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Negozi chiusi la domenica: tutti i pro e i contro

Dopo l’annuncio del vicepremier Di Maio, molte voci si sono levate a difesa o contro il provvedimento di chiusura di negozi e centri commerciali la domenica – Ecco quali sono i pro e i contro della proposta. VIDEO

Negozi chiusi la domenica: tutti i pro e i contro

Serrande abbassate la domenica e acquisti online “proibiti”. Il vicepremier Luigi Di Maio sembra ormai sicuro che questa sia la strada giusta da intraprendere e tira dritto nonostante le proteste: “Entro l’anno approveremo la legge che impone lo stop nei fine settimana e nei festivi ai centri commerciali. L’orario liberalizzato dal governo Monti sta distruggendo le famiglie italiane. Bisogna ricominciare a disciplinare aperture e chiusure”, ha affermato il ministro del lavoro e dello Sviluppo Economico, precisando però che “nessuno dice che nel weekend non si può andare a fare la spesa, inseriamo una turnazione. Resta aperto il 25% e l’altra parte chiude a turno”.

Dopo l’annuncio arrivato all’inizio dell’estate, adesso è c’è anche la conferma. Giovedì 13 settembre comincerà l’esame delle proposte presentate dai partiti di maggioranza ed opposizione. Sono cinque in tutto: a quelle di Lega (prima firmataria Barbara Saltamartini) e M5S (firmatario Davide Crippa), se ne aggiunge del Pd (a prima firma Gianluca Benemati), una del Consiglio regionale delle Marche e una di iniziativa popolare.

La proposta del Carroccio prevede che i negozi possano restare aperti solo le domeniche di dicembre e altre quattro domeniche spalmate in tutto l’anno a seconda delle varie decisioni delle Regioni, d’intesa con gli enti locali. I Cinque Stelle propongono invece 12 aperture domenicali in tutto l’anno, eccezion fatta per i Comuni turistici. L’intenzione del partito democratico è invece quella di vietare l’apertura dei negozi per 12 giorni l’anno, tra domeniche e festivi. Per 6 di questi 12 giorni si potrà però comunque scegliere di alzare le serrande, previa comunicazione al proprio Comune. 

Lo scopo è quello di riportare indietro le lancette a prima del 2011, quando con il decreto Salva Italia il Governo Monti varò la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi per la somministrazione.  

Il problema è che non tutti hanno accolto la novità con manifestazioni di gaudio e approvazione. Anzi, da più parti sono arrivati moniti e avvertimenti. I rischi nascosti in queste proposte, nonostante le buone intenzioni, sono molto alti: danni ai consumi e perdite occupazionali su tutti.

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NEGOZI CHIUSI LA DOMENICA: I PRO

Tra chi vede dei lati positivi nelle chiusure domenicali ci sono, com’è ovvio, i sindacati, da sempre schierati contro la deregolamentazione e il conseguente “far west” creato, secondo loro, dalla liberalizzazione del 2011 che avrebbe portato solo più lavoro precario e una più scarsa qualità della vita.

Confcommercio parla invece di “una regolamentazione minima e sobria” come di una “via percorribile e imprescindibile”, mentre Filcams-Cgil e Confesercenti sottolineano che le chiusure domenicali porteranno solo guadagni ai piccoli esercenti.  La legge del 2011 infatti, avrebbe “causato la chiusura di migliaia di negozi che non potevano sostenere aperture 24 ore su 24 e 7 giorni su 7”.

Tra la schiera di coloro che vedono solo vantaggi nella proposta c’è la Chiesa. Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso, ex presidente della Commissione Cei per il Lavoro e  contrario alle aperture domenicali ha addirittura definito l’intenzione del Governo “Una grazia di Dio”. “Fu Costantino a introdurre, nel lontano 321, il riposo festivo”, sottolinea Bregantini.

Più tempo per stare con la famiglia, una maggiore equità sociale e lavorativa sarebbero dunque i principali “pro” di questa proposta. Cui si aggiunge lo stop all’e-commerce (nessuna consegna la domenica) per evitare che i consumatori sostituiscano i negozi fisici con quelli online, danneggiando la filiera.

NEGOZI CHIUSI LA DOMENICA: I CONTRO

Forti preoccupazioni sono invece espresse dai rappresentanti della grande distribuzione, che avvertono sul rischio di forti ricadute a livello occupazionale. Addirittura a rischio ci sarebbero tra i 30 e i 50mila posti di lavoro, secondo l’ad e dg di Conad, Francesco Pugliese. Dello stesso avviso il presidente di Federdistribuzione, l’associazione che riunisce le aziende della distribuzione, Claudio Gradara: un provvedimento di cui “non vediamo la necessità e l’opportunità” e di cui “non si capisce la tempestività”.

Dati alla mano, la gdo potrebbe subire un forte calo degli incassi, tenendo conto che, in base ai dati, la domenica è il secondo giorno per incasso dopo il sabato, con 12 milioni di italiani che preferiscono fare la spesa o dedicarsi allo shopping proprio la domenica.

Non solo, secondo un’intervista rilasciata da Gradara al Corriere della Sera “la liberalizzazione aveva fatto segnare un aumento (dei consumi, ndr.)  dell’ 1% per i prodotti alimentari e del 2% per i non alimentari. I posti di lavoro a rischio, per l’ intero settore, sarebbero tra i 30 e i 40 mila mentre sugli investimenti abbiamo già i primi segnali di grandi gruppi che, prima di andare avanti, vogliono capire come finirà questa storia”.

Alessandro De Nicola, presidente dell’Adam Smith Society, su Repubblica parla invece di “proposta liberticida e arbitraria”, sottolineando non solo che i negozi non sono assolutamente obbligati dalla legge ad aprire la domenica, “chi vuole lo fa, altrimenti chiude la saracinesca”, ma anche che gli stessi lavoratori hanno diritto a una serie di garanzie previste dai contratti collettivi che vanno dai riposi settimanali alle maggiorazioni sui compensi.

 

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