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Istat-Confindustria, è scontro: assurdo l’attacco di Bonomi che accusa l’istituto di truccare i dati

Non è un bel segnale l’attacco all’Istat del Presidente della Confindustria che danneggia la credibilità delle istituzioni. La replica dell’Istat. Come stanno realmente le cose

Istat-Confindustria, è scontro: assurdo l’attacco di Bonomi che accusa l’istituto di truccare i dati

Non sparate sulla statistica è l’adattamento contemporaneo di una famosa scritta che nel Far West era posta a (debole) difesa del pianista. Allora fischiavano pallottole nei saloon. Oggi volano parole in libertà nei talk-show e nei social, dove più si litiga e ci si insulta più si fa audience, a discapito dell’informazione e ancora più della formazione. E queste parole, dal sen sfuggite, ora accusano l’Istat di truccare i dati.

L’accusa di Bonomi all’Istat

Non è una notizia. L’altro giorno ho ascoltato un signore, che dovrebbe far parte della classe dirigente, ragionare sulla conversione lira/euro al cambio di duemila. A quasi vent’anni dal passaggio dalle svalutate e svalutande lirette al più solido euro ancora c’è chi crede alla pseudo-truffa.

La novità, però, c’è. Perché ad accusare l’Istat di truccare i dati non è la massaia intervistata al mercato o il camionista al caffè – con tutto il rispetto per le massaie e i camionisti – e nemmeno l’aizzatore di popolo di professione (indimenticabili alcuni presidenti di associazioni di consumatori e di farlocchi centri studi), bensì il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.

Indispettito perché la realtà è meno brutta di come lui la va dipingendo (beninteso: c’è davvero molto di cui preoccuparsi tra guerra e inflazione), ha accusato l’Istat di aver rivisto i dati sul PIL in modo da far contento il Governo. Sicuramente il Presidente Bonomi è in buona fede e parla perché non conosce le produzioni statistiche. Nelle quali la revisione è la norma. Infatti ieri l’Istat ha replicato dicendo che le revisioni sono prassi e garanzia di qualità.

Come funziona la statistica

Non perché chi non fa non falla, bensì per la semplice ragione che la statistica non è una scienza esatta, bensì una conoscenza approssimata della realtà. E produce stime con un intervallo di confidenza. Nel caso del PIL l’intervallo di confidenza non c’è semplicemente perché non è una rilevazione campionaria; ma pur sempre di approssimazione si tratta. E quando ci sono nuove e migliori informazioni, si migliora l’approssimazione.

Per dare un termine di paragone, negli Stati Uniti il Bureau of Economic Analysis esce con tre stime successive sul PIL di uno stesso trimestre: avanzata, preliminare e rivista. E ogni anno ricalcola le stime dei precedenti tre. Spesso le correzioni non sono piccole. Mentre quelle Istat sono storicamente limitate. Tranne nel 1986, quando i censimenti misero in luce un’attività edilizia che negli anni Settanta era sfuggita a qualunque osservazione, soprattutto a quella delle autorità locali e fiscali.

Nell’Unione europea l’Eurostat vaglia la qualità degli uffici statistici dei paesi membri. E per quanto riguarda la contabilità l’Istat ha la medaglia d’argento.

Istat: la Magistratura dell’informazione statistica

Tutto questo il Presidente di Confindustria non è tenuto a saperlo. Magari il suo Centro Studi sì; certo non può censurarlo, ma può consigliarlo per non fare brutte figure e avere cadute di stile. Quello che invece Bonomi è tenuto a sapere e osservare è il rispetto per le istituzioni e tra le istituzioni. Attaccare il lavoro della Magistratura dell’informazione statistica, qual è l’Istat equivale ad accusare il Presidente della Repubblica, pur con i debiti distinguo. Tanto è vero che esiste il reato di vilipendio al Capo dello Stato (art. 278 del Codice penale), mentre non è previsto quello contro l’Istat.

Trascinare un’istituzione rispettabile nel fango mediatico fa fare un ulteriore passo al Paese verso il declino democratico. Essendo la democrazia fondata sulla divisione dei poteri e il rispetto dei ruoli istituzionali. E nuoce alla stessa Confindustria e ai suoi rapporti con un Governo che è geneticamente istituzionale e crede alle istituzioni e che perciò è profondamente rispettato in tutte le capitali europee. Alla BDI tedesca o al MEDEF francese mai salterebbe in mente di attaccare lo Statistisches Bundesamt o l’INSEE.

Esiste poi un codice comportamentale che impone ai rappresentanti dell’istituzione maltrattata di rimandare al mittente il fango.

Ps: su queste colonne nel 2020 elogiai la candidatura di Bonomi alla Presidenza confindustriale. Ergo nessuna pregiudiziale può essermi imputata.

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