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Italia, Ue e le tre sfide del post-Covid

Prodi, De Bortoli e gli industriali emiliani al seminario promosso dall’Università di Parma e organizzato da Franco Mosconi – L’Italia e l’Europa devono fare i conti con la nuova globalizzazione, il rapporto Stato-mercato e l’urgenza di una nuova politica industriale

Italia, Ue e le tre sfide del post-Covid

Nuova globalizzazione, rapporto Stato-mercato, politica industriale: sono le sfide che attendono l’Italia e l’Unione Europea nel post pandemia. Il cataclisma del Covid-19 ha travolto le nostre vite e gli assi cartesiani su cui si reggeva il mondo economico e produttivo fino a poco tempo fa. Come e da dove ripartire? Ne hanno parlato oggi, in un seminario via web organizzato dall’Università di Parma, l’ex premier Romano Prodi, l’editorialista ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli e gli imprenditori Lucia Aleotti (Menarini farmaceutici) e Maurizio Marchesini (titolare dell’omonima azienda di packaging), con l’introduzione del professor Franco Mosconi che, per quest’appuntamento, ha scelto il titolo: “Imprese e politica industriale per il post-Covid, il Next Generation Eu, la pandemia, l’Europa che verrà”.

Che l’aggressivo nuovo coronavirus abbia spazzato via molte delle certezze che avevamo circa un anno fa lo abbiamo capito quando in Italia non si trovavano le mascherine, che sono dei prodotti elementari fabbricati per lo più in Cina. Altri assaggi di quanto dolorosa possa essere una globalizzazione dettata da esigenze di mercato e di prezzo e non troppo regolata è venuta con la mancanza di respiratori. “Tengo sul mio tavolo quest’oggetto iconico – dice Marchesini – è una valvola da sub che, con una stampante tre D, abbiamo trasformato in valvola per respiratori. Non sappiamo chi l’ha progettata, abbiamo ricevuto un file e l’abbiamo fatta, inserendola nella nostra produzione quotidiana, senza interrompere il resto. Perché possiamo farlo grazie alle nostre macchine, ma soprattutto grazie a progettisti giovani che le fanno funzionare e ragionano nel modo giusto”. Un grosso campanello d’allarme è suonato poi con i vaccini, considerati fino a ieri la Cenerentola dei prodotti farmaceutici, ininfluenti per gli analisti di Borsa e facili da riprodurre in serie, appannaggio per lo più dell’India. “Ecco, oggi è passata un’era glaciale da allora – osserva Aleotti – e ci rendiamo conto che la politica industriale va integrata con la vita vera, soprattutto nel nostro fondamentale settore, dove la complessità è tanta. Mi chiedo: vogliamo affidarci ancora a una globalizzazione che punta al massimo ribasso?”. La risposta è no e il vaccino anti crisi dell’economia è una politica industriale a livello continentale e a livello nazionale, una relazione Stato-mercato fondata sul rapporto con chi opera sul campo. Certo in Italia i governi cambiano spesso e gli interlocutori non sono mai gli stessi, così ci si muove molto avanti e indietro come i gamberi e senza riuscire a concludere granché.

Bisogna invece gestire questa nuova globalizzazione e riportare nella casa europea una serie di produzioni, ma farlo non è facile ed è necessario attivarsi per renderlo possibile, tanto più  che si sono grandi interessi contrari. 

Ci stiamo preparando al reshoring? – chiede Prodi – In Europa probabilmente lo stiamo facendo, ma in Italia non siamo preparati sul ritorno delle attività. Dovremmo scegliere due o tre aree specializzate, perché il reshoring si conquista e ci sono settori dove ce la giochiamo con la Germania. Sono convinto che questa potrebbe essere un’ottima occasione per il Mezzogiorno. Dobbiamo individuare i settori giusti e collocarli vicino alle grandi Università del sud che sono pronte, come Napoli, Bari, Palermo e Catania, dando aiuti alla grande. Non parlo di Bologna, che si aiuta da sola. Perché la realtà è che il paese sta soffrendo per il Covid, ma l’industria regge bene. Va male soprattutto il terziario”.

Un altro problema del sistema Italia è il nanismo industriale, anche se il tessuto tiene  grazie alla filiera. “Le aziende italiane non stanno crescendo – osserva Marchesini – e questo impedisce la realizzazione di grandissimi progetti”.

Chi invece vola sempre alto sono gli Stati Uniti. “Lo abbiamo visto con i vaccini – sottolinea De Bortoli – lo Stato si è comportato come un investitore cieco e alla fine ha avuto ragione. Si tratta di un campo dove i brevetti sono fondamentali per ottenere risultati, ma per ragioni di salute pubblica ci sono dei diritti di proprietà che andrebbero condivisi. È una contraddizione che resta irrisolta”.

Per Prodi “gli americani hanno scommesso e hanno vinto. Biontech è turco-tedesca, ma la proprietà è di Pfizer, una multinazionale americana. Questo mi porta ad alcune considerazioni macroeconomiche. La Cina, persino nel 2020 è cresciuta, del 2% circa. Gli Stati Uniti hanno perso il 4%, contro l’8-10% degli europei e quello che fa più impressione è che quest’anno gli Usa cresceranno del 4%, perché hanno messo in campo una quantità di risorse economiche che io non ho mai visto nella storia. L’Italia per tornare ai livelli del 2019 dovrà aspettare il 2023. Adesso c’è il Next Generation Eu, ma va speso in fretta, lo spazio è ora. Eppure mancano due settimane alla presentazione e ancora non se ne sa niente”.

Il Next Generation Eu d’altra parte è il passo più grande che l’Europa sia riuscita a compiere verso un modo nuovo di relazionarsi, di esistere come unione, ma sarà sufficiente a vincere la sfida globale?

 “La domanda che ci poniamo oggi – conclude Mosconi – è: questa è una tappa irreversibile verso una Ue di stampo federale, con un bilancio comunque e gli eurobond? Oppure, ancora una volta, sprecheremo l’occasione?”

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