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Lunelli (Altagamma): “Il lavoro manuale non è di serie B: è la chiave del Made in Italy”

INTERVISTA A MATTEO LUNELLI, presidente delle Cantine Ferrari e della fondazione Altagamma, che riunisce 107 brand del lusso italiano: “Dobbiamo salvaguardare la nostra millenaria vocazione artigianale, sulla quale si basa l’eccellenza del saper fare italiano” – “Il lusso può essere la locomotiva dell’economia italiana ma deve conquistare i nuovi consumatori: i cinesi”.

Lunelli (Altagamma): “Il lavoro manuale non è di serie B: è la chiave del Made in Italy”

“Milioni di consumatori nel mondo sono ‘innamorati’ del Made in Italy: dobbiamo conservare questo appeal e conquistare i nuovi mercati. Il lusso italiano è la locomotiva trainante e può fare da apripista a tutto il nostro tessuto produttivo a livello internazionale”. Ha le idee chiare Matteo Lunelli, presidente e CEO delle Cantine Ferrari di Trento e da poche settimane presidente di Altagamma, fondazione che dal 1992 riunisce le imprese dell’alta industria culturale e creativa italiana. Oggi i marchi rappresentati sono 107, soprattutto della moda ma anche food&beverage, automotive, design, ospitalità etc. Il lusso italiano rappresenta quasi il 7% del Pil e continua a crescere, eppure si trova di fronte a continue sfide, come la mancanza di domanda di lavoro: “E’ un paradosso – dice Lunelli nell’intervista FIRSTonline -, in un Paese con alta disoccupazione giovanile. Dobbiamo spiegare che il lavoro manuale non è di serie B: è sul nostro talento artigianale millenario che abbiamo costruito l’eccellenza”.

Presidente, il lusso italiano continua a crescere: quali saranno gli assi portanti del suo mandato, per mantenere o addirittura migliorare le attuali performance?

“La crescita è in mano alle singole aziende, ma come Altagamma abbiamo sicuramente il compito di mettere le risorse a fattor comune, di far collaborare i nostri associati fra loro, anche nel caso di aziende concorrenti. Si tratta innanzitutto di difendere quella base di valori comuni che i consumatori nel mondo ci riconoscono in quanto letteralmente ‘amanti’ dello stile di vita italiano, del nostro saper fare e dei nostri prodotti. Le tre parole chiave che abbiamo scelto sono internazionalità, sostenibilità e contemporaneità”.

A proposito di internazionalità, c’è da difendersi da un mercato del lusso globale dove la qualità non è più appannaggio solo dell’Italia.

“E’ vero, l’eccellenza non è solo italiana, ma l’Italia ha ancora la leadership nella maggior parte dei settori dell’alto di gamma e in generale credo che l’Europa continuerà ad essere il baricentro delle alte industrie culturali e creative, che sono quelle che Altagamma rappresenta. L’Italia ha un vantaggio competitivo che è dato dalla capacità di unire qualità, grazia, bellezza, valori che fanno ancora la differenza e ai quali va aggiunto il valore evocativo delle nostre città d’arte e dei nostri territori. Nonostante questo, il Made in Italy può sempre correre il rischio di perdere attualità: per evitarlo dobbiamo ad esempio puntare molto sul turismo, sulle esperienze dei consumatori in Italia. Dobbiamo fare in modo che continui la scoperta del nostro stile di vita sul territorio: se un turista si innamora del nostro Paese, è più facile che poi acquisti i nostri prodotti”.

Tra i nuovi mercati da conquistare c’è sicuramente quello asiatico, in particolare cinese: da qui al 2025 dalla Cina arriveranno 10 milioni di nuovi potenziali consumatori. Come intercettarli?

“Intanto va precisato che il mercato cinese continuerà a crescere di peso, ma non omogeneamente per tutti i settori del lusso. Ad esempio nel mercato della mia azienda, quello del vino, il punto di riferimento restano gli Usa. Però è una verità che da qui a cinque anni il 50% dei consumi del lusso saranno effettuati in Cina, dato che sale al 70% considerando anche gli acquisti fatti dai consumatori cinesi fuori dalla Cina. Altagamma ha già avviato alcune azioni di supporto, intanto attraverso gli Altagamma Club: un network internazionale pensato per mettere in contatto le nostre imprese socie con partner e istituzioni locali dei mercati chiave, e non è un caso che, dopo l’Olanda, abbiamo aperto un club proprio a Shanghai. E poi ci sono gli International Honorary Member: persone, aziende e istituzioni che promuovono in varie forme la cultura e o stile di vita italiani. Un network che abbiamo intenzione di alimentare e accrescere nei prossimi anni”.

Che cosa vi aspettereste invece dal Governo, sul fronte dell’internazionalizzazione?

“Sull’internazionalizzazione gli ultimi Governi hanno mostrato un impegno sempre crescente e con loro Altagamma collabora continuativamente su diversi progetti di promozione soprattutto grazie a ICE. L’Italia ha sempre avuto il limite di andare in ordine sparso: mettiamo in campo tante iniziative, ma non coordinate fra di loro. Dovremmo essere più bravi a fare sistema, soprattutto verso mercati enormi come quello cinese. Al Governo chiediamo sempre di prestare attenzione all’alto di gamma, perché se da un lato è vero che le nostre sono aziende solide e in crescita, è altresì vero che l’eccellenza può essere la locomotiva trainante del sistema Paese e il suo consolidamento può avere ricadute positive anche su imprese che appartengono a segmenti diversi dall’alto di gamma”.

Tra le tante sfide delle aziende di eccellenza c’è quella dell’occupazione: Altagamma ha stimato che dal qui al 2023 ci sarà un fabbisogno di 236.000 maestranze, che rischia di restare insoddisfatto.

“Le nostre aziende crescono e continuano ad assumere talenti, questo è il primo dato di fatto. Ma purtroppo ci siamo anche accorti che tra qualche anno potrebbero venire a mancare molte maestranze, e questo è un paradosso in un Paese come l’Italia dove c’è un alto tasso di disoccupazione giovanile. I talenti che cerchiamo sono spesso manuali, tecnici, ma sono talmente nobili da aver permesso all’Italia di costruirsi nei millenni una tradizione di eccellenza nella manifattura. Eppure questi mestieri, sui quali si basano le nostre migliori aziende, vengono considerati di serie B”.

Perché e come intercettare di nuovo quella domanda?

“Perché in quanto manuali vengono erroneamente considerati di secondo ordine. I giovani oggi aspirano al liceo e poi alla laurea. Questo onestamente è anche dovuto al fatto che l’Italia dovrebbe investire di più sulla formazione degli istituti tecnici e professionali, e infatti in alcuni casi le nostre aziende stanno già dialogando con le scuole e hanno creato delle Academy specifiche per la formazione interna. Il problema però non sono solo le scuole, c’è anche da valorizzare le vocazioni: dobbiamo comunicare che il lavoro di un sarto, di un orafo, di un agricoltore è prezioso, porta con sé un know how millenario che va protetto e custodito. A me piace dire, per rendere l’idea, che in campagna si va col trattore ma, oggi, anche col tablet. E’ un lavoro normalissimo e anche moderno”.

Il Food però ci è riuscito a risultare cool, grazie ai vari talent show culinari. E se arrivassero programmi tv anche per gli altri mestieri?

“Perché no? Noi come Altagamma abbiamo realizzato varie iniziative di sensibilizzazione negli anni, come il video ’il Successo nelle mani’ e la campagna tv ‘MANIfesto’, andata in onda su alcuni canali Discovery. L’esempio del Food però è vero: anni fa lavorare in cucina veniva considerato di secondo piano, ora invece ha più appeal grazie agli chef che sono diventati star mediatiche. E allora mi chiedo: perché non valorizzare anche il lavoro di sala, quello preziosissimo dei maitre?”.

Tra le maestranze più difficili da reperire ci saranno proprio i tecnici della vinificazione, che è il suo settore. Come vi state organizzando?

“A Trento per fortuna non abbiamo questo problema: c’è una grande tradizione che è ancora molto viva, grazie alla scuola di San Michele all’Adige, che ha creato un circolo virtuoso sul territorio. Ci sono importanti scuole anche in Veneto, a Conegliano, o in Piemonte, ad Alba. La presenza di scuole fa la differenza, soprattutto se dialogano con le imprese. Nelle aree dove mancano, ci potranno essere dei problemi”.

Altagamma rappresenta soprattutto brand della moda, eppure per la seconda volta consecutiva, dopo Andrea Illy, la presidenza viene affidata ad un rappresentante del settore Food&Beverage: è un caso?

“Sì, è certamente un caso. Ma in qualche modo è significativo: la scelta testimonia la trasversalità di Altagamma e in generale la caratteristica dell’alto di gamma italiano, che comprende settori diversi che – insieme – definiscono l’unicità del nostro stile di vita”.

Per la prima volta nel cda di Altagamma entra un rappresentante del mondo finanziario: Giovanni Tamburi, Presidente e Ad di Tip. Che cosa cambierà con questa decisione?

“Era importante dare voce al mondo finanziario, soprattutto attraverso una persona di grande esperienza come Tamburi, che inoltre non è un finanziere puro ma conosce molto bene l’industria dell’alto di gamma. All’interno del network Altagamma sono presenti aziende familiari che stanno puntando sul private equity, altre quotate in Borsa, altre ancora che fanno parte di gruppi internazionali. In generale, tutte devono ragionare su quali saranno le leve finanziarie necessarie per affrontare un piano di crescita internazionale e ottenere le adeguate risorse finanziarie per competere e portare l’eccellenza del Made in Italy in tutto il mondo”.

Digitalizzazione: secondo le vostre stime, in qualche anno il 100% delle transazioni del lusso avverrà direttamente o indirettamente sul web. Che cosa significa?

“Significa che il 100% del mercato sarà influenzato dal digitale, ma che i negozi fisici non scompariranno assolutamente, anzi. Provare un abito in negozio e poi comprarlo online, o viceversa vedere un abito su Instagram e poi andarlo a comprare in negozio, diventeranno comportamenti quotidiani. Il digitale è un passaggio obbligato, ma non sostituisce l’importanza dei negozi e delle ‘vie della moda’, che continueranno ad avere grande appeal”.

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