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Istat: più di un italiano su 4 a rischio povertà

La quota è sostanzialmente stabile a livello nazionale ma si aggrava al Sud dove nel 2015 la stima sale al 46,4% dal 45,6% dell’anno precedente – La quota è in aumento anche al Centro dal 22,1% al 24%. In compenso

Istat: più di un italiano su 4 a rischio povertà

Nel 2015 si stima che il 28,7% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale. Lo riferisce l’Istat, precisando che la quota è sostanzialmente stabile rispetto a quella del 2014 (il 28,3%), a sintesi di un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 12,1% a 11,7%). Resta invece invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%).

Il Mezzogiorno è ancora l’area più esposta: nel 2015 la stima delle persone coinvolte sale al 46,4%, dal 45,6% dell’anno precedente. La quota è in aumento anche al Centro (da 22,1% a 24%), ma riguarda meno di un quarto delle persone, mentre al Nord si registra un calo dal 17,9% al 17,4%.

Le persone che vivono in famiglie con cinque o più componenti sono quelle più a rischio di povertà o esclusione sociale: passano a 43,7% del 2015 da 40,2% del 2014, ma la quota sale al 48,3% (da 39,4%) se si tratta di coppie con tre o più figli e raggiunge il 51,2% (da 42,8%) nelle famiglie con tre o più minori.

Inoltre, l’Istat fa sapere che nel 2014, escludendo gli affitti figurativi, il reddito netto medio annuo per famiglia è stato di 29.472 euro (circa 2.456 euro al mese). Considerando l’inflazione, il reddito medio rimane per la prima volta sostanzialmente stabile in termini reali rispetto al 2013 (-12% che diventa -10% se si considera l`aggiustamento per dimensione e composizione familiare, cioè il reddito equivalente). 

La metà delle famiglie residenti in Italia percepisce un reddito netto non superiore a 24.190 euro l’anno (circa 2.016 euro al mese), sostanzialmente stabile rispetto al 2013; nel Mezzogiorno scende a 20.000 euro (circa 1.667 euro mensili).  La novità però, sottolinea l’Istat, è il fatto che il reddito familiare in termini reali interrompe “una caduta in atto dal 2009, che ha comportato una riduzione complessiva di circa il 12% del potere d’acquisto delle famiglie”. 
 
Tra le famiglie che hanno come fonte principale il reddito da lavoro, una su due dispone di circa 29.406 euro se si tratta di lavoro dipendente e di non più di 28.556 euro nel caso di lavoro autonomo. Per le famiglie che vivono prevalentemente di pensione o trasferimenti pubblici la somma scende a 19.487 euro.

Includendo gli affitti figurativi, si stima che il 20% più ricco delle famiglie percepisca il 37,3% del reddito equivalente totale, il 20% più povero solo il 7,7%. Dal 2009 al 2014 il reddito in termini reali cala più per le famiglie appartenenti al 20% più povero, ampliando la distanza dalle famiglie più ricche il cui reddito passa da 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere.

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