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Nuovi taxi, chi li ha visti? I tassisti scioperano contro il Governo ma dovrebbero ringraziarlo per la sua inerzia

Nove mesi dopo il Decreto Asset non è ancora stata concessa una nuova licenza di taxi. Duro j’accuse dell’Antitrust per 5 città

Nuovi taxi, chi li ha visti? I tassisti scioperano contro il Governo ma dovrebbero ringraziarlo per la sua inerzia

La nuova protesta dei tassisti contro i decreti Salvini, ritenuti troppo favorevoli agli Ncc, è a dir poco paradossale. La realtà parla da sola e i cittadini la conoscono bene: le nuove auto bianche promesse un anno fa dal Governo per far fronte all’emergenza taxi non si vedono. Nove mesi dopo l’approvazione del cosiddetto Decreto Asset che avrebbe dovuto facilitare l’arrivo di nuovi taxi nelle grandi città, non una nuova licenza è stata concessa. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, scarica la responsabilità sulla lentezza dei Comuni nell’organizzare i bandi per le nuove licenze, ma in realtà fin dalle prime avvisaglie del Decreto Asset le amministrazioni comunali delle grandi città avevano avvisato il ministro sulla macchinosità del nuovo provvedimento. Sia come sia le lunghe file di cittadini in attesa di un taxi sono purtroppo la norma e l’Antitrust è dovuto di nuovo intervenire per denunciare l’insostenibilità della situazione nelle città di città come Roma, Milano, Napoli, Firenze e Palermo dove trovare un’auto bianca è un miraggio. Ora, soprattutto a Milano e a Roma, qualcosa si muove e prima o poi i nuovi taxi dovrebbero arrivare. Ma quanto tempo ancora dovremo attendere perché la ricerca di un taxi non diventi ogni volta una fatica di Sisifo? Tutto ciò non è casuale ma è il frutto dell’attenzione del Governo a lobby e corporazioni (quella dei tassisti in testa) per costruire quello che il politologo Carlo Galli definisce lo “Stato dei padroncini”, uno Stato che porterà probabilmente voti alla premier Giorgia Meloni ma che non ha futuro perché è lontanissimo da rispondere alle grandi sfide epocali che attendono l’Italia e l’Europa come Mario Draghi non si stanca di ricordare.

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