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Made in Italy: export boom per la Moda Donna (nonostante la Russia)

SETTIMANA DELLA MODA A MILANO – La moda femminile italiana riprende a correre all’estero: export +5,2% nei primi cinque mesi del 2015, nonostante il crollo del mercato russo (che rimane comunque il terzo in Europa), penalizzato dalle sanzioni per il conflitto ucraino – Exploit sul mercato nordamericano grazie all’euro debole.

Made in Italy: export boom per la Moda Donna (nonostante la Russia)

La settimana della moda di Milano apre i battenti e lo fa con una buona notizia per uno dei più importanti comparti del made in Italy: la moda italiana, in particolare quella femminile, ha ripreso a correre all’estero. A quantificarlo con esattezza sono i dati di Smi-Sistema moda Italia e dell’Istat relativi ai primi cinque mesi del 2015, quando l’export di womenswear targato tricolore ha messo a segno un +5,2%, mentre l’import a registrato un incremento del 12,9%, per un surplus commerciale da 1,2 miliardi di euro.

Ad un’analisi geografica entro i confini dell’Unione Europea non sfugge la crescita delle esportazioni delle aziende manifatturiere italiane in direzione delle maison francesi, transazioni in aumento dell’1,8% a 349 milioni di euro. Seconda piazza di riferimento è la Germania, a +9,3% per 311 milioni di euro, mentre crescono a doppia cifra le vendite dirette nel Regno Unito (+12,1%) e in Spagna (+19,9%). La Svizzera, nel suolo ruolo di piattaforma logistico-commerciale, segna un -8,5% a 188 milioni di euro, precedendo la Russia che registra il crollo più vistoso a 184 milioni (-33,4%), penalizzata dalle sanzioni successive al conflitto ucraino.

Ma l’exploit si registra soprattutto Oltreoceano, grazie soprattutto all’euro debole che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a più di un’azienda italiana, non solo nel settore della moda: si irrobustisce infatti la crescita sul mercato americano, che si consolida come terza destinazione mondiale e prima extra Ue salendo a 256 milioni di euro (+27,4%). Torna in progressione il Giappone (+5,1%), mentre Hong Kong (+30,8%) e Cina (+30,4%) confermano la tenuta del segmento alto di gamma rispetto all’instabilità dei listini asiatici, anche se il vero banco di prova per queste piazze sarà l’ultimo trimestre dell’anno.

L’audience cui fa riferimento la moda femminile italiana, un segmento che con i 12,5 miliardi di euro di ricavi registrati nel 2014, in crescita del 2,5% sul 2013, assorbe il 24% del fatturato complessivo del tessile-moda made in Italy, è dunque sempre più cosmopolita. Nel 2014, infatti, vendite estere sono salite del 4,7% a 7,3 miliardi di euro e sono arrivate a pesare per il 59% sui ricavi di settore. Le previsioni di Prometeia e dal Centro Studi di Confindustria presentate durante il lancio del progetto Esportare la Dolce Vita, a cui prende parte anche Sistema Moda Italia (Smi), hanno invece stilato delle stime per i prossimi anni. E sono ancora più rosee: l’export della moda italiana crescerà del 37,4% nei Paesi emergenti fino al 2020, e già il 2016 sarà l’anno del riscatto della Russia, dopo i mesi difficili delle sanzioni dovute alla guerra in Ucraina. Il made in Italy dovrebbe poi riprendere a crescere a Mosca a partire dal 2017, grazie al Progetto speciale Russia voluto da IceSmi e ministero dello Sviluppo economico: nonostante tutto, rimane ad oggi il terzo mercato europeo dopo Francia e Germania.

In linea con trend descritti finora anche l’analisi della Camera di Commercio di Milano relativa al secondo trimestre dell’anno, anch’essa su dati Istat: l’export delle aziende lombarde di moda è salito a 6 miliardi di euro, a +2% rispetto allo stesso periodo del 2014. A dispetto della netta crescita dell’import (+11,6% a 4,6 miliardi di euro), la bilancia commerciale resta in attivo per circa 1,4 miliardi di euro. L’Europa, primo mercato, ha accusato un calo del 6,7%, compensato dalle performance di Asia (+19,8%) e Americhe (+13%). Attualmente la Lombardia rappresenta quasi un quarto delle esportazioni nazionali di moda. Il capoluogo lombardo è responsabile di metà dell’export regionale (3 miliardi nel primo semestre 2015), seguito dalle città di Como (770 milioni di euro), Varese (475 milioni di euro) e Bergamo (459 milioni di euro).

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