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Pagamenti Pa in ritardo: l’Ue deferisce l’Italia

Il provvedimento arriva a tre anni dall’apertura della procedura d’infrazione – Bruxelles spiega: “Riconosciamo gli sforzi fatti, ma non bastano: l’attesa medie delle aziende è ancora di 100 giorni”

Pagamenti Pa in ritardo: l’Ue deferisce l’Italia

La Commissione europea deferisce l’Italia alla Corte di Giustizia di Strasburgo per i ritardi nei pagamenti della Pubblica amministrazione alle imprese, che violano le norme dell’Unione. Secondo una direttiva del 2001, infatti, le amministrazioni pubbliche devono pagare le merci e i servizi acquistati entro 30 giorni o, in circostanze eccezionali, entro 60 giorni da quando ricevono la fattura. E ogni ritardo nel pagamento dà il diritto agli interessi di mora e a un minimo di 40 euro come risarcimento delle spese di recupero.

La lente di Bruxelles su questo tema non è una novità. L’Ue ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia tre anni fa e lo scorso febbraio ha inviato un ulteriore avvertimento a Roma. Tutto inutile: nonostante “gli sforzi fatti”, secondo Bruxelles la media dei tempi dei pagamenti della Pa italiana resta a “100 giorni”, per giunta “con picchi che possono essere nettamente superiori”. Perciò alla fine è scattato il deferimento alla Corte di Giustizia.

La Commissione europea spiega in una nota che la normativa sui pagamenti della Pubblica amministrazione riveste una “grande importanza” ed è perciò necessario che le regole vengano rispettate in modo rigoroso. “La puntualità dei pagamenti è particolarmente importante per le Pmi – spiega ancora Bruxelles – che confidano in un flusso di cassa positivo per assicurare la propria gestione finanziaria, la propria competitività e, in molti casi, la propria sopravvivenza”.

L’Esecutivo comunitario “riconosce gli sforzi compiuti dal governo italiano” in questi anni “per migliorare la situazione in seguito all’avvio della procedura di infrazione con lettera di costituzione in mora nel giugno 2014 e il successivo invio del parere motivato nel febbraio 2017”. Tuttavia, i provvedimenti presi fin qui non sono stati sufficienti.

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