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Intesa Sanpaolo: utile semestrale 1,7 miliardi, battute le stime nel II trimestre

Includendo nei conti il contributo pubblico per l’acquisizione delle banche venete, l’utile netto semestrale schizza a 5,2 miliardi di euro – ma l’effetto è contabile – Nel 2°trimestre l’utile si attesta a 837 milioni, nettamente sopra il consensus degli analisti – Cet1 pro forma del 13%, “Il livello top tra le maggiori banche europee – Confermato l’impegno sul dividendo – Titolo giù a Piazza Affari dopo i conti – Messina su venete: “Senza di noi conseguenze per tutto il Paese”.

Intesa Sanpaolo ha chiuso il primo semestre del 2017 con un utile netto pari a 1,738 miliardi, in linea con in linea con 1,707 miliardi dello stesso periodo dell’anno precedente. Il dato non tiene conto del contributo pubblico di 3,5 miliardi erogato a compensazione dell’impatto patrimoniale per l’acquisizione di attività e passività della banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Includendo tale contributo, l’utile netto ammonta a 5,2 miliardi di euro. Ma si tratta soprattutto di un effetto contabile in quanto i 3,5 miliardi saranno in buona parte assorbiti dai costi per l’integrazione delle banche venete e per l’esodo del personale.

Tenendo in considerazione il solo secondo semestre del 2017, l’utile contabile è di 4,3 miliardi mentre, escludendo il contributo per l’acquisto dei due istituti veneti (1,7 miliardi nel semestre) l’ammontare è pari a 837 milioni, in calo del 7,1% rispetto ai 912 milioni dello stesso periodo del 2016, ma ben superiore alle stime degli analisti che preannunciavano un utile trimestrale di circa 650 milioni.

Il risultato -sottolinea la banca guidata da Carlo Messina attraverso una nota – è “in linea con la quota semestrale dell’impegno alla distribuzione di 3,4 miliardi di euro di dividendi cash per il 2017”, dopo i 6,6 miliardi pagati nei primi tre anni. Per il quadriennio 2014 – 2017, l’istituto conferma l’impegno alla distribuzione di 10 miliardi di dividendi cash.

Per quanto riguarda l’acquisizione delle banche venete, Messina sottolinea che “In assenza del nostro intervento le conseguenze di un fallimento dei due istituti avrebbero riguardato non solo il tessuto produttivo di un’area caratterizzata da grande forza ma investito anche l’intera economia del Paese”. “Il nostro intervento – ha proseguito l’ad – ha evitato all’intero sistema bancario di sostenere costi estremamente rilevanti, necessari alla garanzia dei depositi dei clienti delle due banche, stimati in oltre 12 miliardi. E lo Stato italiano – ha aggiunto – non ha dovuto sopportare oneri molto significativi (circa 10 miliardi) per fare fronte alle garanzie pubbliche su obbligazioni emesse dai due gruppi bancari veneti”.

Tornando ai risultati semestrali, i ricavi battono le aspettative, riportando un margine di intermediazione pari a 4,348 miliardi di euro, contro le stime di 4,313. I proventi operativi si sono attestati a 8,6 miliardi (-1%), con interessi netti a 3,6 miliardi (-1,8%) e commissioni nette a 3,8 miliardi (+5,8%). Stabili a 4,2 miliardi i costi operativi, per un rapporto cost/income salito al 49,2%. In riferimento alla solidità patrimoniale, il coefficiente Cet1 pro forma a regime è al 13%, il “livello top tra le maggiori banche europee”, evidenzia la banca, tenendo conto di 1,6 miliardi di dividendi maturati nel primo semestre. Il flusso lordo di crediti deteriorati è sceso a 1 miliardo di euro nel solo secondo trimestre (-14% rispetto al primo trimestre), il valore più basso di sempre, mentre lo stock di crediti deteriorati è diminuito di ben 10 miliardi di euro in 21 mesi al lordo delle rettifiche a 27,8 miliardi (-6% su dicembre 2016).

Per l’intero esercizio Intesa Sanpaolo prevede un aumento del risultato della gestione operativa, conseguente alla crescita dei ricavi e al continuo cost management, e del risultato corrente lordo, anche escludendo il contributo pubblico cash di 3,5 miliardi di euro a compensazione degli impatti sui coefficienti patrimoniali derivanti dall’acquisto di attività e passività di Bpvi e di Veneto Banca, con una riduzione del costo del rischio.

Rimanendo nel futuro, per quanto riguarda il secondo semestre, nel periodo avverrà la contabilizzazione di circa 800 milioni di euro di plusvalenza netta derivante dalla cessione Allfunds, firmata nel primo trimestre. E questo consente di superare l’ammontare di cash da destinare a dividendo.

Parlando dei primi sei mesi del 2017 i crediti verso la clientela sono ammontati a 394 miliardi, in rialzo dell’1,2% rispetto a dicembre, di cui 24 dall’acquisto dei rami di attività delle banche venete, mentre le attività finanziarie della clientela si sono assestate a 920 miliardi e la raccolta diretta bancaria a 412 miliardi (30 dalle banche venete). 326 miliardi il risparmio gestito, mentre le attività liquide nei sei mesi di riferimento hanno raggiunto quota 159 miliardi (9 dalle banche venete) e la liquidità prontamente disponibile 81 miliardi.  Infine, nel primo semestre del 2017 Intesa ha erogato 25 miliardi di nuovo credito a medio e lungo termine a famiglie e imprese (+6,5% rispetto al 2016). Nel complesso, in base alle indicazioni fornite dall’istituto sono circa 11 mila le aziende italiane riportate in bonis da posizioni di credito deteriorato nel primo semestre 2017 e circa 63 mila dal 2014.

Da sottolineare infine che, Intesa Sanpaolo ha svalutato di ulteriori 188 milioni la partecipazione al fondo Atlante nel secondo trimestre 2017. La riduzione complessiva del valore della quota raggiunge così i 676 milioni, pari al 98,5% dei 686 milioni effettivamente versati al fondo (a fronte di un impegno per 845 milioni complessivi).

Su Piazza Affari, dopo una mattinata in leggero progresso, il titolo ha invertito la rotta dopo la pubblicazione della semestrale e attualmente segna un ribasso dello 1,24% a 2,876 euro.

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