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Manovra, Ici-Imu: chi pagherà e chi no

Si fa largo l’ipotesi di un emendamento unico che comprenda modifiche alla tassazione sulla prima casa e allo stop dell’indicizzazione delle pensioni – L’ipotesi è di alzare la franchigia, ma c’è il problema dei saldi da mantenere invariati – A rischio un terzo dei risparmi generati dalla cedolare secca – Polemica sull’esenzione dei beni del Vaticano.

Manovra, Ici-Imu: chi pagherà e chi no

I nervi scoperti più sensibili dell’ultima manovra economica sono due: l’Ici-Imu sulla prima casa e lo stop alla perequazione automatica delle pensioni. Su questi capitoli i relatori Pier Paolo Baretta (Pd) e Maurizio Leo (Pdl) potrebbero presentare un emendamento unico al termine dei lavori della commissione Bilancio alla Camera.

Le ipotesi di modifica sono diverse. La tassa sulla prima casa potrebbe essere alleggerita innalzando la franchigia di 200 euro prevista dal testo iniziale. Si parla di un nuovo tetto di 300 o 400 euro entro cui garantire l’esenzione dal pagamento. Leo però è arrivato ad ipotizzare addirittura “uno slittamento di un anno” – al 2013 – del nuovo prelievo. Un’ipotesi più articolata è quella di tener conto dell’effettivo valore delle singole abitazioni, meccanismo che potrebbe permettere di escludere le case di lusso dalla franchigia.

Si tratta in ogni caso di soluzioni complesse da realizzare, perché la priorità numero uno del Governo è mantenere invariati i saldi della manovra e da sola l’Ici-Imu garantisce un gettito di circa 3,8 miliardi. Alzare la franchigia di appena 100 euro farebbe andare in fumo fra gli 1,4 e gli 1,8 miliardi. I rischi sociali sono però molto elevati: secondo il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, con il nuovo prelievo circa 1,6 milioni di cittadini italiani diventerebbero a rischio povertà.

Da questo punto di vista un aspetto da non sottovalutare è l’impatto che l’Imu potrebbe avere sui risparmi generati dalla scelta della cedolare secca sugli affitti. Secondo i primi calcoli, in media verrebbe eroso circa un terzo di quei soldi che fino ad oggi gli italiani riuscivano a mantenere nel portafogli. Ma il calcolo, naturalmente, varia in modo significativo a seconda dei redditi: per chi guadagna oltre 55 mila euro l’anno la perdita sarebbe relativamente contenuta, mentre per le fasce medio basse il vantaggio fiscale potrebbe evaporare perfino di oltre il 70%, rendendo in alcuni casi inutile – se non addirittura svantaggiosa – la scelta della cedolare secca.

Altro tema bollente legato alla tassazione dei beni immobili è il mancato coinvolgimento delle proprietà ecclesiastiche, fino ad oggi quasi completamente esentate dal pagamento dell’Ici. Tassare le abitazioni di proprietà del Vaticano porterebbe nelle casse dello Stato qualcosa come tre miliardi di euro l’anno, cifra che consentirebbe di ridimensionare notevolmente i sacrifici richiesti ai cittadini italiani. “E’ una questione che non ci siamo posti ancora”, ha confessato il premier, Mario Monti, ai giornalisti della stampa estera. Eppure sull’argomento è già divampata la polemica più aspra. In rete, nelle piazze, sui giornali e questo punto – forse – anche in Parlamento.

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