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Ferrari, storia e segreti dello spumante campione del mondo

Nasce dai vigneti del Trentino, attraverso un processo di raccolta, selezione e fermentazione dell’uva rigorosissimo e ancora in parte artigianale, il Ferrari Trentodoc, che recentemente ha di nuovo vinto la sfida a distanza con lo champagne francese. First&Food ha visitato la cantina di Trento, un tesoro da 5 milioni di bottiglie l’anno. LA GALLERY.

I campioni del mondo siamo (ancora) noi. Per la terza volta – non consecutiva ma negli ultimi tre anni dispari, 2015, 2017 e 2019 – un Ferrari Trentodoc è stato eletto miglior spumante del mondo: l’ambito titolo di “Sparkling Wine Producer of the Year”, maggior riconoscimento internazionale per le bollicine e assegnato poche settimane fa, ha visto dunque la storica cantina trentina, fondata nel 1902 da Giulio Ferrari quando Trento era ancora Impero austroungarico e rilevata nel 1952 dalla famiglia Lunelli, prevalere sui francesi, inventori dello champagne e rappresentati dalla prestigiosa Maison Louis Roederer. La rivalità con i transalpini ci vede ora lottare alla pari, dopo un lungo inseguimento iniziato negli anni ’90, quando il Ferrari è stato il secondo marchio al mondo – dopo appunto lo Champagne – a fregiarsi del riconoscimento Doc per il Metodo classico, ovvero quello universalmente applicato per la produzione di vino spumante.

Nel tempo, questo prodotto di eccellenza italiana ha saputo affermarsi anche all’estero, dove tuttavia il mercato premia ancora i francesi: “Oggi vendiamo l’80% in Italia e il 20% all’estero e mantenere questa proporzione è anche una scelta, la priorità è consolidare la nostra posizione”, ci viene detto mentre visitiamo la cantina Ferrari, alla periferia sud di Trento. Lì, dove si iniziano a intravedere alcuni dei vigneti di quello che Goethe definì, parlando del Trentino, “il più bel giardino vitato d’Europa”, scopriamo anche che dei 50 mercati dove viene venduto il nostro spumante di alta gamma, il Giappone sta diventando quello più interessante, e che anche quest’anno la vendemmia dovrebbe arrivare in anticipo, poco dopo Ferragosto: “Effetto dei cambiamenti del clima: il grande caldo tende a far avvicinare il momento della vendemmia, anche se quest’anno c’è stata una primavera fredda e piovosa”.

E’ dalla fase precedente alla vendemmia e dalla stessa decisione su quando farla che emergono il rigore e la disciplina del metodo Ferrari: le 500 famiglie di viticoltori, sparse in tutto il Trentino, che conferiscono il loro raccolto devono accettare le regole imposte dalla casa produttrice, ad incominciare dalla certificazione biologica, pena perdere l’etichetta Trentodoc. “I nostri agronomi setacciano le vigne d’estate per monitorare lo stato di salute delle viti e decidono, valle per valle, il momento migliore per la raccolta”. Ogni dettaglio è importante e la data va rigorosamente rispettata, così come il processo successivo, che prevede ancora, nel 2019, dei passaggi assolutamente manuali: le decine di migliaia di bottiglie custodite nella cantina di via del ponte di Ravina (la produzione totale annua raggiunge i 5 milioni di pezzi) sono conservate al buio e ad una temperatura fissa di 12 gradi.

Il remuage, ossia la prima operazione che viene condotta dopo il periodo di riposo del vino sui lieviti di fermentazione, viene ancora fatto in parte a mano, da un ventina di addetti che si alternano e seguono ogni delicato passaggio: le bottiglie, posizionate orizzontalmente (come sarebbe consigliato tenerle anche in casa, in luoghi freschi e bui), vanno liberate dai lieviti che si depositano sul lato. Per farlo, la bottiglia va girata su sé stessa di qualche grado volta per volta, e inclinata progressivamente in modo da far scivolare i residui verso il collo, dove verranno eliminati.

Tra gli addetti, sia al vertice che nelle varie fasi della produzione, figurano anche diversi membri della famiglia Lunelli: la loro gestione è giunta alla terza generazione ed ha allargato il business, con la volontà di creare un polo dell’eccellenza del bere italiano, oltre il vino. Ecco perché nel 1982 Ferrari ha rilevato il marchio Segnana, storico produttore di grappa che l’anno prossimo festeggerà i 160 anni di vita, e nel 1988 l’acqua Surgiva, fondata nel 1975 e a sua volta grande eccellenza trentina, visto che sorge dal vicino ghiacciaio dell’Adamello Brenta. La famiglia Lunelli si è anche lanciata nel vino rosso, uscendo dai confini del Trentino con l’acquisizione del Casale Podernovo, zona vinicola delle colline toscane. Ed ha anche un ristorante di proprietà, la Locanda Margon a Trento, dedicato all’alta ristorazione e alla sperimentazione di innovativi abbinamenti proprio con il Trentodoc.

Il Ferrari, eccellenza tutta made in Italy, conquista il mondo ma rimane sempre legato – commercialmente e culturalmente – all’Italia. Immancabilmente anche ad alcuni grandi momenti della nostra storia, compresa quella sportiva, contrassegnati da brindisi con lo spumante più prestigioso. Come non ricordare, ad esempio, il brindisi tra Francesco Cossiga e Mikhail Gorbaciov, o quelli con Ronald Reagan, Margaret Thatcher e persino il francesissimo François Mitterrand. Il Ferrari è stato vino dei Papi, dei divi del cinema, delle spedizioni azzurre alle Olimpiadi, dei festeggiamenti del Mundial ’82 e di quelli per le vittorie dei piloti della Ferrari, il marchio auto col quale lo spumante trentino condivide la più internazionalmente apprezzata delle omonimie. Quella che forse adesso anche i francesi ci invidiano.

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