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L’export del Made in Italy continua a crescere, ma occhio ai rischi

Anche nel terzo trimestre l’export è del Made in Italy è aumentato ancora, trasmessa, trainato da metalli e meccanica – Secondo Csc nel 2022 le esportazioni italiane saliranno del 12,4% grazie soprattutto ai servizi, ma la carenza di materie prime e nuove possibili restrizioni potrebbero ostacolare la ripresa

L’export del Made in Italy continua a crescere, ma occhio ai rischi

Sace ha pubblicato gli aggiornamenti relativi al commercio estero italiano. In agosto l’export è aumentato in misura modesta (+0,6% rispetto a luglio), spinto dall’area Ue (+6,0%), a fronte della flessione dei Paesi extra-Ue (-5,0%)ma in positivo c’è tutto il trimestre giu-ago’21 (+3,4% rispetto al precedente). Tra gennaio e agosto 2021 le vendite italiane oltreconfine confermano un andamento ampiamente positivo (+22,3% rispetto al 2020). Nei primi otto mesi dell’anno le vendite verso i Paesi Ue rimangono in forte ripresa (+23,5%). Sono Polonia (+36,1%), Paesi Bassi (+33,2%) e Spagna (+27,4%) a mostrare la maggiore dinamicità. Seguono Germania (+22,7%) e Belgio (+14,9%). La dinamica delle esportazioni verso i Paesi extra-Ue si conferma molto positiva, con crescita accentuata per Cina (+35,1%) e India (+34,6%). A seguire USA (+18,1%), Svizzera (+18,1%), UK (+10%) e Giappone (+6,5%).

Tra gennaio e agosto 2021, le vendite all’estero di mezzi di trasporto hanno segnato ampi incrementi in Svizzera (+147,7%). Cina (+86,8%) e Germania (+28,3). In forte espansione l’export di articoli in pelle a Pechino (+65,5%), buone performance per il settore anche a Berna (+18,6%) e Berlino (+18,5%). Alimentari e bevande, infine, beneficiano della ripresa del canale Ho.Re.Ca. e crescono a doppia cifra in Cina (+48,4%), seguono Svizzera (+9,3%) e Germania (+7,8%).

A livello di raggruppamenti principali di industrie, i beni intermedi sono gli unici a registrare un’accelerazione rispetto al mese precedente (+25,9% tendenziale). Rallentano, nonostante la crescita comunque accentuata, i beni strumentali (+25,8%). In decelerazione anche i beni di consumo (+14,4%). La crescita del raggruppamento continua a essere supportata dai beni durevoli (+40,2%), mentre quelli non durevoli registrano un incremento più contenuto (+10%). Sostenuta la crescita per l’export di metalli e prodotti in metallo (+34,4%), specie verso i Paesi Ue (+52,1%). Fra questi si segnalano Polonia (+76,8%), Austria (+56,9%) e Repubblica Ceca (+55,4%). In forte ripresa anche le vendite di meccanica strumentale (+21,5%), soprattutto in Polonia (+34,6%), UK (+33,9%), Spagna (+16,2%) e Svizzera (+7,4%). In recupero anche la domanda di prodotti in legno, carta e stampa (+15,4%), sostenuta soprattutto dai Paesi extra-Ue (+20,7%), fra cui India (+76,9%) e USA (+43%).

In questo scenario, la cura per la ripresa a base di vaccini e politiche economiche espansive sembra funzionare. Il rapporto di previsione elaborato dal Centro Studi di Confindustria, e presentato lo scorso 16 ottobre, evidenzia infatti una risalita del PIL ben al di sopra delle attese: +6,1% nel 2021, 2 punti in più rispetto alle stime di aprile, seguito da un ulteriore +4,1% nel 2022. Rispetto alle grandi economie il gap rispetto al 2019 è, al momento, ancora ampio dal momento che la recessione è stata più pesante, ma è vero anche che proprio per questo motivo il recupero sta procedendo più spedito che altrove. Tuttavia, a partire dal quarto trimestre del 2021 l’espansione del PIL si attesterà su livelli più moderati poiché la spinta legata al gap da colmare dopo la caduta si va esaurendo.

Secondo lo scenario CSC, l’Italia crescerebbe nel corso del 2022 a un ritmo intorno al +0,7% in media a trimestre. I motivi principali della crescita sono: da un lato il recupero ancora incompleto di consumi privati e scambi con l’estero; dall’altro, gli effetti benefici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) le cui risorse (235,1 miliardi di euro nel periodo 2021-2026 di cui 204,5 mld sono fondi europei cui si aggiungono 30,6 mld di risorse nazionali) saranno utilizzate soprattutto per finanziare riforme strutturali e investimenti aggiuntivi.

Secondo il CSC, la ripartenza italiana è caratterizzata nel 2021, e lo sarà anche nel 2022, da due importanti passaggi di testimone. Primo, i consumi stanno progressivamente subentrando all’export come traino della risalita, ponendosi al fianco degli investimenti. Secondo, i servizi stanno diventando più dinamici rispetto all’industria, già ripartita tra la seconda metà del 2020 e inizio 2021. Ciononostante, gli investimenti, nel 2022 saliranno su un livello molto superiore al pre-crisi (+17,7% rispetto al 2019). Nello scenario CSC le esportazioni risaliranno del 12,4% nel 2021 e di un ulteriore 7,7% nel 2022. Da un lato l’export di beni si conferma tornare già nel 2021 sul sentiero di espansione pre-crisi, anche grazie a un commercio mondiale che registrerà ora una crescita del 10,5% e del 4,5% l’anno prossimo. Dall’altro, invece, l’export di servizi è atteso ripartire solo nel 2022: pesa la debolezza persistente di alcune tipologie di viaggio, come il turismo a lunga distanza e gli spostamenti per lavoro.

Nonostante le prospettive positive, tuttavia, lo scenario presenta alcuni rischi che sono principalmente al ribasso e riguardano diversi elementi di incertezza. In primis, l’adozione di nuove restrizioni agli spostamenti è il rischio principale poiché influirebbe negativamente e in tempi molto rapidi su fiducia di operatori, consumi e dunque su investimenti e occupazione. In secondo luogo, nel secondo trimestre 2021 sono emerse carenze importanti di materie prime e semilavorati che hanno comportato un aumento generalizzato dei prezzi delle commodity. I rincari riguardano tutte le principali economie occidentali, importatrici di materie prime e a vocazione manifatturiera. In Italia i rincari delle commodity sono stati assorbiti dalle filiere: i settori più a monte, produttori di beni intermedi, sono riusciti a rialzare i loro listini in misura marcata, mentre quelli più a valle, che producono beni di consumo e sono più vicini alla domanda finale domestica, non sono riusciti ad andare oltre un modesto rincaro. La piena efficacia del PNRR è subordinata all’individuazione di una efficiente allocazione delle risorse, al rispetto dei tempi previsti e alle modalità di attuazione delle numerose riforme in programma. Il venir meno, anche solo parziale, di uno di questi elementi implicherebbe una minore attribuzione di risorse a monte o una loro dispersione a valle.

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