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Pensionamento flessibile attraverso il part-time: è la proposta di Ichino (Scelta civica)

Il giuslavorista e altri senatori di Scelta Civica sostengono l’introduzione del part-time per i lavoratori anziani, eventualmente anche come canale per una “staffetta generazionale”. Le misure rivitalizzerebbero il mercato del lavoro a costi contenuti per le finanze pubbliche – I soldi proverrebbero dal “piano Giavazzi” per il riordino degli incentivi

Pensionamento flessibile attraverso il part-time: è la proposta di Ichino (Scelta civica)

Dal mare magnum delle proposte in materia pensionistica capaci di salvaguardare le prospettive di lavoro dei giovani, ne emerge una interessante ad opera di alcuni senatori di Scelta civica capitanati da Pietro Ichino.
La proposta di legge viene presentata come specificatamente volta a rivitalizzare il mercato del lavoro italiano attraverso la rimozione degli ostacoli che frenano la domanda e l’offerta nella fascia dei sessantenni. Le misure ipotizzate assumono ancor più rilievo considerato i problemi transitori sorti dopo l’abolizione del pensionamento di anzianità e l’aumento dell’età del pensionamento di vecchiaia, come disposti dal decreto «salva-Italia».
L’iniziativa consta di tre opzioni:

– la possibilità di riduzione dell’orario di lavoro dal tempo pieno al tempo parziale per i lavoratori nel quinquennio precedente al pensionamento, con agevolazione della copertura previdenziale per la parte che rimarrebbe altrimenti scoperta. Escludendo la contribuzione figurativa dello Stato (troppo onerosa per le finanze pubbliche), l’agevolazione consisterebbe nel permettere il versamento volontario (e senza oneri aggiuntivi) dei contributi mancanti da parte dell’impresa e/o del lavoratore stesso. Per le imprese questa soluzione configurerebbe comunque un risparmio di spesa, anche se esse si accollassero per intero la contribuzione mancante. Per i lavoratori resterebbe una perdita di reddito, ma a fronte di maggior tempo libero.

– la possibilità che il part-time del lavoratore anziano, sia sorretto dalla contribuzione figurativa a carico (parzialmente) dello Stato e della regione, se associato all’assunzione di un giovane in corrispondenza con la riduzione dell’orario dei lavoratori anziani. Il neo-assunto deve avere massimo 29 anni in caso di apprendistato e 35 anni in caso di contratto a tempo indeterminato, inoltre, a scanso di equivoci, sono esclusi affini o parenti del lavoratore anziano fino al terzo grado. Per le finanze pubbliche l’incentivo è sorretto dal presupposto che dall’assunzione del giovane derivi immediatamente un’entrata fiscale e previdenziale aggiuntiva, perciò compensativa di quanto sostenuto per l’anziano, nonchè un generale contributo alla crescita.

– la possibilità di attivazione di un pensionamento parziale, sempre in corrispondenza del part-time di cui al punto primo. Il lavoratore chiederebbe un anticipo di pensione, che gli consentirebbe di compensare la riduzione del salario e, almeno in parte, l’eventuale quota di contribuzione pensionistica volontaria a suo carico. Alla data di pensionamento effettivo, l’importo della pensione sarebbe ricalcolato in modo da scontare – entro 15 anni – i ratei già percepiti. Qui si determina un onere aggiuntivo per le finanze pubbliche, ancorché contenuto, connesso alla maggiore aspettativa di vita al momento dell’accesso all’anticipo di pensione.

Per i cosiddetti “esodati” verrebbe istituito un incentivo all’assunzione con contratti di lavoro subordinato ordinario, costituito da uno sgravio contributivo totale e dall’estensione a un anno del limite massimo di durata del periodo di prova; inoltre l’estensione ad essi di un congruo trattamento di disoccupazione.

Nelle intenzioni dei proponenti il piano sarebbe finanziato coi risparmi provenienti dal riordino degli incentivi alle imprese (secondo il progetto elaborato per incarico del Governo da Francesco Giavazzi), e costerebbe 600 milioni di euro nel 2013 e 900 negli anni successivi. Questi importi confluirebbero in un “Fondo nazionale a sostegno del pensionamento flessibile e della solidarietà intergenerazionale” creato ad hoc per l’implementazione delle misure sopra enunciate. La parte di risparmi, quantificabili in circa 2,5 miliardi di euro annui, rimanente sarebbe destinata alla riduzione della base imponibile Irap costituita dal costo del lavoro. A partire dal 2016 invece, esaurita la fase transitoria in cui opera il fondo, l’intero ammontare dei risparmi prodotti dal riordino degli incentivi sarebbe destinato alla riduzione del cuneo fiscale e contributivo sui redditi di lavoro.

Di fatto nell’idea dei senatori di Scelta civica  il piano di riordino degli incentivi non si tradurrebbe pienamente in una sottrazione di risorse per le imprese, bensì i fondi liberati rimarrebbero in parte, direttamente o indirettamente, destinati a favore di queste ultime.

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