30 anni per un ammontare previsto dagli operatori attorno ai 5 miliardi di euro.

L’EURO SOTTO I LIVELLI DEL DEBUTTO NEL GENNAIO ‘99

Dopo il sì condizionato della Corte europea del Lussemburgo al programma di acquisto bond, anche l’euro è sceso ai minimi da 9 anni sotto quota 1,1726 dollari, chiudendo a quota 1,789. La moneta unica è così tornata al di sotto della soglia fissata per l’introduzione di gennaio 1999. Si tratta dell’ennesimo minimo da nove anni. La flessione è particolarmente marcata anche nei confronti della sterlina, nei cui confronti l’euro si porta al record negativo da sei anni fino a sotto 77,45 pence.

CREDIT SUISSE CANCELLA TELECOM DALLA LISTA DEGLI M&A

Giornata no per Telecom Italia che perde il 2,7% lasciando sul terreno buona parte dei guadagni di martedì (+4,4%) e scivola a 0,8790 euro. All’origine del tonfo, la decisione di Credit Suisse (giudizio neutral, target price 1 euro) di togliere il titolo dalla lista delle 15 azioni che potrebbero essere oggetto di M&A nel prossimo futuro. Gli analisti della banca svizzera sostengono che, in seguito agli ultimi sviluppi del settore, è venuta meno la necessità di far cassa vendendo asset (Braile ma non solo) ed è perciò caduto l’appeal speculativo legato a possibili operazioni di Merger and Acquisition. Da quando Telecom Italia è stata inserita nella lista (luglio 2013), il titolo ha messo a segno un rialzo del 70% circa, per cui Credit Suisse suggerisce di prendere profitto.

Credit Suisse ha tolto dalla lista M&A anche Thyssenkrupp e Novavax, mentre ha aggiunto United Technologies, Emc e Detour Gold.

TORNA A SCENDERE ENI. ENEL RASTRELLA I VECCHI BOND

Ancora in rosso il comparto oil & gas. A Milano Eni ha chiuso la giornata con una perdita del 2,9%. Nomura ha tagliato il target price da 15,5 a 15,2 euro (giudizio reduce). A Parigi Total scende dell’1%, a Londra Bp -3%. In calo anche Tenaris (-2%). Ribasso fenato per Saipem, -0,8%: Banca Akros ha ridotto il prezzo obiettivo da 14 a 9,9 euro (accumulate). 

Exane Paribas ha ritoccato al ribasso il target price di Terna -2,47% (da 3,7 a 3,5 euro, underperform) e quello di Snam -2,48% (da 4,5 a 4,3 euro neutral). Enel -1,92% dopo avere lanciato sul mercato un’operazione di scambio di 6 bond esistenti con un nuovo titolo a 10 anni. 

OGGI LA MISSION IMPOSSIBLE DI MPS A FRANCOFORTE

Banca Monte Paschi (-0,6%) in ribasso alla vigilia della missione odierna di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola a Francoforte con l’intento di strappare alla Vigilanza Europea condizioni meno severe sul fronte del rafforzamento del patrimonio. 

Il resto del settore si è mosso in ordine sparso, in attesa del Qe. Arretra Unicredit (-1,2%), quasi ferma Intesa (-0,1%) dopo il lancio di un covered bond da 1 miliardo. Sono positive Banca Popolare Milano (+1,7%, il titolo bancario favorito da Equita che rilancia un possibile matrimonio con Bper) e Ubi (+0,4%). 

BOCCATA D’OSSIGENO PER L’EDITORIA 

Nel resto del listino da segnalare la frenata di Fca (-1,83%) nonostante Mediobanca Securities abbia alzato il prezzo obiettivo da 12 a 13,2 euro, continuando a puntare sul titolo (outperform) ipotizzando una fusione con un competitor dopo la quotazione del Cavallino Rampante, ma non prima del 2016.

I dati Nielsen sulla pubblicità di novembre hanno offerto uno spiraglio d’ottimismo al mercato pubblicitario italiano: sale Rcs del 4,05%. Infine rallenta Wdf (-1,24%) in attesa della presentazione del nuovo business plan 2015-2017.

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