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Ministero transizione ecologica: ecco come funziona all’estero

La proposta dei 5 Stelle, accolta dal premier incaricato Mario Draghi, vanta già alcuni precedenti in Europa: ma a Parigi la svolta green ha innescato i gilets gialli.

Ministero transizione ecologica: ecco come funziona all’estero

Il Super Ministero della Transizione ecologica. Così dovrebbe chiamarsi la nuova “creatura” grillina, il nuovo dicastero proposto dai 5 Stelle al premier incaricato Mario Draghi intanto per convincere i propri elettori dell’aderenza del nuovo governo al progetto originario (come è noto, l’ambiente è una delle “cinque stelle”) e poi per provare a dare concreta attuazione al Green New Deal e agli investimenti del Recovery Plan, molti dei quali saranno proprio dirottati sugli obiettivi climatici. La novità istituzionale non è però assoluto, almeno in Europa: lo stesso Draghi, nell’assecondare l’esigenza del Movimento, ha detto di aver guardato al modello francese, che non è nemmeno l’unico. Qualcosa del genere si sta vedendo anche in Spagna, Svizzera e Belgio.

Il modello più interessante rimane quello francese del “Ministero della Transizione ecologica e solidale”, istituito nel 2017 dal presidente Emmanuel Macron. A dirla tutta però non sta portando granché bene: affidato inizialmente ad una personalità popolarissima come Nicolas Hulot, ex conduttore tv di programmi a tema naturalistico, dopo 15 mesi l’ambizioso progetto subisce un primo stop, con le dimissioni del ministro voluto personalmente da Macron. Il piano ha un doppio difetto: non è sufficiente ha rispettare gli accordi di Parigi, ma allo stesso tempo iniziava ad incidere pesantemente sulla vita dei cittadini, al punto da innescare nell’autunno del 2018 la protesta dei gilets gialli, nata proprio come reazione all’ecotassa sui carburanti inquinanti, in particolare il diesel.

Il presidente ha provato poi a raddrizzare la rotta, facendosi paladino anche a livello internazionale dell’impegno ambientalista: prima provando (invano) a convincere l’ex presidente americano Donald Trump a firmare gli accordi di Parigi del 2015 sul contenimento del riscaldamento globale, poi provando ad intercettare l’onda green venuta fuori alle ultime elezioni amministrative francesi, nel 2020, quando in molti Comuni anche importanti sono stati eletti sindaci Verdi e la stessa Anne Hidalgo, prima cittadina uscente di Parigi, è stata riconfermata grazie ad un programma tutto improntato all’ecologia. Macron, già prima della tornata elettorale, aveva fiutato il vento e a fine 2019 aveva lanciato la “Convenzione per il clima”, una piattaforma di 150 cittadini tirati a sorte, chiamati a proporre misure “per ridurre di almeno il 40% l’emissione di gas serra entro il 2030”.

L’iniziativa ha raccolto 149 proposte, alcune delle quali cassate ma molte recepite in un progetto di legge presentato proprio due giorni fa: 65 articoli, tra i quali la cancellazione di alcune rotte aeree se il treno di mette meno di due ore e mezza, o il divieto di pubblicità per le energie fossili (benzina, ma anche sigarette). La formula non convince gli esperti, che la ritengono insufficiente, ma potrebbe essere nelle corde dei 5 Stelle, a cui non dispiace coinvolgere attivamente il proprio elettorato. Anche la Spagna ha creato il “Ministero per la Transizione ecologica e la sfida demografica”: istituito nel 2018 dal governo Sanchez, ha radunato le funzioni di Energia, Agricoltura e Ambiente. Sta funzionando? Per ora ha ottenuto uno storico accordo con sindacati e imprese per la chiusura delle miniere di carbone.

In Svizzera invece è stato creato nel 2019 il “super dipartimento federale” dedicato proprio alla transizione ecologica, che sta lavorando ad una strategia ambientale a lungo raggio (2050), che si occupi anche ci creare posti di lavoro. Infine il Belgio, dove dal 2020 esiste il ministero per il Clima, l’Ambiente, lo sviluppo sostenibile e il Green Deal.

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