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Millennials, risparmio e pensione: il 62% sceglie gli Etf

Un’indagine di Natixis Investment Managers ci mostra un profilo dei Millenials diverso dall’immagine che la maggior parte delle persone hanno di loro, soprattutto quando si parla di investimenti. E la maggior parte di loro considera gli Etf la scelta migliore per difendere e valorizzare i risparmi

Cresciuti in un’epoca di elevata incertezza economica, gli individui nati tra il 1980 e il 2000 sono spesso identificati come persone che non riescono a trovare un lavoro significativo, un po’ per voglia un po’ per mancanza di opportunità, e sempre alle prese con i digital device. Sono individui che sono stati fino a oggi in qualche modo ignorati dall’industria finanziaria che crede non abbiano patrimoni da investire né siano interessati a costruirsene uno. La nostra indagine ha intervistato oltre 2.400 individui con un salario annuo medio compreso tra i 50.000 e i 150.000 dollari e quello che è emerso è completamente diverso da quanto si pensa e l’industria del risparmio gestito deve imparare a conoscere questa nuova tipologia di investitori, che ha caratteristiche ben precise.

Prima di tutto, i Millennials hanno ben chiari in mente i loro obiettivi di investimento – lo dichiara oltre il 60% degli intervistati – e per raggiungerli già partecipano a piani finanziari. Ma se da un lato, essendo relativamente giovani, hanno orizzonti di investimento non superiori ai cinque anni (nel 64% dei casi), probabilmente perché si trovano in quella fase della vita dove eventi importanti (l’acquisto di una casa o la costruzione di una famiglia) potrebbero essere dietro l’angolo e vi potrebbe dunque essere la necessità di avere il proprio patrimonio a disposizione in breve tempo, dall’altro hanno ben presente le necessità di lungo termine e hanno iniziato a risparmiare per la propria pensione. Nati e cresciuti, infatti, in un periodo di elevata incertezza economica, con redditi potenzialmente inferiori rispetto a quelli dei propri genitori, i Millennials hanno la necessità di far quadrare i conti tra quello che possono risparmiare per la pensione e i bisogni di breve termine.

Per questo motivo, oltre la metà di loro assume un comportamento molto più conservativo e da una preferenza per la preservazione del patrimonio rispetto a una ricerca di performance più elevate. Anche perché, guardando alla pensione, la stragrande maggioranza dei Millenials è ben consapevole di quanto questa sia un concetto astratto e del fatto che non potrà certo contare su un aiuto pubblico dopo la fine della vita lavorativa.Questo è  sicuramente uno dei fattori più rilevanti che incide nella decisione di aderire o meno a piani pensionistici. Tuttavia, circa il 60% ritiene che un reddito aggiuntivo per la propria pensione arriverà anche da una eventuale eredità, mentre il 51% pensa che saranno i figli a contribuire e ad aiutarli. Come si diceva inizialmente, lo stereotipo delinea i Millenials interconessi più online che attraverso rapporti interpersonali.

Quando però si parla di finanza e di decisioni di investimento, il profilo cambia decisamente. L’86% degli individui intervistati nel corso della nostra indagine, afferma di fidarsi dei consulenti finanziari tanto quando si fiderebbe di sé stesso, una percentuale decisamente più elevata rispetto al 39% che si affida unicamente ai social network per le questioni finanziari. Questo significa che nell’ambito degli investimenti, anche i Millenial preferiscono essere consigliati da una persona in carne e ossa piuttosto che da un dispositivo digitale. Sono relativamente pochi i paesi a livello globale – principalmente Canada, Cina e Giappone – dove i Millenials si affidano più alla tecnologia.

E la tipologia di investimenti? In questo ambito c’è un po’ di confusione tra le preferenze emerse in termini di strategia e i valori etici che vorrebbero fossero espressi dai loro investimenti. Dall’indagine emerge, infatti, una preferenza per gli investimenti passivi: scelti dal 68% dei Millenials perché ritenuti in grado di offrire maggiori ritorni, dal 60% perché relativamente economici da un punto di vista dei costi e dal 65% perché considerati meno rischiosi, riteniamo però vi siano numerosi i malintesi su cosa questi possono e non possono fare. Gli investimenti passivi, infatti, possono offrire ritorni elevati rispetto al benchmark quando i mercati vanno bene, ma offrono anche perdite comparabili quando i mercati vanno giù. Inoltre, vanno contro quello in cui i Millenials credono.

Il 62% degli intervistati afferma che gli investimenti passivi sono in grado di offrire accesso alle migliori opportunità presenti sul mercato, ma questo contrasta con il 58% che riconosce che i fondi passivi, che detengono tutte le società presenti all’interno di un indice, includono anche quelle aziende che potrebbero non essere compatibili con i loro valori personali. Per i Millenials è, infatti, importante che il loro patrimonio venga investito in strumenti in grado di fare del bene a livello sociale e quindi investire in Società che aderiscano a solidi principi e standard etici, ovvero ad esempio, che agiscano in modo etico, abbiano un impatto sociale positivo.

Dunque, i Millenials non sono i ragazzini che tutti credono, sono investitori molto più consapevoli di quanto tutti continuano a pensare. Ma come tutte le generazioni precedenti, hanno necessità di essere aiutati e guidati a raggiungere i loro obiettivi di lungo termine, soprattutto considerando il complesso scenario attuale che ci troviamo a navigare. È, quindi, necessario che l’industria del risparmio gestito inizi a considerarli come tali, li aiuti a risolvere i fraintendimenti in tema di investimenti e ad accrescere la loro cultura finanziaria.

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