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Pd e Cinque Stelle, a piccoli passi verso una casa comune?

Dall’alleanza di governo, impensabile fino a qualche mese fa, Cinque Stelle e Pd sono passati alle alleanze regionali: il prossimo passo sarà una lista comune alle politiche o addirittura una fusione tra i due partiti? Chi la guiderà e che segna politico avrà?

Pd e Cinque Stelle, a piccoli passi verso una casa comune?

Tre indizi non sono una prova ma fanno riflettere. Dopo l’imprevedibile accordo di governo, Pd e Cinque Stelle finiranno per costruire una casa comune? Nel senso di una lista comune alle prossime elezioni politiche e non solo alle regionali o addirittura nel senso di una fusione tra i due partiti? E’ un tema che solo qualche mese sarebbe parso a dir poco inverosimile ma che da qualche settimana agita i palazzi della politica. Per ora sono solo ipotesi, sussurri, paure e speranze ma la nascita del Governo Conte 2, il divorzio di Matteo Renzi dal Pd, i timori dei Cinque Stelle e soprattutto del Pd per l’imminente voto regionale, il declino della leadership di Luigi Di Maio all’interno stesso del suo Movimento, l’evanescenza della segreteria Zingaretti nel Pd e, non da ultimo, i giochi già avviati per la non lontanissima elezione del prossimo Presidente della Repubblica sono tutti elementi che alimentano le suggestioni più ardite.

Del resto, sono le parole stesse dei leader a tracciare, con le loro allusioni, nuovi scenari, fino a poco tempo fa impensabili.

PRIMO INDIZIO

Partiamo dal fondo. Che cosa avrà mai voluto dire il premier Giuseppe Conte nella conclusione della sua intervista di sabato scorso al Corriere della Sera? Il premier ha risposto così a una domanda sull’Umbria come laboratorio dell’alleanza M5S e Pd: “E’ un po’ esagerato parlare di laboratori. C’è un progetto politico che va costruito. Siamo ancora all’inizio”. Insomma, siamo all’inizio ma il progetto di unità c’è: è il premier che lo dice ed è lo stesso personaggio politico, apparso l’anno scorso all’improvviso sulla scena nazionale, che oggi non nasconde più di tanto le sue mire sul Quirinale o, in alternativa, a diventare la guida dell’abbraccio tra Pd e Cinque Stelle in una nuova edizione del bipolarismo italiano. Fateci caso: da Conte piovono tante critiche, alcune perfino scomposte, a Renzi con cui i rapporti sono gelidi, ma mai nessuna al Pd, eppure il suo Governo sta in piedi con i voti – determinanti – sia dell’uno che dell’altro partito.

SECONDO INDIZIO

Ancora più esplicito del premier è il capo della delegazione Pd nel Governo Conte 2, il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, antesignano dell’abbraccio con i Cinque Stelle che, in occasione di un recente comizio a Cortona, nel corso della campagna elettorale regionale a sostegno del candidato Pd-M5S, Vincenzo Bianconi, ha detto testualmente ai suoi compagni e agli alleati grillini: “Dobbiamo costruire la casa comune con le armi con cui fino a ieri ci siamo combattuti”. Chiaro? Se le parole hanno un senso, “casa comune” tra Pd e Cinque Stelle non è una semplice alleanza, ma è molto di più e può arrivare, a tempo debito e legge elettorale permettendo, fino alla fusione tra le due forze politiche oggi partner di Governo.

TERZO INDIZIO

I Cinque Stelle erano stati al Governo anche con la Lega ma allora mai s’era ipotizzata una alleanza anche elettorale, cosa che invece sta avvenendo col Pd in Umbria e forse in seguito anche nelle altre regioni in cui si voterà. Rispetto alla semplice alleanza di governo è un passo avanti indiscutibile che sembra portare a un abbraccio molto più impegnativo tra le due forze politiche – Cinque Stelle e Pd – e cioè all’alleanza elettorale su scala nazionale e poi forse alla fusione.

Ci si arriverà davvero alle nozze? La prova del nove sarà la prossima legge elettorale che il Pd ha chiesto per bilanciare il taglio dei parlamentari voluto dai Cinque Stelle e per correggere le conseguenti distorsioni in termini di rappresentanza territoriale. Se la nuova legge sarà ancor più proporzionale, come oggi chiedono i grillini, non sarà un incentivo alla fusione Pd-Cinque Stelle ma se, al contrario, si tornerà al maggioritario la spinta all’unione, politica ed elettorale, tra M5S e Pd sarà irresistibile, anche se il rischio di rimettere in pista Matteo Salvini sarebbe assai forte.

Ma, nel caso di un abbraccio sempre più stretto, chi guiderà i giochi? Il Pd o i Cinque Stelle? Il politologo Angelo Panebianco non ha molti dubbi e scrive sul Corriere: “Oggi non è così scontato che il Pd possa fagocitare i Cinque Stelle (o che possa, per lo meno, riprendersi i voti ceduti ai grillini). E’ possibile che avvenga il contrario, ossia che sia il Pd ad essere fagocitato” perchè, “nonostante tutte le loro fragilità, i Cinque Stelle possiedono un’identità forte” mentre “il Pd, dal punto di vista identitario, non è nè carne nè pesce”. Solo che un’egemonia grillina sulla casa comune con il Pd avverrebbe all’insegna del populismo. Populismo di sinistra, ma pur sempre populismo.

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