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La pizza napoletana è patrimonio Unesco: ecco come è nata

L’organismo internazionale ha riconosciuto che “l’arte dei pizzaioli napoletani merita di essere considerata un bene culturale da preservare e proteggere. Nata trecento anni fa, ecco una breve storia del cibo simbolo dell’italianità ma diffuso a livello planetario. Quanta ne consumiamo? Parecchia, ma il Canada…..

La pizza napoletana è patrimonio Unesco: ecco come è nata

La Pizza Napoletana è entrata da oggi a far parte del Patrimonio dell’Umanità Unesco. L’annuncio è stato dato dal ministro Martina con una nota che esprime tutto l’orgoglio italiano per la scelta dell’organismo internazionale composto da 200 paesi  che hanno riconosciuto  “l’arte dei pizzaioli napoletani” come un bene culturale da preservare e proteggere.   

“Il Made in Italy ottiene un altro grande successo – ha affermato il ministro Maurizio Martina all’arrivo della notizia – È la prima volta che l’Unesco riconosce quale patrimonio dell’umanità un mestiere legato ad una delle più importanti produzioni alimentari, confermando come questa sia una delle più alte espressioni culturali del nostro Paese. È un’ottima notizia che lancia il 2018 come anno del Cibo. L’arte del pizzaiuolo napoletano racchiude in sé il saper fare italiano costituito da esperienze, gesti e, soprattutto, conoscenze tradizionali che si tramandano da generazione in generazione. È un riconoscimento storico che giunge dopo un complesso lavoro negoziale durato oltre 8 anni, che premia l’impegno del Ministero al fianco delle associazioni dei pizzaiuoli. Ringrazio le istituzioni locali, la Regione Campania, gli esperti del Ministero e tutti quelli che col loro impegno hanno reso possibile questo risultato che ribadisce il ruolo di primo piano svolto dal nostro Paese nel valorizzare la propria identità enogastronomica.” 

La decisione dell’Unesco segue quella del 2010 della Comunità Europea che riconobbe la Pizza Napoletana  come Specialità Tradizionale Garantita della Comunità.  

Proponendo  la sola candidatura della Pizza napoletana per il 2017 all’Unesco la commissione designatrice  aveva sottolineato che ciò equivaleva a  “riconoscere il valore di una tradizione sostenibile,attenta alla naturalità, che parla di materie prime legate ad un vero amore e rispetto per la terra, di ingegnosità di uomini e donne che volevano trovare modi gustosi per nutrire le proprie famiglie e la propria comunità”. E aveva concluso sottolineando  come “l’arte dei pizzaiuoli abbia svolto una funzione di riscatto sociale, elemento identitario di un popolo, non solo quello napoletano, ma quello dell’Italia. E’ un marchio di italianità nel mondo“.

In effetti i numeri della pizza sono impressionanti: è stato calcolato infatti che ogni giorno in Italia si sfornano quasi 8 milioni di pezzi, vale a dire circa 192 milioni di pizze al mese ovvero 2,3 miliardi di pizze l’anno per un giro d’affari di 12 miliardi di euro che dà occupazione a 100 mila lavoratori fissi ai quali se ne aggiungono altri 50 mila nel fine settimana. Non solo ma è in generale tutto il settore del food che attrae occupazione come dimostrano le statistiche.  

Di certo la Pizza napoletana è  il cibo italiano più conosciuto, apprezzato, imitato al mondo.  E’ sua maestà la Pizza Napoletana. Una nobiltà popolana, a dire il vero. Ha origini umili che si perdono nel tempo, infatti,  ma all’ombra del Vesuvio hanno saputo farla diventare un mito internazionale al punto che è la parola italiana più conosciuta all’estero, più di cappuccino, più di spaghetti, più del caffè espresso. 

Per la cronaca in media mangiamo 7,6 chili di pizza all’anno, circa 38 pizze napoletane a testa, un quantitativo che supera quello di molti paesi a partire dalla Francia e la Germania (4,2 chili) o dalla Spagna (4,3). Ma, a sorpresa, ci sono posti dove la pizza è ancora più diffusa come il Canada, dove il consumo medio raggiunge 7,5 chili all’anno, o gli Stati Uniti, che si classificano al primo posto tra i fan della pizza con 13 chili a testa. 

Le prime notizie sulla Pizza Napoletana si perdono nei tempi. Le più popolari erano molto semplici una, condita con aglio, strutto e sale grosso, l’altra, per chi poteva permetterselo, con caciocavallo e basilico. L’antenata della pizza moderna fa la sua apparizione trecento anni fa: è la pizza marinara con pomodoro, aglio olio e origano. Ma è sul finire dell’ottocento che nasce la più famosa delle pizze, la Pizza Margherita. L’Unità  italiana era stata conquistata da poco il Re e la Regina erano venuti in visita ufficiale a Napoli  e con un pizzico di audacia un cuoco napoletano Raffaele Esposito invia  alla regina una pizza fatta con i colori della bandiera italiana: il bianco della mozzarella, il verde del basilico il rosso del pomodoro. L’audacia viene premiata. Alla Regina quel cibo così povero ma gustoso  piace e una lettera ne attesta l’apprezzamento. “Pregiatissimo Signor Raffaele Esposito, Napoli. Le confermo che le tre qualità di pizze da Lei confezionate per Sua Maestà la Regina vennero trovate buonissime. Mi creda di Lei devotissimo Galli Camillo, Capo dei Servizi di Tavola della Real Casa.” Il testo è conservato ed esposto tutt’ora nella Pizzeria Brandi, in Via Salita Sant’Anna di Palazzo dove  è stata popsta una targa rico0rdo in marmo. Nasce la pizza Margherita, in onore della regina, e sull’onda di questa affermazione si diffondono le prime pizzerie dal momento che prima la pizza era uno street food  portato in giro da venditori ambulanti.   

Il fenomeno pizza è  oggi talmente internazionale che si pensa anche al suo contorno e alle sue moderne declinazioni in termini di delivery, impatto ambientale, street food, packaging e nomadism.  Un concorso internazionale, il Desita Award Pizza Experience in collaborazione con la Fondazione Qualivita e  Tuttofood della Fiera di Milano, ha premiato proprio ieri i vincitori di una gara che ha coinvolto 35 paesi  di tutto il mondo all’insegna del design  contest internazionale.  Tre i progetti vincitori, quello di una pizzeria nomade che può essere allestita sulle spiagge di tutto il mondo firmato dall’italiano Giuseppe Sorrentino; una innovativa soluzione contro lo spreco di carta che trasforma i rifiuti (calcolati in due milioni di tonnellate l’anno)  in qualcosa di prezioso firmato dall’americano Nicholas Bender e dall’islandese  Eir Rovira, e un’esperienza divertente e conveniente per personalizzare la pizza  e mettere tutti d’accordo  sul tipo di pizza da ordinare  in modo che ogni consumatore  sia messo in grado di preparare il proprio pezzo di pizza con diverse guarnizioni con una confezione appositamente studiata in compartimenti perimetrali firmata dalla peruviana Vania Valeria Adrianzen. 

Una menzione speciale  è andata anche allo slovacco David Toth  che ha proposto  un progetto in linea con i tempi: una particolare confezione aerodinamica per facilitare la consegna della pizza tramite droni rispettandone la qualità e la temperatura. 

 

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