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Mes ed Euro: ambiguità di Conte, bufale di Salvini e Meloni

Nella sua informativa al Parlamento sul Consiglio europeo di giovedì, il Premier è rimasto nel vago e non ha detto una parola sulla profonda recessione che ci attende – Ma il mercato non ha apprezzato e lo spread s’è subito impennato, anche per l’incertezza che seminano le strampalate idee della destra

Mes ed Euro: ambiguità di Conte, bufale di Salvini e Meloni

Nel suo intervento informativo al Parlamento, il presidente Conte, dovendo navigare tra gli scogli disseminati lungo la rotta dalla sua maggioranza e volendo schivare il quotidiano bombardamento delle opposizioni con argomenti di facile presa popolare, è stato vago ed ambiguo così da tentare di lasciarsi tutte le porte aperte. I passaggi chiave del suo discorso, infarcito comunque delle solite lamentazioni antieuropee, sono due: sul Mes ha detto che si sta lavorando per evitare qualsiasi condizionalità presente e futura, e sugli eurobond ha rivelato che c’è sul tavolo anche una proposta italiana, ma che a lui vanno bene anche quelle della presidente della Commissione Ursula von der Leyen, della Francia e della Spagna. Insomma, per Conte è importante che giovedì il Consiglio dei capi di Stato e di governo Ue vari uno strumento comune per finanziare l’uscita dell’Europa dalla recessione. Si tratta di fissare già giovedì un preciso indirizzo politico e poi in poco tempo si potranno mettere a punto i dettagli tecnici.

I mercati hanno colto soprattutto le difficoltà politiche in cui si deve muovere il governo ed hanno reagito spingendo lo spread oltre 260 punti, mentre le quotazioni azionarie hanno segnato nuovi ribassi.

Non è solo colpa del governo: è la confusa situazione politica italiana che mina la fiducia e quindi volge in negativo le aspettative del mercato sulla sorte del debito italiano. L’assurda polemica sul Mes nasconde infatti l’accresciuta forza del partito antieuropeo e di quelli che puntano esplicitamente ad uscire dall’Euro. Le condizioni per stare nella Ue, affermano con chiarezza Salvini e Meloni, si riassumo nella parola solidarietà, che secondo loro vuol dire trasferimenti di risorse gratuitamente dai paesi ricchi a quelli più svantaggiati, come l’Italia. E si badi che questi signori vorrebbero un trasferimento senza condizioni, in modo che siano i politici italiani a decidere come gestire queste risorse.

Intorno a questa pretesa i leghisti si ingarbugliano in tante ipotesi, tutte strampalate. Alcuni dicono che non dobbiamo cadere nella trappola dei soldi che ci vengono offerti da Bruxelles perché poi i burocrati europei vorranno controllare come sono stati spesi. E comunque si tratta di denari che dovremo restituire caricando sulle spalle dei nostri figli e nipoti un carico molto pesante. Quindi qualche colonnello leghista trova il coraggio di andare in TV a dire che meglio sarebbe chiedere un prestito per la ricostruzione agli italiani i quali, a suo parere, sarebbero così patriottici da concederlo a tassi molto bassi e magari con un rimborso a cento anni. Al di là dei polveroni retori, questi vuol dire che i leghisti vogliono impossessarsi con le buone o con le cattive, di una fetta del risparmio degli italiani.

Così come i sovranisti stanno diffondendo la favola che se avessimo le lire ne potremo stampare a nostro piacimento e così tutti i nostri problemi sia di bilancio pubblico che di reddito privato sarebbero risolti.

Trattandosi di favole palesemente assurde c’è da chiedersi se Leghisti e Meloniani, dai capi fino ai militanti, credano veramente a quanto vanno affermando o si tratti di una manovra per buttare all’aria in sistema italiano e quindi prendere il potere con facilità sulle macerie del sistema. Il guaio è che alcuni professori che girano intorno a questi partiti sono davvero convinti che l’Italia fuori dall’Euro godrebbe di una posizione di vantaggio e recupererebbe il passato benessere.

È una narrazione facile. Non richiede sacrifici alla gente né uno sforzo di immaginazione per progettare il futuro e per adattare le nostre regole alle necessità del cambiamento. Per avere dei soldi da Bruxelles su progetti precisi occorre avere la capacità di fare proposte concrete ed efficaci. Ma se non riusciamo a spendere nemmeno i fondi del programma di coesione che ci sono stati assegnati, come potremmo attingere alla quota parte del fondo di 1.500 miliardi che si vuole costituire?

Tutti presi da queste polemiche sul Mes e sull’Europa, trascuriamo di approfondire i temi da cui davvero dipenderà la ripresa della nostra economia. Nell’emergenza dovremo trovare sistemi più efficaci di sostegno alle imprese ed ai cittadini momentaneamente senza lavoro. Per le imprese non basta la fornitura di liquidità attraverso la concessione di crediti, occorre un sistema che rafforzi la loro struttura patrimoniale, senza andare verso la nazionalizzazione generalizzata che, come si è visto nella recente tornata di nomine, darebbe in mano ai politici un potere di lottizzazione enorme e inefficiente. C’è sul terreno una proposta dell’Assonime per la creazione di un fondo capace di rafforzare il capitale delle imprese ed una proposta dell’ex ministro Tria e del prof. Scandizzo che propone di dare un contributo pubblico alle imprese che possano dimostrare di aver perso una quota rilevante del proprio valore aggiunto. E non è questione di risorse.

Quanto già stanziato da Bruxelles è sufficiente per questa prima fase. Peraltro attingere al Mes ed agli altri fondi alleggerirebbe la pressione delle nostre emissioni di titoli sul mercato, contribuendo, insieme alla Bce, a tenere bassi i nostri tassi d’interesse, che sono per noi una variabile cruciale. Ricordiamo cosa accadde nel 2011 quando Berlusconi si lasciò sfuggire lo spread.

Superata l’emergenza ci vorrebbe una strategia per migliorare la competitività del nostro sistema che, anche prima della pandemia, non godeva di buona salute. Bisognerà fare investimenti, accompagnare la riconversione di parte dell’apparato produttivo, migliorare la scuola di ogni ordine e grado, ridurre il peso della PA, e creare un sistema giuridico stabile ed affidabile per le imprese.

E questo è un passaggio fondamentale per consolidare la fiducia degli investitori nei nostri confronti. Se come sembra ormai probabile avremo a fine anno un rapporto debito/Pil pari o superiore al 160%, allora sì che, se nel frattempo non avremo messo a punto la giusta tattica e una credibile strategia, potremo passare dei brutti momenti.

La cosa che più impressiona è proprio questa: nell’intervento di Conte nemmeno una parola è stata dedicata a questa prospettiva. Andiamo avanti giorno per giorno e sembriamo inconsapevoli delle difficoltà che dovremo affrontare. E non si tratta di ostacoli impossibili da superare. Basterebbe dotarsi delle attrezzature giuste.

2 thoughts on “Mes ed Euro: ambiguità di Conte, bufale di Salvini e Meloni

  1. Cioè fatemi capire visto che la moneta si crea dal nulla senza alcuna copertura a monte se ce la prendiamo a prestito dall’estero va bene se ce la stampiamo da soli con la nostra Bankitalia e senza debito verso i banchieri sarebbe un dramma… Beata logica

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  2. Premesso che condivido pienamente i contenuti dell’articolo, mi chiedevo se non sarebbe più costruttiva una seria discussione politica sulle fonti di finanziamento dello Stato , cioè se devono essere solo le entrate fiscali ed il ricorso ai mercati finanziari , o se , con limiti e regole da stabilire, si concordi con chiarezza sulla necessità di un intervento anche molto importante della Banca Centrale di emissione , cioè “ stampare moneta “. Che è quanto propone la Spagna, mi pare.
    Esattamente il contrario di quanto fu deciso in Italia nel 1981, con il divorzio Governo – Banca d’Italia
    Mi sembra evidente però che una politica monetaria di questo tipo , debba riferirsi ad un solo potere politico istituzionale. Il che non è nella UE . E’ questo il vero problema, non la scelta tra Euro o Lira.

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