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Nomine pubbliche: spoils system in arrivo ai vertici della Sanità e della Cultura

Tempo di spoils system e nomine anche per la salute e i Beni culturali. Dalla Sanità via tutti i tecnici che hanno fornito consigli ai governi Conte e Draghi durante la pandemia. Mentre il ministro Sangiuliano vuole riorganizzare il Mic con un emendamento al decreto Pa

Nomine pubbliche: spoils system in arrivo ai vertici della Sanità e della Cultura

Lo spoil system incombe e il Governo Meloni si appresta a ribaltare sia i vertici della Sanità che quelli del ministero della Cultura dopo la primavera delle nomine nei grandi gruppi pubblici. Per quanto riguarda la nuova squadra del ministro della Salute, Orazio Schillaci, l’obiettivo è far fuori le figure iconiche del periodo Covid. Dopo Gianni Rezza – pensionato a maggio e sostituto da Francesco Vaia – e Nicola Magrini, allontanato a gennaio e sostituito da Anna Rosa Marra, toccherà a Silvio Brusaferro e più avanti a Franco Locatelli farsi da parte. Ma anche per il mondo della Cultura si prospetta un vero e proprio ribaltone. Il piano del ministro Gennaro Sangiuliano, secondo quanto scrive “la Repubblica”, sarebbe quello di far decadere – indirettamente – tutti gli attuali dirigenti generali per poi sostituirli – aumentando i posti a sedere – con nuove figure scelte personalmente dal ministro con il solo passaggio in Cdm. Ma andiamo con ordine.

Nomine Sanità: Brusaferro (Iss) e Locatelli (Css) in uscita

La prima decisione da prendere riguarda l’Istituto superiore di sanità (Iss). A partire proprio dal presidente Silvio Brusaferro – come riporta “la Repubblica” – che ha il contratto in scadenza il 24 luglio e risulta indagato nell’inchiesta di Bergamo. Motivo per cui, secondo la “dichiarazione di non avere procedimenti penali in corso a proprio carico, oltre a quella canonica di non aver avuto condanne”, non potrebbe ripresentarsi. Il totonomine è partito da tempo. E anche se si sa che molto spesso, l’indicazione buona resta al coperto ed esce dal cilindro all’ultimo momento, tra coloro che si giocano l’incarico ci sarebbe Anna Teresa Palamara, che dirige il dipartimento di malattie infettive dello stesso istituto, ma anche Rocco Bellantone, chirurgo ed endocrinologo ordinario al Gemelli. Avrebbe buone chance anche Ferdinando Romano, direttore della Asl dell’Aquila e tecnico con buoni rapporti nel centrodestra.

La tensione è alta all’Aifa, in attesa che venga approvata la riforma, annunciata dal governo da mesi, e destinata a cambiare il volto dell’agenzia competente per l’attività regolatoria dei farmaci in Italia. Come sappiamo, il direttore generale in carica durante il Covid, Nicola Magrini, è stato allontanato già a gennaio. Dopo la riforma, però, il direttore non esisterà più ma a guidare l’agenzia resterà il solo presidente. E chi copre oggi questo incarico con molte probabilità sarà confermato. Giorgio Palù (75 anni), già ordinario di microbiologia e virologia di Padova considerato in quota Lega, ma molto apprezzato anche da Fratelli d’Italia nonostante il fattore età. Che non è stato un problema neanche per quanto riguarda la Prevenzione. Francesco Vaia (69 anni), direttore dello Spallanzani, ha sostituito Rezza da maggio.

Sempre al ministero — dove anche il capo di Gabinetto Arnaldo Morace Pinelli scelto da Schillaci potrebbe già lasciare — è atteso il cambiamento di una delle direzioni più importanti, quella della Programmazione. E il cambio è quasi certo: Stefano Lorusso, indicato da Roberto Speranza, si presta a lasciare la poltrona a Americo Cicchetti, attuale direttore dell’Altems, scuola di economia e management sanitario, dell’Università Cattolica.

Infine, Matteo Bassetti, l’infettivologo genovese, dovrebbe prendere il posto dell’oncologo Franco Locatelli, come presidente del Consiglio superiore di sanità. Schillaci sta preparando la riorganizzazione del suo dicastero, dove verranno tra l’altro creati 4 dipartimenti. Quando sarà approvata decadranno tutti gli incarichi, compreso quello del Consiglio.

La mossa di Sangiuliano per riorganizzare il Mic

E poi c’è il capitolo Cultura. La settimana prossima, scrive “la Repubblica”, approderà in aula il decreto Pubblica amministrazione che va convertito in legge prima della pausa estiva: ed è proprio in quel momento che il Governo depositerà un emendamento al testo base, ora al Tesoro per la bollinatura, destinato a riformare l’organizzazione dell’intero dicastero. Come? In genere sono due le modalità con cui si procede alla revisione delle strutture ministeriali: per legge o attraverso regolamenti organizzativi in forma di decreti del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio. La legge ha paletti molto rigidi, per questo si preferisce il regolamento. Che però deve seguire un iter ben preciso e piuttosto articolato: approvazione in Cdm, parere del Consiglio di Stato, ritorno in Cdm, parere delle competenti commissioni parlamentari, registrazione della Corte dei Conti. Ma che con l’ultimo emendamento saranno bypassate.

Ma come cambiera il Mic? Con la modifica al decreto legge 75/2023 salta la figura del segretario generale per resuscitare i capi dipartimento, aumentati da 3 a 5 rispetto al sistema seguito nel 2004 dall’allora ministro Rocco Buttiglione, sotto cui insisteranno le 11 direzioni generali (Cinema, Spettacolo, Musei, Archivi, Biblioteche…) oggi coordinate dal solo segretario generale. Ma il sistema di Buttiglione, si rivelò presto un flop, e fu cambiato nel giro di due anni da Francesco Rutelli. Mentre fonti del Collegio romano difendono la mossa sostenendo che “l’obiettivo è avere una gestione più agile ed efficiente, mentre la maggior parte dei dirigenti apicali verrà presa dall’interno”.

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