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Manovra, tutte le capriole di Di Maio e Salvini

Lega e Cinque Stelle si arrampicano sui muri per nascondere la loro retromarcia sulle pensioni e sul reddito di cittadinanza ma svelano il pressappochismo con cui hanno imbastito la manovra di bilancio che l’Europa ha censurato

Manovra, tutte le capriole di Di Maio e Salvini

Solo i grandi leader politici hanno il coraggio e l’autorevolezza di riconoscere le sconfitte. Gli altri si arrabattano alla ricerca di giustificazioni allo scopo di allontanare da sé l’amaro calice e di attribuire la responsabilità agli altri. Anche “questi qui” (il copyright è di Filippo Ceccarelli di Repubblica) non sono da meno. Nel confronto con l’Ue sono stati costretti ad abbassare i toni (in verità è capitato loro ciò che avrebbero dovuto aspettarsi fin dall’inizio e sulla cui eventualità avevano profuso sonori, sprezzanti e alla fine incauti “me ne frego”), per poi mettersi alla ricerca di una spiegazione che fornisse agli sprovveduti che li avevano votati l’assicurazione che nulla sarebbe cambiato per quanto riguarda le pensioni (quota 100) e il reddito di cittadinanza.

È bastato garantire che si sarebbero potuti conseguire gli obiettivi promessi anche disponendo di risorse inferiori (al massimo accontentandosi del rinvio di alcuni mesi dell’entrata in vigore delle nuove norme), perché loro erano stati generosi nel prevedere le coperture. La mossa è risultata facile, perché nessuno sapeva quale sarebbe stata la nuova disciplina non essendovi di essa traccia alcuna nel disegno di legge di bilancio. In sostanza, il governo dichiara di poter erogare le medesime prestazioni alle stesse platee anche con 7 miliardi in meno, ma non spiega quali saranno questi benefici, salvo andarli a raccontare in tv, attraverso il sottosegretario Claudio Durigon, una sera in un modo e la sera dopo in un altro.

Ma a volte il rimedio è peggio del danno. Io non so se esista un modo di fare questa considerazione in dialetto napoletano; sono sicuro però che Luigi Di Maio ne comprenderà la classica versione veneta: “Xè peso el tacòn del buso”. Il superministro dello Sviluppo e del Lavoro – con un candore che lascia stupefatti – ha fornito una spiegazione, durante il forum de Il Fatto Quotidiano, che è tutto un programma. Andiamo a ripercorrere quelle dichiarazioni. “A settembre ci siamo visti con Conte, Tria e Salvini, credo nella sera della festa sul balcone. Abbiamo fatto l’elenco delle misure fondamentali in modo molto naturale. E il conto finale – ha raccontato il vicepremier – portava ad una manovra del 2,4%. Ma non avevamo ancora le relazioni tecniche. E abbiamo previsto più soldi del necessario”.

Soffermiamoci sull’analisi (il)logica di queste affermazioni. Come si elencano “in modo molto naturale” le misure fondamentali? Col pallottoliere? Con la calcolatrice tascabile? Oppure con le moltiplicazioni a memoria del prof. Tria? Comunque si sia proceduto, nella notte del balcone, il 2,4% non è stato sottoposto ad un più rigoroso controllo; lo si è riconfermato, già il giorno dopo, facendo evaporare una ventina di miliardi di capitalizzazione; lo si è rimodulato, nel giro di poche ore, nel corso di un triennio; è divenuto il saldo del disegno di legge di bilancio (poi approvato dalla Camera); lo si è comunicato alla Commissione rischiando l’apertura di una procedura di inflazione.

A causa di quel “numeretto” si sono sviluppate polemiche, messi in fuga gli investitori, impoveriti i risparmiatori, appesantiti i conti pubblici per effetto dell’aumento del servizio del debito. È rallentata l’economia portando con sé un peggioramento dei tassi di occupazione e di disoccupazione. Si è messa a repentaglio la sottoscrizione dei titoli di Stato. Ed oggi ci vengono a dire che tutti questi guai sono la conseguenza di un errore di calcolo: un errore difeso per settimane a oltranza e corretto soltanto quando ci ha indotti l’Europa matrigna a sottoporre alla prova del 9 le operazioni (somme, sottrazioni, divisioni e moltiplicazioni) compiute in quella magica notte d’autunno, sotto l’ebbrezza delle libagioni per una vittoria, ben presto mutilata.

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