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La Borsa tira il fiato, fari su Diasorin

Piazza Affari rallenta il ritmo, così come le altre Piazze europee, dopo la corsa degli ultimi giorni. Deboli le banche, ma soprattutto utility e costruzioni. Lo spread rimane sotto i 100 punti base, sale il petrolio.

La Borsa tira il fiato, fari su Diasorin

Tira il fiato Piazza Affari, dopo il rally innescato dal tentativo di Mario Draghi di formare un nuovo governo. L’ipotesi (che a giorni diventerà realtà) piace molto ai mercati e lo si era capito sin da subito, visto che da quando l’ex presidente della Bce è stato incaricato, l’indice Ftse Mib è arrivato a superare quota 23.000 punti, con lo spread Btp-Bund sotto i 100 punti. Oggi il differenziale si conferma in quel range (zona 96 punti a metà mattinata) e anche l’indice azionario difende i 23.000 punti, ma gira in rosso. Sulla stessa lunghezza d’onda di Milano anche le altre piazze europee, con il Dax di Francoforte che perde circa mezzo punto percentuale, mentre fa un po’ meglio Parigi, intorno alla parità.

A soffrire a Piazza Affari sono i comparti costruzioni e utility, con Buzzi e Enel tra i titoli peggiori in mattinata. Contrastati invece i titoli finanziari: Finecobank e Unipol sono tra i peggiori, in compenso si affacciano in positivo Bper e, fuori dal paniere principale, Credito Valtellinese dopo il raddoppio degli utili e il ritorno al dividendo. Deboli anche Intesa Sanpaolo e Unicredit: quest’ultima è attesa dal cruciale Cda di mercoledì 10 febbraio, che oltre ad ufficializzare l’addio di Mustier e l’arrivo di Andrea Orcel, dovrà anche designare il nuovo direttore generale. A tenere su il Ftse Mib è il comparto sanitario, con Diasorin a guidare i rialzi, sulle indiscrezioni relative a una proposta di integrazione avanzata dall’americana Quidel, seguita da Amplifon.

Ben vendute anche Moncler ed Eni: il cane a sei zampe è atteso dal Cda del 18 febbraio che approverà i conti del 2020. Le stime preliminari pubblicate sul sito della società indicano per il quarto trimestre 2020 un utile operativo adjusted negativo per circa 450 milioni di euro e un utile netto adjusted negativo nell’ordine dei 40 milioni di euro. La “consorella” francese Total ha chiuso il bilancio 2020 con una perdita netta di 7,2 miliardi di dollari, contro un utile di 11,2 miliardi nel 2019, imputabile alle conseguenze della pandemia sui prezzi del petrolio e sui consumi di energia. Il gruppo, che ha annunciato anche l’intenzione di cambiare il proprio nome in TotalEnergies, ha comunque registrato un utile netto adjusted – che esclude voci eccezionali – scendere del 66% a 4,06 miliardi di dollari.

Intanto nel mondo dell’economia reale arriva un dato atteso ma non per questo meno negativo, dall’Istat: la produzione industriale nel 2020, causa Covid, è crollata dell’11,4% rispetto al 2019. Si tratta del secondo peggior risultato dall’inizio della serie storica, dopo la caduta registrata nel 2009. La flessione è estesa a tutti i principali raggruppamenti di industrie e, nel caso dei beni di consumo, è la più ampia mai registrata. “Il progressivo recupero dopo il crollo di marzo e aprile ha subito una battuta d’arresto nei mesi recenti, impedendo il ritorno ai livelli produttivi precedenti l’emergenza sanitaria”, scrive l’Istituto nazionale di statistica.

Sul fronte valutario, l’euro si apprezza sul dollaro, scambiando a 1.21 a metà mattinata. Per quanto riguarda le materie prime, continua il rally del petrolio, con il Brent che in mattinata si conferma saldamente sopra i 60 dollari al barile, e il Wti che aggancia i 58 dollari al barile. Sale anche l’oro, che piano piano veleggia verso i 2.000 dollari l’oncia e recupera dopo il crollo della settimana scorsa, salendo a 1843.32 dollari l’oncia.

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