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Intelligenza artificiale tra uomini e macchine: un robot ci insegnerà

“Parlane con il mio robot. Ma gli androidi fanno le spremute con l’arancia meccanica?” è il titolo di un recente libro di Beppe Carella e Fabio Degli Esposti che fa luce sulla comunicazione tra uomini e macchine e viceversa. Con risultati incredibili

Intelligenza artificiale tra uomini e macchine: un robot ci insegnerà

Le spremute con l’arancia meccanica  

È appena uscito un libro, Parlane con il mio robot, Ma gli androidi fanno le spremute con “l’arancia meccanica?, che in modo semplice e faceto affronta un tema di grande attuale e importanza nel mondo della cyber sfera: la comunicazione tra uomini e macchine e viceversa. I due autori, Beppe Carella e Fabio Degli Esposti sono due insider del mondo dell’ICT e dell’innovazione tecnologica, ma la loro indagine e i loro interessi si spingono ben oltre questo ambito specifico. Musica, arte, letteratura, filosofia e storia entrano organicamente nel loro orizzonte culturale e, insieme a una conoscenza inusuale del mondo della tecnologia, vanno a creare una sintesi interpretativa del nostro tempo difficile da ottenere con approcci settoriali e monodisciplinari. Da questa sintesi ne esce una sorta di metadisciplina che gli autori sintetizzano nella Comunicazione, intesa non solo nella sua valenza teorica, ma come prassi quotidiana da attuare a tutti i livelli nelle relazioni, particolarmente se attuate nel cyber spazio.  

La comunicazione è la capacità di comprendere, elaborare ed usare efficacemente e tradurre in relazioni i dati che il modo circostante produce in maniera incessante. Addirittura il geniale storico israeliano Yuval Noah Harari, che si avvale di un stupendamente interdisciplinare nello studio del mondo contemporaneo, parla di una nuova fase della civiltà umana fondata sul Dataismo, inteso anche come modello organizzati sociale destinato a prendere il posto del capitalismo. Harari dipinge questa prospettiva più come distopica che come utopica, ma la partita è tutt’ora molto aperta se andremo in quella o nell’altra direzione. I nostri due autori sono più rilassati e ottimisti sulla sfida dei robot e del dataismo alla civiltà umana e al suo lascito, proprio perché sono dei tecnologi umanisti e vedono quest’ultimo aggettivo come egemonico anche nella narrazione del futuro. 

Scrivono i due autori nella presentazione del libro: 

“Dopo il fuoco e la ruota, il digitale; ecco una rivoluzione che potrebbe aiutarci a vivere in un mondo migliore o farci sprofondare in una profonda depressione. E non è neanche una rivoluzione, o una trasformazione… È una vera e propria “metamorfosi”. Ci si risveglia non trasformati in un “enorme insetto immondo Kafkiano” ma più probabilmente in mutanti che devono imparare a comunicare in modi nuovi e differenti”. 

Ecco qual è il punto, comunicare in modo diverso. Creare una nuova narrazione. Abbiamo chiesto a Beppe Carrella e a Fabio Degli Esposti di illustrarci una serie di post queste loro intriganti tesi e siamo adesso lieti di pubblicare la prima. 

La necessità del networking 

Sappiamo tutti che per “funzionare bene” e “durare” bisogna tenersi in forma. Ma sappiamo cosa significa “tenersi in forma” per un’azienda, per un gruppo?  

Nell’era del web, per un’organizzazione tenersi in forma significa essere permeabili alle novità, all’innovazione, alla voglia di mettersi in gioco continuamente, al creare, in pratica, collegamenti. Collegamenti con tutti coloro che ci circondano (clienti/fornitori/partner/amici e non…) per rendere viva la nostra partecipazione alle attività che ci vedono coinvolti. In definitiva, vogliamo collegare il nostro cervello con tutti coloro che hanno voglia di diventare, assieme a noi, vero valore aggiunto. Ed il cervello in funzione è ciò che fa la differenza tra essere considerati commodity” valoreQuindi concentriamo i nostri sforzi e mettiamoci la faccia per essere… collegati.  

Perché? Perché siamo convinti che le organizzazioni vivano nella comunicazione, si consolidino nelle “conversazioni”: incontri di Consigli di amministrazione, meeting per le vendite, processi di pianificazione, focus group, task force, staff meeting, stand-up meeting, convention, descrizione di prodotti, interventi di audit, riunioni con il cliente, retrospective … 

Durante la nostra vita impariamo una serie di alfabeti per poter accedere alla conoscenza. È così che impariamo l’alfabeto delle lettere per imparare a leggere e scrivere, quello dei numeri per far di conto, l’alfabeto costituito dalle sette note per scrivere e leggere la musica, quello dei colori per l’arte pittorica e così via. Praticamente ad ogni attività corrisponde un alfabeto che va imparato e poi dimenticato; la comprensione comincia quando non hanno più importanza i singoli segni ma l’insieme di questi che ne esplicitano un significato.   

Un destino da interconnessi globali 

Oggi sotto la voce “comunicazione” si ritrova di tutto: lo scambio dei messaggi genetici, le interpretazioni non meccanicistiche della cibernetica e della teoria generale dei sistemi, certi aspetti della teoria degli automi e delle strutture nervose, gli approcci quantitativi della scienza dell’informazione, gli studi della retorica del cinema, del giornalismo, i vari campi delle pubbliche relazioni, della pubblicità, del marketing. In effetti, “comunicazione”, “informazione”, “mezzo di comunicazione” sono parole che acquistano significati diversi a seconda del contesto in cui sono usate. Per un giornalista, l’informazione è il resoconto di un fatto che egli stesso ha potuto osservare o verificare. I mezzi di comunicazione, in questo caso, sono i differenti supporti che il giornalista utilizza per il suo lavoro, i media appunto.  

Viviamo in un mondo in cui la prospettiva è quella di avere una inter-connessione globale, in cui cresce l’importanza dei legami deboli, in cui tutto vive nel network. Le conversazioni generano interazione, scambio, proposte, nuove idee ed innovazione.

Il successo di un’impresa dipende proprio dalla tipologia e dalla qualità di queste conversazioni e interazioni, dalla capacità di renderle manifeste e di condividerle con il proprio pubblico interno ed esterno. Essere, insomma, collegati con tutti i mezzi possibili al nostro mondo di clienti, fornitori, dipendenti, azionisti,… È vitale che queste conversazioni siano trasparenti e “aperte al pubblico”.  

Le organizzazioni complesse funzionano ed hanno successo solo se “magicamente” si genera una rete di comunicazioni efficaci a prescindere dalle strutture organizzative ufficiali. Andare a colmare quei “buchi di comunicazione” che con il tempo rischiano di diventare strutturali, è un esercizio manageriale che produce valore. 

La componente chiave della comunicazione non è il come, ma il cosa; comunicare dovrebbe avere sempre un fine, per evitare che la comunicazione si trasformi da scambio di informazioni, di concetti, di idee in un rumore di fondo indistinto. Un blob senza un senso. In pratica quello di cui tutti noi siamo attori e vittime sacrificali. 

La comunicazione tra uomo e uomo, tra uomo e macchina, tra macchina e macchina. I paradigmi cambiano rapidamente. 

Comunicazione e fusione con la tecnologia 

Non tutti gli aspetti legati alla comunicazione sono per forza correlati alla tecnologia, alle nuove frontiere relative a sviluppi software, agli algoritmi più evoluti della intelligenza artificiale. Vi sono stati “umani” complessi e da molto tempo analizzati che sono parte integrante di un modello futuro di comunicazione.  

Tutto questo, a maggior ragione, ha senso laddove si parla di “fusione” uomo macchina. Il tema di quanto l’intelligenza artificiale possa in un futuro condizionare, fino a manipolare, l’essere umano e di conseguenza il modo di comunicare, è uno dei temi che maggiormente stimolano la sfera emozionale degli uomini.  

Ecco il filo sottile che ci lega, a partire dal paleolitico con i primi disegni nelle grotte ad un “domani” ormai diventato un “oggi reale” in cui i robot stanno diventando i sostituti dei nostri Smartphone. Il filo si chiama comunicare. Comunicare perché l’uomo è già confuso e complicato quando comunica; se non comunica è un animale superfluo e spesso anche noioso.

Esiste poi una vera e propria morale dell’evoluzione dei media, che viene sempre rispettata: quando un nuovo media si impone su uno precedente, questo non significa che automaticamente il vecchio media scompare. Piuttosto significa che il vecchio media potrebbe essere spinto in una nicchia dove da risultati migliori del nuovo e dove riesce a sopravvivere e prosperare. 

Veniamo da una realtà dove per oltre un secolo le immagini dominanti della tecnologia sono state industriali: l’estrazione e lo sfruttamento delle risorse naturali, la meccanizzazione del lavoro tramite la catena di montaggio, i sistemi burocratici di comando e controllo, favoriti da istituzioni vaste e impersonali. Ora i nuovi mezzi di comunicazione, che continuano ad evolversi a una velocità sorprendente, sono un ottimo banco di prova per saggiare le capacità di adattamento ai nuovi scenari che si vanno velocemente a comporre attorno a noi. 

Internet sembrerà sempre più una presenza con la quale relazionarsi piuttosto che un luogo in cui muoversi, vale a dire il famoso cyberspazio degli anni ottanta; sarà una presenza costante e inosservata, come l’elettricità: sempre presente, sempre intorno a noi e controllata. 

Per chi vivrà nel 2050 sarà facile pensare a quanto sarebbe stato incredibile essere vissuto agli inizi degli anni 2000; era un mondo senza limiti, senza frontiere. Ogni opportunità era pronta da essere colta. 

Il cambiamento è discontinuità 

Si ha spesso la sensazione che la ricerca sia più avanti della fantascienza. Ci si rende conto che costruire nuove e migliori forme di relazione con le macchine non è un compito che i tecnologi possono portare avanti da soli, ma richiede uno sforzo multidisciplinare che fa incontrare diverse figure professionali, quali psicologi, informatici, sociologi, designer e artisti.  

Tutti cambiamenti a seguito dell’evoluzione hanno comportato adeguamenti costanti e lenti. Poi l’accelerazione dei cambiamenti ha provocato profonde trasformazioni nel nostro modo di vivere, ma i cambiamenti biologici non hanno avuto il tempo di seguire ed adattarsi progressivamente a questi tempi e stare allineati. Questo aspetto è determinante nell’evoluzione dell’uomo. Le comunicazioni non sono fuori da questo complesso meccanismo. 

I confini fra passato, presente e futuro si sono fatti molto meno definiti e si ha la sensazione che la temporalità scivoli molto più facilmente tra un confine e l’altro. Il passato è sempre più presente e facile da comprendere non fosse altro perché tutto è a disposizione nel web dove si possono trovare informazioni una volta difficili da recuperare. Per dare un ordine di grandezza, nei primi anni ’90 per poter fare quello che oggi si fa con uno smartphone, avremmo avuto bisogno di una macchina grande come una stanza, praticamente uno dei mainframe della Nasa.  

Il dialogo con le macchine va oltre la tecnologia 

La cosa più affascinante del futuro è che quasi mai è una linea di continuità con il passato, anzi molto spesso è una retta completamente distaccata, che segue una traiettoria nuova e non ancora tracciata e ancora tutta da disegnare. La lampadina, ricordiamolo, non è stata una fantastica evoluzione della candela… 

Si ha spesso la sensazione che la ricerca sia più avanti della fantascienza. Ci si rende conto che costruire nuove e migliori forme di relazione con le macchine non è un compito che i tecnologi possono portare avanti da soli, ma richiede uno sforzo multidisciplinare che fa incontrare diverse figure professionali, quali psicologi, informatici, sociologi, designer e artisti.  

È superfluo dirlo ma il sogno nei confronti della comunicazione è quello di arrivare ad una interfaccia uomo macchina che utilizzi il linguaggio naturale Nel futuro di Internet dominerà soprattutto la “voce” e gli assistenti virtuali. I nostri comportamenti sono, senza che ce ne accorgiamo, continuamente rimodellati quando una nuova tecnologia viene introdotta e utilizzata da molte persone. 

Quando apparvero i primi libri si immaginò che la gente non avrebbe più parlato. È come se il nostro futuro possa aprirsi a fronti diversi ed inattesi come un fuoco di artificio. Chi avrà un chip sotto pelle ed interagirà con il mondo circostante, chi avrà un robot nella vita quotidiana che gli sta a fianco, chi si metterà ai bordi e non vorrà essere parte del gioco informativo, chi starà a casa e verrà pagato per i dati che produce. 

Senza dimenticare che l’elemento vero condizionante il futuro della comunicazione è costituito dalla credibilità dell’informazione e dall’attendibilità della stessa. 

Non abbiate paure 

Comunicare e comunicare sarà sempre più determinante, a prescindere dal metodo e dallo strumento usato. Quali sono i timori veri? Quali le aree sconosciute e gli ambiti che non sappiamo esplorare. Ne esistono ancora? O ve ne sono tanti nascosti e non si sa quanto pericolosi?  

Chissà se l’uomo avrà paura dei territori inesplorati della tecnologia e dell’innovazione, o se vi è grande curiosità e quindi si punterà il dito sulla mappa indicando dove andare ad investigare, in quanto territorio ancora sconosciuto.  

Questo durerà ed avrà senso anche quando la lavatrice ci parlerà consigliando il programma di lavaggio migliore, il robot personale interromperà un nostro discorso per dire la sua, l’auto a guida autonoma manderà a quel paese per nostro conto il gruppo di ciclisti distratti.

Di questo parleremo nei prossimi post; sempre che non li scriva direttamente il nostro robot… 

 

 

Beppe Carrella, attualmente senior business advisor in Sinfo One (Parma) e docente in alcune Università italiane e straniere. Un passato da CEO in realtà internazionali del mondo ICT. Nel 2013 il suo libro Provocative thoughts è stato considerato tra i dieci libri più importanti sul tema delle risorse umane dalla prestigiosa rivista americana “hr.com”. Con goWare ha pubblicato Pinocchio. Leadership senza bugie (2017) e Don Chisciotte. Leadership della quasi-vittoria (2018). In preparazione il terzo volume della serie: Amleto. Un leader senza leadership. 

Fabio Degli Esposti, milanese, tre figli, classe 1960. Una carriera tutta nel mondo dell’information technology. Una lunga esperienza come consulente nel mondo aeroportuale dove ha accumulato un’esperienza tale da diventare direttore ICT degli Aeroporti di Milano. La passione per la tecnologia e l’innovazione, che convive con quella per la letteratura e la musica, lo lega a Beppe Carrella, con il quale ha condiviso Parlane con il mio robot, Ma gli androidi fanno le spremute con “l’arancia meccanica?”. 

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