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Materie rare: in Italia ce ne sono 15. Quanto costerebbe estrarle? E quanto inquinerebbe?

I ministri Urso e Pichetto Fratin hanno aperto un Tavolo per vedere che cosa si possa ottenere dal sottosuolo italiano, aggiornando, una mappa ferma da oltre 30 anni.

Materie rare: in Italia ce ne sono 15. Quanto costerebbe estrarle? E quanto inquinerebbe?

Si scrive transizione energetica, ma si deve leggere ricerca delle materie rare. Il tema del reperimento di materie necessarie per costruire tutto ciò che serve per dotarsi di mezzi che ci rendano indipendenti dalla Russia è saltato all’occhio soprattutto dopo l’adozione di quel limite del 2035 per il passaggio alle auto elettriche. Si dovrà passare quindi a una nuova benzina, fatta di litio, cobalto e altre materie con cui costruire le batterie. Ma le stesse materie servono anche per pannelli solari o turbine eoliche, per non parlare di altri strumenti di uso quotidiano, come pc o smartphone.
Secondo un’analisi di Cassa Depositi e Prestiti, l’Ue importa l’80% delle 30 materie prime critiche necessarie alle sue produzioni. La dipendenza è destinata ad aggravarsi nei prossimi anni. La Commissione Ue ha stimato che al 2050 la domanda annua di litio per batterie potrebbe aumentare di 56 volte rispetto ai livelli attuali. L’Europa ne estrae al momento solo l’1% del totale globale.

Un tavolo ministeriale per le materie critiche

Il tema ha molte facce: da una parte c’è quella di non passare dalla dipendenza della Russia alla dipendenza dalla Cina, che ha quasi il monopolio mondiale e che potrebbe agire con dazi commerciali.
Dall’altra c’è la difficoltà, il costo e l’elevato inquinamento dell’estrazione stessa di queste materie prime.
Per rispondere a questi temi Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy e il titolare dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin hanno aperto il “Tavolo nazionale per le materie critiche” per vedere che cosa si possa ottenere dal sottosuolo italiano, aggiornando, una mappa ferma da oltre 30 anni. Secondo le prime stime in Italia ci sono 15 dei 34 elementi. “Ma il potenziale è ancora più alto” dicono.

La mappa in Italia delle 15 materie critiche

Secondo Urso delle 15 materie prime critiche Made in Italy, 8 sarebbero estraibili in tre-quattro anni, o anche meno: cobalto in Lazio e Piemonte, rame in Liguria, Toscana e nella fascia alpina, litio nell’alto Lazio, magnesio in Toscana, grafite in Piemonte e Calabria, nichel in Sardegna e nelle Alpi, tungsteno in Sardegna e nell’arco alpino, titanio metallico in Liguria. “Il tavolo è anche funzionale a definire il fabbisogno del Paese” ha detto Urso in un’intervista a Repubblica, “nella duplice transizione green e digitale e fornire utili elementi in vista del “Critical Raw Materials Act” che sarà presentato dalla Commissione europea. Siamo assolutamente convinti che occorra soprattutto in questo campo una politica europea assertiva che utilizzi risorse comuni anche attraverso il Fondo sovrano europeo. Il tavolo potrà aiutarci nella definizione di una nuova normativa nazionale sulla estrazione mineraria”.

Da un inquinamento a un altro: il processo di estrazione

Non tutto è oro quel che luccica e non tutto è verde quello che sembra ecologico. Prendendo a esempio il litio: i metodi per estrarlo sono lunghi, che può durare da otto mesi fino a tre anni, e possono creare enormi problemi ambientali. Per estrarlo per esempio occorrono circa 2.000 litri di acqua per un chilo di litio. I minatori pompano in superficie una prima miscela di manganese, potassio, borace e sali che viene filtrata e posta in un’altra vasca di evaporazione. Poi viene filtrata e posta di nuovo ad evaporare per 12 – 18 mesi per estrarre, finalmente, il bene prezioso, il carbonato di litio. Durante il processo, alcune sostanze chimiche tossiche possono uscire dalle piscine di evaporazione nella rete idrica, compreso l‘acido cloridrico, che viene utilizzato nella lavorazione del litio, e i prodotti di scarto, tra i quali anche sostanze radioattive. L’intero processo di estrazione del litio contribuisce ad aumentare l’anidride carbonica e altri gas serra nell’atmosfera sia attraverso l’abbattimento di alteri per far spazop alla lavorazione, sia per via dei macchinari pesanti che consumano molta energia e producono vari gas tossici.

L’alternativa del riciclo

La migliore speranza dell’Ue pare infatti risiedere nel riciclo. L’economia circolare potrebbe invece dare un contributo significativo alla riduzione dello squilibrio fra domanda e offerta, con il recupero per esempio del contenuto di smartphone e altri apparecchi tecnologici. Cdp calcola che al 2040, tramite il riciclo delle batterie esauste, la Ue potrebbe trovare oltre metà del litio (52%) e del cobalto (58%) necessari per la mobilità elettrica.
Di questa idea è anche il ministro Pichetto Fratin: “è necessario adottare misure che promuovano sempre più l’economia circolare. Dovremo investire di più per una migliore gestione degli scarti, puntando alla raccolta, alla selezione, e al recupero delle materie prime contenute nei rifiuti. Dobbiamo abbandonare la visione del “rifiuto come problema” e sfruttare appieno il “rifiuto come risorsa”, da usare in modo intelligente, creativa e rigenerativa”.

Urso: parleremo con tutti. Non verranno messi a repentaglio i nostri standard di tutela ambientale e sociale

“Noi abbiamo i fondi del Pnrr, di Repower Ue e i fondi strutturali che possono essere reindirizzati, ma dobbiamo accelerare sul Fondo sovrano Europeo” dice ancora Urso, “può essere la chiave per fare acquisizione di giacimenti fuori dell’Ue in ottica di differenziazione delle forniture, e può finanziare i progetti di riconversione digitale e green per le imprese europee”
Parleremo con tutti: Regioni, comunità locali, imprese e sindacati, con l’entrata in vigore del regolamento Ue ci saranno anche delle riforme legislative necessarie. Non verranno messi a repentaglio i nostri standard di tutela ambientale e sociale. Già altri paesi d’Europa stanno sperimentando proteste e opposizioni. Ma qui si inserisce l’operazione di onestà: finora abbiamo lasciato che le terre rare arrivassero da Paesi dove i controlli ambientali e sulla qualità del lavoro erano minimi. Per convenienza economica e per difendere i nostri standard di vita abbiamo delegato il problema altrove. La riduzione delle emissioni, il passaggio a tecnologie più sostenibili non può avvenire senza queste materie prime e l’Europa ci chiede di accorciare le filiere sia sulle forniture che nella lavorazione. È una scelta ecologica, industriale, mi lasci aggiungere, di sovranità”.

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